Haiti, un paese in mano alla criminalità

A quasi un mese dal terremoto, l’isola caraibica è nel pieno della ricostruzione. Le bande armate hanno preso il controllo e la polizia non ha le forze per arginare una vera e propria guerra civile. La priorità è sfamare le persone
Si continua a lavorare senza sosta lungo la devastata costa Sud-Occidentale di Haiti. La popolazione sta ancora facendo i conti con le conseguenze del sisma: i piccoli villaggi faticano a ricevere alimenti, intere famiglie sono sfollate e la criminalità dilaga in tutto il Paese, tanto che una banda armata è arrivata ad uccidere padre André Sylvestre, sacerdote a Cap-Haïtien, in seguito ad una rapina. Maurizio Barcaro, missionario laico a Port-au-Prince, ci racconta come gli haitiani stanno vivendo questi giorni di faticosa ricostruzione dopo il sisma. Per chi vuole continuare a sostenere i progetti di Maurizio, soprattutto in questo momento di difficoltà, la Fondazione Pime ha riaperto il fondo “S112 Emergenza Haiti”. Chi vuole contribuire può farlo direttamente on line a questo link. Imboccare la strada che porta verso il sud di Haiti è diventata una vera e propria impresa in questi giorni post-terremoto. Già dalle 8 del mattino vengono diramati i primi avvisi: invitano a non passare in determinate zone perché bande si stanno affrontando o perché le strade sono bloccate da barricate infiammate o da macchine bruciate messe di traverso. Non esagero dicendo che stiamo assistendo ad una vera e propria guerriglia urbana. E in mezzo a tutto questo, la vita va avanti. Si esce al mattino ‘annusando l’aria’ e cercando di ottenere notizie per non ritrovarsi in mezzo a sparatorie o nel tiro incrociato di grosse pietre. La ragione ufficiale di questi disordini è la richiesta di dimissioni del Primo Ministro al quale viene imputato di non fare abbastanza per far chiarezza sulla morte dell’ex Presidente. Ma è una ragione che non convince nessuno. Nel frattempo, i sequestri di persona si moltiplicano. Bande di criminali agiscono indisturbate, le forze di polizia non hanno mezzi, forze e volontà per agire con decisione. L’anarchia totale non nasce da un giorno all’altro, è un processo lento e, se non ci sarà un intervento militare da parte delle Nazioni Unite, è precisamente verso l’anarchia totale che il paese scivolerà. Ma la vita continua. Le zone colpite dal terremoto sono raggiungibili ma con tante difficolta. Il problema cruciale è sempre quello di passare per i quartieri di Carrefour e Martissant che sono in mano ai banditi. Da lì si snoda l’unica strada che porta verso il sud del paese. Malgrado tutto, i nostri camion, carichi di aiuti alimentari e di materiali da costruzione, sono riuscito a passare senza problemi. Oggi ne partirà un altro con 20 tonnellate di cemento: abbiamo cominciato a costruire una scuola in una frazione di Camp Perrin che si chiama Trois Rack. Sorgerà sulle macerie di quella che è crollata.

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