«La mia Amazzonia e Papa Francesco»

Il ricordo di padre Francesco Sorrentino, missionario del Pime a Belem: «Francesco è venuto a questa riva, per dirci che Dio non ci ha dimenticati. E ora per la prima volta un cardinale dell’Amazzonia, l’arcivescovo di Manaus Steiner, entrerà in un conclave»
Anche in Amazzonia piangiamo la morte di Papa Francesco. Sono lacrime intrise di gratitudine per tutto ciò che egli è stato, ha detto e ha fatto nei dodici anni di pontificato, ma, soprattutto, per aver volto il suo sguardo e quello della Chiesa universale verso l’Amazzonia. Uno sguardo che nasce dal Vangelo, cioè dall’esempio di Gesù che va sempre all’altra riva. E Francesco è venuto a questa riva, cioè quella amazzonica, per dirci che Dio non ci ha dimenticati, per incoraggiarci ad andare avanti nell’annuncio del Vangelo, nonostante le tante sfide che incontriamo.
Sentii forte questo incoraggiamento quando, nel 2015, ricevetti, per mia enorme sorpresa, una missiva firmata personalmente da Papa Francesco per ringraziarmi del libro sul vescovo gesuita monsignor Luciano Mendes di Almeida, che attraverso il cardinale Claudio Hummes gli avevo inviato. Non era un ringraziamento formale. Il Papa voleva sentirsi vicino alla missione in Amazzonia. Mi scrisse: «Grazie anche per il servizio che sta svolgendo dal 2007 nell’Amazzonia brasiliana, nello Stato di Amapá, tra le persone bisognose. In realtà sono loro che ci arrichiscono con la gioia del Vangelo e ci portano a crescere e maturare nella fede, come ha vissuto e ha insegnato Dom Luciano Mendes, lasciandoci un’autentica testimonianza di fede, di speranza e di carità. Il Signore benedica la sua missione e la sua vita e la Beata Vergine Maria la custodisca sotto il Suo manto materno! E per favore, preghi per me». Quel «grazie», che custodisco tra i ricordi più belli della mia vita missionaria, non l’ho mai interpretato in chiave personale, ma l’ho sempre letto come un abbraccio paterno dato a tanti missionari e missionarie che si spendono, anche a costo di grandi sacrifici, negli angoli più sperduti della regione amazzonica.
La vicinanza di Papa Francesco alle popolazioni amazzoniche non è terminata la mattina dello scorso 21 aprile. Da queste parti il suo ricordo resta indelebile, come «uno di casa», per i suo numerosi appelli e gesti in favore dell’Amazzonia. Tra i fiumi di queste terre naviga ancora un poliambulatorio fluttuante donato dal vescovo di Roma, il «barco-hospital Papa Francisco», che permette a molti riberinhos – cioè coloro che abitano lungo i fiumi – di ricevere assistenza medica in tempi brevi e senza dover affrontare difficili spostamenti.
Inevitabilmente, in questi giorni, il pensiero corre anche al Sinodo per l’Amazzonia del 2019. Forse, pochi sanno che quell’iniziativa non nacque a Roma, bensì in territorio amazzonico e, precisamente, nell’Arcidiocesi di Belém (Brasile), da dove un gruppo di vescovi, riuniti in assemblea, inviò per iscritto una richiesta al pontefice. La risposta di Francesco non si fece attendere e fu positiva. Il Papa argentino non solo approvava l’idea, ma voleva che i lavori sinodali avvenissero a Roma, rafforzando così il legame tra la periferia e il centro, secondo il suo stile ormai risaputo. Era anche un modo per dire al mondo che tutta la Chiesa – e non solo quella presente in Amazzonia -, sul percorso tracciato dalla Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, faceva sue le gioie e le speranze, le tristezze e le angustie delle popolazioni amazzoniche, al cui ascolto ci volle sin dalla fase pre-sinodale. E nonostante qualche profeta di sventura gridasse «al lupo, al lupo!», alla fine, Francesco andò avanti e ci regalò la breve e ricca Esortazione Apostolica post-sinodale Querida Amazonia. In quel documento c’è tutto il suo pensiero per l’Amazzonia, sull’Amazzonia, e dall’Amazzonia a tutta la Chiesa, con l’auspicio – da lui chiaramente espresso – di «donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici» (QA 7). Per questo, il 9 ottobre del 2021, eresse canonicamente la Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (CEAMA), con l’obiettivo di «promuovere l’azione pastorale comune delle circoscrizioni ecclesiastiche dell’Amazzonia e di incentivare una maggiore inculturazione della fede nel suddetto territorio» (Nota della Congregazione per i Vescovi).
Tra qualche giorno arriverà l’atteso «extra omnes». Fuori tutti. Non l’Amazzonia. Per la prima volta nella storia della Chiesa, un cardinale proveniente dalla regione amazzonica, l’arcivescovo Leonardo Ulrich Steiner, metropolita di Manaus (Amazonas – Brasile), entrerà in conclave. Fu proprio Papa Francesco, nel 2022, a volergli imporre la berretta rossa, per dirci, ancora una volta, casomai non l’avessimo capito, che l’Amazzonia gli stava proprio a cuore.
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