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Saimon, la vita oltre la tubercolosi

Saimon è una giovane mamma che è rimasta incinta durante la terapia antitubercolare e ha deciso di tenere il figlio. Ma la malattia resta endemica in un Paese estremamente povero
Saimon è una mia paziente di 26 anni che si sta curando per la quinta volta per la tubercolosi. Ora il bacillo ha colpito un osso della gamba e si è esteso poi a un linfonodo. La terapia è lunga e impegnativa. Ma la vita riserva sempre sorprese: e nel suo essere bella e feconda dà sempre segni di positività. Saimon, infatti, è rimasta incinta proprio nel tempo della terapia e ha deciso di tenere il bambino, nonostante qui tutti i medici dicano di abortire quando le donne hanno una gravidanza durante le cure. Sei mesi fa è nato un bellissimo bambino, il suo terzo figlio, l’unico proprio ben messo e paffuto. A sei mesi porta i vestiti che usava suo fratello quando aveva un anno! La tubercolosi – come pure la lebbra – sono sempre state considerate le malattie della povertà e della malnutrizione. Il sistema immunitario delle persone, infatti, non è in grado di rispondere all’infezione da bacillo e non produce anticorpi in grado di proteggere l’organismo e così si ha lo sviluppo della malattia. Il Bangladesh è ancora considerato endemico per la tubercolosi e si sta valutando la situazione per quanto riguarda la lebbra. Il Paese, infatti, sta riscontrando un aumento dei numeri a dispetto delle aspettative dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). I nuovi casi si aggiungono ai vecchi malati che, anche se ormai guariti dalla malattia, soffrono ancora per le complicazioni ad essa correlate: ulcere e reazioni. Il nostro ospedale, il Damian Hospital, è l’unico che fornisce un sostegno a questi pazienti in tutta la regione sud-occidentale del Paese. E molti arrivano anche da zone piuttosto distanti. Il nostro servizio è un modo per entrare nella vita delle persone e aiutarle a sentirsi amate, offrendo loro una speranza e una nuova aspettativa di vita. Dal 1986, le missionarie dell’Immacolata sono presenti sul territorio metropolitano di Khulna con un progetto per la lotta alla lebbra e, nel 2001, abbiamo iniziato a occuparci anche di tubercolosi. La città di Khulna è la terza per importanza nel Paese con una popolazione di circa 1 milione e mezzo di abitanti. La regione è molto povera e tante famiglie continuano a sopravvivere grazie alle attività legate all’agricoltura e soprattutto alla lavorazione del riso. Molti però sono costretti ad andarsene in cerca di lavoro soprattutto a Dhaka, la capitale, e a Chittagong, principale porto del Paese. C’è chi trova occupazione nelle industrie tessili e per abbigliamento, ma tantissimi lavorano ancora a giornata. La situazione socio-economica della maggioranza della popolazione è tutt’altro che facile: milioni di persone vivono in slum o in contesti sovraffollati, con gravi carenze igieniche e in situazioni di sotto-alimentazione. L’insieme di questi fattori aumenta notevolmente il rischio di contrarre malattie, comprese la tubercolosi e la lebbra, che sono appunto “figlie” di povertà a più livelli.  

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