I cinquant’anni del Bangladesh, non solo storia di ieri

I cinquant’anni del Bangladesh, non solo storia di ieri

Dhaka sta tenendo in questi giorni le celebrazioni per i 50 anni dalla guerra di indipendenza dal Pakistan. Un conflitto ancora cruciale per capire anche le ferite che tuttora segnano la vita del Paese

 

Il 17 marzo il Bangladesh ha ricordato i 101 anni dalla nascita del suo “padre della patria”, Mujibur Rahman, l’uomo che proprio cinquant’anni fa ha condotto l’ex Pakistan Orientale all’indipendenza dal Pakistan. La fine dell’impero britannico e la separazione contemporanea tra un’India a maggioranza indù e una nazione separata per i musulmani aveva creato un Pakistan bicefalo: diviso in due parti separate da 2.200 chilometri di territorio indiano e, forse ancor più, da una marcata diversità fatta salva la comune appartenenza islamica, anche questa diversificata da storia e tradizione. Mujibur Rahman –  che sarebbe poi stato ucciso il 15 agosto 1975 in un colpo di Stato militare – fu il leader della guerra di indipendenza iniziata il 26 marzo 1971.

Gli eventi bellici provocarono centinaia di migliaia di morti (fino a tre milioni secondo alcune valutazioni), provocando immense sofferenze nella popolazione, non del tutto dimenticate e che sono ancora essenziali nelle contraddizioni e che ancora segnano la vita del Paese. Un conflitto tutt’altro che dimenticato a distanza di mezzo secolo, e che il Bangladesh sta ricordando in questi giorni con una serie di celebrazioni, tra cui l’attesa visita nel prossimo fine settimana del premier indiano Narendra Modi.

La guerra del 1971 con il Pakistan durò nove mesi e si concluse con la resa delle truppe pachistane alle forze congiunte della resistenza bengalese e dell’India. Ci sarebbe voluto quasi un anno di transizione per arrivare alla nascita della Repubblica popolare del Bangladesh, con la Costituzione del novembre 1972 e altri due anni prima del suo riconoscimento dal parte del Pakistan sottoposto alle pressioni del mondo, a partire dalla maggioranza dei Paesi islamici.

L’indipendenza ha avviato su una via nettamente divergente dal Pakistan il Bangladesh indipendente, per decenni tra i Paesi più poveri del continente asiatico, sovrappopolato, sottoposto per la sua geografia a frequenti calamità nazionali, pressoché privo di risorse, se si escludono juta e riso. Un Paese che negli ultimi anni ha saputo puntare sulla sua principale risorsa, quella demografica, incentivando occupazione e qualificazione professionale con l’apertura agli investimenti stranieri e l’avvio di un ambizioso programma di infrastrutture, ma anche propiziando studi superiori che possano offrire a tanti possibilità all’estero ancora non raggiungibili all’interno.

Occorrerà ancora molto impegno per arrivare agli obiettivi individuati mezzo secolo fa da Mujibur Rahman che ancora sono individuati e discussi come base di una nazione non solo indipendente sul piano politico ma anche su quello economico e strategico, che garantisca a i suoi cittadini quelle libertà che possono venire solo da una crescita culturale, sociale, economica. Potenzialità e una guida riconosciute anche dalla Chiesa cattolica che in occasione della nascita del leader ha pure reso omaggio alla sua figura con varie iniziative.

«Abbiamo discusso la spiritualità di Mujib e come ha sacrificato la sua vita per il popolo e per la nazione – ha indicato mons. James Romen Boiragi, vescovo di Khulna e presidente della Commissione episcopale per le Comunicazioni sociali -. Io, come bengalese, sono orgoglioso che Mujib sia nato in questo Paese”. Dal 1996 il Bangladesh è guidato dalla figlia di Mujibur Rahman, Sheikh Hasina Wajed, sopravvissuta al massacro della famiglia durante il golpe. Tuttavia, ha sottolineato mons. Boiragi, ancora oggi persiste un senso di timore che deriva da una democrazia limitata e dalla ridotta libertà di espressione. “Qualcosa che va contro l’ideale di una politica e di un’amministrazione che abbiano al centro l’interesse del Paese”.