Un ponte per l’Algeria

Un ponte per l’Algeria

Totò e Chietta, insieme al piccolo Zaccaria, provano a sognare con i giovani algerini attraverso la musica, il teatro e le relazioni

 

Per cinque giorni alla settimana erano entrambi insegnanti, mentre nel weekend si “trasformavano” lei in regista e lui in chitarrista della compagnia teatrale “La Mangrovia” del Pime, di cui sono anche tra i fondatori. Da luglio scorso, Salvatore La Loggia, detto Totò, e Chiara Di Marco, per tutti Chietta, sposati da tre anni e genitori di Zaccaria da due, hanno dato un’ulteriore svolta alla loro vita. Si sono infatti trasferiti ad Algeri, inviati dall’Associazione Laici Pime (Alp), dove stanno cercando di dar vita a un nuovo progetto, insieme ai giovani locali, promettente e carico di sfide già nel nome: “El Jisr, Il Ponte”.

Totò e Chietta hanno conosciuto l’Istituto, alcuni anni fa, un po’ per caso e un po’ perché erano alla ricerca di un percorso spirituale. «Io il Pime l’ho trovato su Google» ci dice Chiara, che era già stata nelle Filippine. L’anno prima Salvatore era stato invece in Brasile, prima di andare in Gran Bretagna: «Ero appena tornato da un anno di lavoro a Londra; sentivo il bisogno di tornare a lavorare su di me e quello di viaggiare». Un bisogno che è rimasto…

«È da quando ci siamo messi insieme che parliamo di partire – racconta Chiara -. È sempre stato una sorta di pilastro del nostro rapporto, il voler vivere un’esperienza all’estero insieme». Chiara e Salvatore, naturalmente, sono rimasti legati al Pime, scegliendo di cominciare il percorso di formazione dell’Alp. «Quando abbiamo capito che volevamo partire davvero abbiamo deciso che era meglio sistemare le cose prima di lanciarci… cioè abbiamo deciso di avere un bambino! – dice Chiara con entusiasmo -. Avevamo il desiderio di fare questa esperienza come famiglia, coinvolgendo anche Zaccaria sino in fondo. Certo, siamo ben consapevoli che siamo stati noi a scegliere anche per lui questa partenza. E se ci fossero problemi o rischi per la sua salute, sappiamo che l’Italia non è poi così lontana».

Il piccolo Zaccaria, in realtà, sta già “lavorando” per loro: «Zachi ci aiuta a entrare in relazione con tutti: mamme, papà, bambini, ragazzi… – ammette Salvatore -. Quando vedono un bambino le persone si inteneriscono e crollano molte barriere. È un ponte che riesce a unirci subito al popolo algerino». Continua Chiara: «Per non parlare del fatto che Zaccaria, quando andrà all’asilo, ci farà il grande dono di farci conoscere tutte le famiglie dei suoi compagni di classe. Sarà il primo che avrà un sacco di amici algerini, anche perché sarà l’unico straniero della sua classe».

Una cosa Chiara e Salvatore l’hanno capita immediatamente, sia dalle visite di conoscenza fatte nei mesi scorsi, sia dai racconti di padre Piero Masolo del Pime che li ha accolti ad Algeri: la loro sarà soprattutto una vita di relazioni. Il progetto che gli è stato affidato è quello di creare una sorta di Ufficio Educazione Mondialità algerino – sulla falsariga di quello presente presso il Centro Pime di Milano -, incentrato soprattutto sulla musica e sul teatro, per aprire spazi di scambio culturale e condivisione negli ambienti giovanili.

«Il nome del progetto è “El Jisr“, che significa “Il Ponte” – spiega Chiara -. Cercheremo di stabilire relazioni con biblioteche e centri culturali, ma insegneremo anche alla scuola italiana. Inoltre, collaboreremo alle attività pastorali della comunità di studenti universitari subsahariani cristiani e a quelle della comunità italiana che vive qui. In pratica, metteremo in atto a tutto campo percorsi educativi, basati sulla musica e sul teatro, che proporranno i temi della mondialità, dell’intercultura, dell’educazione alla cittadinanza e dello sviluppo sostenibile». Salvatore precisa ulteriormente: «Sarà fondamentale porci in un atteggiamento di ascolto. Per poter lavorare con qualcuno occorre capire innanzitutto cosa vuole e cosa si aspetta da te. Per questo l’idea è quella di lavorare sempre con gli educatori algerini, creare un’équipe mista che possa andare avanti anche quando saremo tornati in Italia. Quello che più caratterizza “El Jisr“, e che ci rispecchia, è che si tratta di un lavoro che ha come fulcro la relazione, non tanto quello che si fa nel concreto.La sfida è quella di tessere relazioni e instaurare un vero scambio».

Il teatro e la musica saranno un ottimo strumento per aprire la strada: «Puntiamo molto su questo – spiega Chietta -. Forse con il teatro sarà più complicato, ma in fondo significa semplicemente rappresentare delle storie: basterà trovare quelle giuste… Sarebbe bello riscoprire qualcosa della loro tradizione e trovare storie che possano fare da ponte verso il mondo esterno».

«La nostra speranza – conclude Totò – è quella di generare uno scambio culturale, personale e professionale e di aiutare, come équipe, i giovani algerini a prendere in mano la loro vita e a usarla al meglio. Siamo sicuri che questa esperienza arricchirà anche noi più di quanto non possiamo immaginare».