Una speranza per la Tokyo di oggi

Una speranza per la Tokyo di oggi

Il vescovo Mori, già ausiliare nella metropoli, sull’incontro con il Papa in queste ore: «Siamo chiamati a rispondere al vuoto che sta crescendo nel cuore delle persone»

 

Bastano una manciata di minuti trascorsi insieme a monsignor Mori Kazuhiro – religioso dell’ordine dei carmelitani scalzi, 80 anni, già vescovo ausiliare della arcidiocesi di Tokyo (e qualche anno fa anche titolare di una rubrica su Mondo e Missione) – per avere il polso su dove stanno andando la società e la Chiesa in Giappone. Con lui collaboro ormai da alcuni anni a Tokyo, ma per la visita di Papa Francesco gli ho chiesto un colloquio speciale che si è rivelato – come sempre – denso di spunti per la mia esperienza di missionario in questo Paese.

A monsignor Mori ho chiesto innanzi tutto di indicarci quale tipo di annuncio del Vangelo sia più urgente per la società giapponese di oggi. «Constato un crescente vuoto nel cuore delle persone – mi ha risposto il presule -, soprattutto nelle generazioni più giovani. Sono davvero tante le sfide che abbiamo di fronte: penso ad esempio al numero di suicidi, agli hikikomori (quei giovani che scelgono di isolarsi dalla società chiudendosi nella propria stanza davanti al computer), alle famiglie in condizioni di conflitto, alla crisi di certi valori portanti della nostra società, alla competitività eccessiva del nostro sistema economico e sociale… Annunciare il Vangelo per noi oggi vuole dire farsi vicini a tutte queste situazioni che necessitano di una speranza».

Uno dei volti più significativi della presenza della Chiesa in Giappone sono le sue istituzioni educative. Gli ho chiesto quale sia stato il ruolo delle scuole cattoliche dal dopoguerra a oggi. Monsignor Mori ha risposto tracciando un percorso storico ben preciso; non certo pessimista, però segnato anche da un po’ di disappunto: «Negli anni le scuole di matrice cattolica si sono dovute allineare ai dettami del ministero dell’Istruzione. Questo non ci deve portare a perdere la nostra vocazione – ha ammonito -. Altrimenti finiremo per diventare scuole solo per le élite, lontane dallo spirito che ci insegna il Vangelo».

Gli ho chiesto anche di aiutarci a ripercorrere la storia delle persecuzioni avvenute tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo; quelle che in Occidente conosciamo attraverso le figure dei martiri di Nagasaki. Il vescovo Mori ha sottolineato l’importanza di leggere questa storia nella sua oggettività. «La persecuzione dei cristiani in Giappone fu un momento storico molto complesso, da non idealizzare e nemmeno da minimizzare – ha spiegato -. L’esperienza del contrasto è stata una costante dell’annuncio della parola di Gesù, in un certo senso essa stessa la richiede. È bene, allora, riconoscere quale sia la verità dell’incontro tra la cultura giapponese e il Vangelo; per comprenderne la complessità ma anche quelle che tuttora restano delle possibilità di crescita per il cristianesimo in questo Paese e in questa cultura».

Ma lei, vescovo Mori, – gli ho domandato ancora – che cosa si aspetta da questa visita di Papa Francesco in Giappone? «È una grande opportunità – mi ha risposto -. A condizione che non diventi solo una ripetizione della visita di Giovanni Paolo II nel 1981. Papa Francesco ci sta riportando all’essenziale del Vangelo. Se il Papa potrà incontrare la verità della società e della Chiesa giapponesi diventerà un momento molto importante».