Nel messaggio per il mese missionario, Papa Francesco descrive la missione come un invito a una grande festa alla quale tutti sono invitati. Ma non si può far festa se non c’è pace
Riecheggiando le parole di Gesù, «Andate e invitate al banchetto tutti», nel messaggio per il mese missionario, Papa Francesco descrive la missione come un invito a una grande festa alla quale tutti sono invitati. In questo numero leggiamo tante storie di missionari che, nei contesti più diversi, realizzano questo invito evangelico. Non si fa festa da soli: non c’è felicità per l’umanità fino a che tutti possano accedere alle risorse della terra e sfamare con i suoi frutti abbondanti i propri figli. E non si può far festa se non c’è pace: tutti abbiamo sperimentato che è difficile sedersi a tavola con coloro con i quali si è in conflitto.
Impegnarsi perché la terra dia sostegno a tutti e realizzare momenti di convivialità attorno a una tavola imbandita è contenuto della missione: Gesù stesso ha chiesto di essere ricordato attraverso la celebrazione di una cena. Alla fine, ci attende una festa preparata per tutti i popoli, riuniti in pace nella Gerusalemme celeste.
L’Ottobre missionario, uno degli appuntamenti che più qualificano il Centro Pime di Milano, è dedicato quest’anno alla pace. E il “Il Vangelo della pace” è la linea ispiratrice dell’anno sociale che abbiamo da poco iniziato. “Pace” è una parola biblica piena di echi e suggestioni, capace di esprimere in sintesi tutto il messaggio del Vangelo. Lo stesso nome di Gerusalemme, capitale della missione, significa “città della pace”. Nei quattro appuntamenti di questo mese, a cui vi invitiamo, porteremo testimonianze di dialogo e riconciliazione dalla terra di Gesù alla Siria, dalle Filippine all’Algeria.
Nel 2007 ascoltai in Piazza San Pietro le parole che Benedetto XVI rivolse al Pime: «Siate sempre più segni eloquenti dell’amore di Dio e missionari della sua pace». Quest’espressione mi colpì: la trovai una descrizione efficace della nostra missione oggi. La pace è un dono che viene dall’alto e non bastano sforzi umani per raggiungerla, allo stesso tempo essa non si fa strada se non ci sono donne e uomini che la vivono in prima persona e la trasmettono con mitezza e perseveranza, anche quando può sembrare una causa impopolare e persa.
Oggi nel mondo i conflitti aumentano in numero e in brutalità; e aumentano nelle nostre comunità e nei giovani oscuri malesseri. Tanta gente vive un’angoscia che prende pure noi, figli del nostro tempo. Anche la preghiera sembra non portare risultati. Credo che l’alternativa al senso di fallimento sia di essere umilmente fedeli al nostro compito. Continuare la nostra missione qui e ora. L’odio e la disperazione rendono il mondo ancora più inospitale: possiamo invece divenire sempre più missionari della pace, trovando in questo compito la forza per guardare con fiducia ai compagni di viaggio che la vita ci mette accanto nel villaggio del mondo.