Ciao padre Angelo, decano del Pime

Ciao padre Angelo, decano del Pime

Vicino ormai alla soglia dei 100 anni ci ha lasciato padre Angelo Gianola, il più anziano tra i missionari del Pime. Per oltre quarant’anni aveva vissuto il suo ministero a San Paolo in Brasile. Ma tra i momenti più belli della sua vita missionaria ci sono stati anche la sua preghiera e i tanti incontri degli ultimi anni con i giovani a Villa Grugana

 

Il Pime piange la morte di padre Angelo Gianola, 99 anni, il più anziano tra i suoi missionari. Ma i primi a ricordarlo sui social network questa sera sono i giovani. Ed è un fatto che già di per sé dice molto su questa lunga vita al servizio del Vangelo – in Brasile come in Italia – conclusasi oggi nella Casa dei missionari anziani a Rancio di Lecco.

Padre Angelo era nato a Premana (Lc) il 19 marzo 1921. Entrato giovanissimo tra i missionari del Pime, aveva sperimentato lui stesso come la partenze rimescolano sempre le carte. «Mi sono appassionato alla missione sfogliando i libri del beato Paolo Manna – aveva raccontato qualche fa in un’intervista rilasciata proprio ai giovani del Pime -. Già mi immaginavo in Myanmar ad evangelizzare l’Oriente e invece quando è arrivato il telegramma con la mia destinazione ho capito che avrei dovuto cambiare i miei piani e seguire il cammino imprevedibile indicatomi da Dio. Quella lettera parlava di Brasile e la partenza era vicina, dovevo sbrigarmi».

Angelo Gianola fu tra i primi missionari che avviarono il cammino dell’istituto in Brasile. E la sua frontiera fu quella di San Paolo, dove è rimasto per 44 anni. «Mi sono ritrovato a fare un po’ di tutto – raccontava -, dal coadiutore al vicario (del cardinale Arns ndr)». Poi  – negli anni Novanta, dopo essere stato anche superiore regionale del Pime in Brasile – era arrivato il rientro in Italia, con altre responsabilità all’interno questa volta al servizio dell’animazione missionaria. Infine – a metà degli anni Duemila, quando aveva ormai già passato gli ottant’anni – la «tranquilla vivacità di Villa Grugana», la casa del Pime di Merate che ospita i cammini di animazione missionaria per i giovani. «Ringrazio il Signore per avermi fatto vivere qui una seconda destinazione di missione – spiegava -. Ogni settimana i padri giovani invitano ragazzi che giocano, cantano, riflettono, ascoltano tra le mura di questa casa che è anche la mia. Io non ho un compito preciso durante questi incontri, però mi piace essere presente e accompagnare questi giovani in modo silenzioso. Anche con la preghiera».

«Nella preghiera – continuava -, Dio si manifesta nel nostro quotidiano: non siamo noi che andiamo verso di Lui, ma è Lui che ci corre incontro. Oggi rimpiango alcuni momenti della mia missione in Brasile dove mi sono dato molto da fare in cose nobilissime, ma ho trascurato la preghiera, il vero motore del missionario e dell’intera vita. Prego perciò per i ragazzi che vedo passare di qui settimana dopo settimana».

Ai giovani aveva consegnato anche delle parole che illuminano oggi la notizia della sua morte: «Io credo profondamente nella vita – diceva – perché è un immenso dono che Dio ci fa e che dobbiamo custodire più di ogni altra cosa. Oltre che per la vita, è necessario pregare anche per la morte, il momento in cui si è più vicini a Dio. Diventare anziani significa avvicinarsi a quell’istante e per questo non bisogna lasciarsi dominare dalle lamentele, dagli acciacchi e dalla debolezza ma gioire. Questi sono gli anni più belli della mia vita. Ho accettato la mia fragilità di vecchio e mi trovo a vivere dei momenti meravigliosi».