Bangladesh: l’assicurazione sanitaria del minimarket

Bangladesh: l’assicurazione sanitaria del minimarket

In Bangladesh gli stipendi delle fabbriche di abbigliamento non permettono ai lavoratori di accedere alle cure mediche. L’imprenditore sociale Saif Rashid sta provando a cambiare questa situazione di precarietà con alcuni minimarket che vendono alimentari a prezzi scontati e permettono agli operai di accumulare punti con cui ottenere una copertura sanitaria gratuita

 

Questa storia viene dal Bangladesh, il secondo produttore mondiale di abbigliamento dopo la Cina. Nel Paese asiatico le esportazioni che riforniscono costantemente i negozi di moda cheap di tutto il mondo – da H&M a Primark – rappresentano il 20 per cento del Pil nazionale e si calcola che le fabbriche di abbigliamento diano lavoro a oltre 4 milioni di bengalesi, di cui la maggioranza donne.

Anche se questi dati indubbiamente testimoniano un settore in crescita, le paghe di chi sta alla base della macchina industriale restano basse: a Dacca, per esempio, lo stipendio di un operaio si aggira intorno all’equivalente di 100 dollari mensili che diventano 130 soltanto in caso di straordinari.

Per questa situazione in Bangladesh aumenta il numero di poveri anche tra i salariati: pur lavorando con orari massacranti, infatti, molti riescono a malapena a mantenersi e, come se non bastasse, i contratti non prevedono quasi mai giorni di malattia. La sanità è una questione aperta per i lavoratori del settore anche per il fatto che gli ambulatori pubblici garantiscono l’assistenza sanitaria soltanto dalle 8 alle 14, mentre i dipendenti delle fabbriche di abbigliamento lavorano come minimo fino alle 18 e spesso si fermano in fabbrica anche dopo cena.

Rinunciare all’assistenza sanitaria più economica perché garantita solo durante l’orario di lavoro a cui non si può rinunciare è la situazione in cui si trova la maggioranza dei lavoratori. In caso di malattia l’unica alternativa resta dunque quella di rivolgersi alle cliniche private, aperte fino a tardi, che però sono molto costose e per pagare le quali diverse famiglie finiscono sul lastrico.

A provare a cambiare almeno questo punto nella condizione precaria dei lavoratori nelle fabbriche di abbigliamento del Bangladesh ci ha pensato un imprenditore sociale di nome Saif Rashid. Dal 2016 a oggi questo giovane ha aperto una decina di piccoli supermercati nella capitale: i suoi market sono veri e propri negozi che hanno la sola particolarità di essere costruiti direttamente nelle filiali dei grandi marchi del tessile e di essere riservati ai lavoratori. Motivo per cui, oltre al carrello, chi entra nei market Apon – così sono chiamati questi supermercati speciali – deve esibire il proprio badge.

Grazie a un’attenta selezione dei fornitori e allo spazio ceduto gratuitamente dalla fabbrica per l’allestimento dell’esercizio commerciale, il supermercato riesce a proporre alimenti di qualità con uno sconto del 10 per cento rispetto ai prezzi standard. Non solo: acquistando cibo e prodotti per l’igiene si accumulano punti con i quali – arrivati a una certa soglia, raggiungibile spendendo l’equivalente di 24 dollari per tre mesi – si ottiene una carta rosa che copre gratuitamente le spese sanitarie fino a un tetto di 15000 taka.

Il sistema di Saif si è diffuso in undici fabbriche con oltre 50mila dipendenti ma per ora il servizio è usato solo da un terzo dei lavoratori che ne avrebbero diritto. Da un lato – ha raccontato il fondatore in un’audio intervista alla Bbc –  c’è una diffidenza culturale nei confronti delle assicurazioni, dall’altro molte donne con famiglia non riescono a organizzarsi con i tempi per fare la spesa nei negozi di Apon. Per provare a raggiungere il maggior numero di lavoratori Saif ha deciso quindi di sperimentare la consegna a domicilio e presto lancerà un’app per allargare gli ordini ai dipendenti di altre fabbriche di Dacca.

 

Foto da Facebook