«Così noi indiani viviamo la missione»

«Così noi indiani viviamo la missione»

Il direttore delle Pontificie Opere Missionarie della Chiesa indiana, padre Faustino Lobo: «Molti preti dal Sud al Nord più povero e ancora meno cristiano. Ma anche tanti giovani laici oggi dedicano alcuni anni delle loro vita alla missione attraverso Jesus’ Youth»

da Mumbai (India)

P. Faustino Lobo, della diocesi Mangalore, nello stato indiano del Karnataka è il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie. Un Chiesa minoritaria, quella indiana, ma ricchissima di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, che si traduce soprattutto in un massiccio impegno in campo educativo e sanitario. Incontriamo p. Faustino a Mumbai dove gli poniamo alcune domande sull’impegno missionario specifico della Chiesa cattolica in India.

Padre Faustino la Chiesa indiana manda missionari all’estero?

Non molti per la verità. L’opinione generale è che c’è abbastanza spazio missionario in India. Soprattutto nel nord dell’India. Da anni infatti le diocesi e le congregazioni religiose degli stati del sud (Kerala, Tamil Nadu, Andhra Pradesh, Karnataka…) dove la Chiesa è più organizzata inviano missionari nel nord in varie forme. Alcuni giovani entrano direttamente nei seminari del nord di modo che al momento dell’ordinazione e di iniziare il ministero già conoscono la lingua, la cultura e la gente del posto. Le congregazioni religiose sia maschili che femminili aprono case per l’apostolato e per la formazione di nuovi candidati. Il nord è più “missionario” anche nel senso che è più povero, più isolato, meno sviluppato. È di cultura più tribale e più simile ai paesi asiatici confinanti. E’ anche più recettivo dal punto di vista dell’evangelizzazione.

Ma ci saranno pure missionari fuori dall’India.

Certamente. Gli Istituti missionari come il Pime, i verbiti, le Missionarie dell’Immacolata mandano missionari fuori dall’India. Io stesso pochi mesi fa ho consegnato il crocifisso della partenza a p. Suresh Gorremuchu del Pime destinato alla Papua Nuova Guinea. Una ventina di anni fa papa Giovanni Paolo II ha invitato le comunità religiose indiane ad impegnarsi per l’Africa. Molte l’hanno fatto. Ma l’idea dei preti diocesani in missione (i cosiddetti fidei donum) da noi non è ancora molto attecchita. Che io sappia solo la diocesi di Mangalore per il momento ha aperto una missione in Tanzania come impegno stabile.

L’impegno missionario interno però mi pare che incontri oggi molta opposizione da parte di correnti radicali indù e del governo stesso.

Certamente. Dipende però dalle zone. La situazione è più critica nell’India centrale. Non così al nord e al sud. La grande maggioranza della popolazione indù naturalmente è tollerante ed accogliente. Contrariamente all’Islam, l’induismo è una religione di “molti” dei. Non è così difficile quindi… accomodarne “un altro”. Ci sono però correnti minoritarie molto radicali, a cui si appoggia il Bharatiya Janata Party, partito di governo, ispirato da pensatori e leader bramini fortemente ostili all’idea delle conversioni. Questi gruppi sono capaci di azioni criminali che questo governo non esita a coprire ritardando le indagini ed affossando i processi. Il partito di governo piazza i suoi uomini più convinti nei posti chiave dell’amministrazione a tutti i livelli per cui condiziona in senso ideologico e nazionalista la vita del Paese.

Ma torniamo all’attività missionaria. Che ne è dell’impegno dei laici che la Chiesa ovunque oggi cerca di promuovere?

C’è sempre stata la figura del laico catechista e rimane diffusa la preparazione abbastanza breve di persone che poi si impegnano in vari modi nell’attività di evangelizzazione nella propria zona o fuori. Da una quindicina d’anni però è anche attiva l’esperienza del gruppo giovanile Jesus’ Youth. Esso è nato nella Chiesa di rito siro-malankarico del Kerala, ma si è molto diffuso anche fuori. Si tratta di giovani professionisti che seguono una preparazione più approfondita e poi dedicano due o tre anni della loro vita all’attività missionaria lasciando il loro lavoro. In molti casi naturalmente mettono anche a disposizione la propria preparazione professionale nei campi più svariati come quello educativo, tecnico, informatico o altro. Incontro spesso i coordinatori diocesani delle Pontificie Opere Missionarie proprio per promuovere in ogni modo l’impegno missionario della Chiesa in India e fuori all’India.