Vanin: «Noi missionari e Donald Trump»

Vanin: «Noi missionari e Donald Trump»

Che cosa rappresenta per gli Stati Uniti l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca? L’opinione di padre Dino Vanin, missionario del Pime a Detroit, Usa

Da molti anni negli Stati Uniti, dove attualmente è tesoriere e consigliere regionale presso la casa del Pime di Detroit, padre Dino Vanin rilegge la vittoria di Donald Trump alla luce della sua esperienza in una parrocchia periferica della “capitale dell’auto” Usa, affidata al Pime.

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Padre Vanin che cosa significa la vittoria di Trump per l’America oggi?

È innegabile: la vittoria di Donald Trump ha colto tantissimi di sorpresa seguita subito da sconcerto, sgomento e rabbia. Come credenti dobbiamo andare, con fede, oltre queste prime reazioni e renderci conto che anche questa scelta fatta da metà degli americani entra nel piano di Dio per l’umanità. Credo che quelli che l’hanno voluta abbiano provato sentimenti simili almeno quando Barack Obama fu rieletto.C’è una remota possibilità che Trump riesca a portare verso l’unità le due metà della comunità americana che ora sono divise in modo così netto. Il suo primo discorso da presidente ha avuto un tono decisamente diverso da quello che caratterizzava le sue pepate e offensive parole durante la campagna elettorale. Spero che alcuni siano convinti che il Signore della storia dà la “grazia del posto” a chi è scelto per governare un popolo. San Pietro ci invita a obbedire anche ai governanti che non sono come vorremmo noi (Cfr. 1 Pietro 2: 13-21). L’unità nazionale sarà raggiunta da coloro che riusciranno a mettere da parte le ideologie di partito che, molto probabilmente, hanno offuscato nella loro mente i veri bisogni della nazione, gli impellenti problemi da correggere, le priorità fondamentali che per i credenti scaturiscono dal Vangelo e non dal mondo, e crederanno che tramite uno sforzo di molti americani Trump possa portare a compimento almeno alcuni dei suoi obiettivi. Da solo naturalmente non potrà far molto. Dobbiamo mandar giù quei sentimenti che ci pervadono in questo momento e cercare di collaborare per lenire ferite profondissime così da lavorare assieme per il futuro che Dio Padre vuole per l’America e per il mondo. Lasciamo da parte la forte tentazione di incrociare le mani e aspettare che Trump fallisca cosicché i nostri dubbi su di lui ci giustifichino.

La vittoria di Trump è il risultato di una serie di paure e frustrazioni che hanno afflitto gli americani negli ultimi tempi o è il segno di un profondo cambiamento ideologico in corso?

La classe media non ha creduto a quello che il Presidente Obama e Hillary Clinton dicevano circa l’economia americana: che fosse a posto. Hanno creduto a quello che avevano o non avevano nelle loro tasche. Anche qui la realtà ha vinto sull’ideologia. Si sono trovati tanti colpevoli per la stagnazione economica, dagli immigrati clandestini alle spese scriteriate per sostenere progetti che apparissero come aiuto ai poveri, ma che in realtà garantivano a quelli dell’Establishment che i poveri continuassero a dipendere da loro (dare ripetutamente del pesce invece di insegnare loro a pescare), e così via. La paura, anzi, molte paure hanno senza dubbio contribuito alla vittoria di Donald Trump. Si pensi al fatto che l’Isis aveva detto che sarebbe entrato negli USA dal confine poroso del sud. Anche in questo caso la realtà di tale paura ha vinto sull’ideologia di una fratellanza universale e l’invito a condividere. Lo stesso si può dire di criminali che hanno trovato rifugio nelle “città santuario” dove potevano restare indisturbati e da dove continuavano a far del male. Un’altra realtà che ha vinto sull’ideologia è la paura che Hillary avrebbe tolto agli americani il diritto ad armarsi per proteggere le proprie famiglie. Questa paura è direttamente collegata alla precedente. Ogni volta che Obama diceva qualcosa circa casi in cui le armi venivano usate per mettere in atto delle stragi, la vendita di armi andava alle stelle.
Alle paure che hanno permesso alla realtà percepita di avere il sopravvento sulle ideologie si deve aggiungere il cambiamento ideologico nato dalla frustrazione per promesse non mantenute, da imposizioni dall’alto presentate senza prove per convincere. Il tono da professore saccente usato da Obama nel dare lezioni a tutti su cose a lui care, le offese e il disprezzo (malcelato o palese) che usava verso coloro che la pensavano in modo diverso dal suo, i raggiri fatti per mettere in atto l’Affordable Care Act, conosciuto come “Obamacare”, sono le prime ragioni che mi vengono in mente per provare l’esistenza di questo cambiamento ideologico che si è allargato a macchia d’olio negli USA pur restando nascosto. Apparentemente tantissimi, durante i sondaggi, si dichiaravano indecisi per non essere tacciati come ignoranti e oscurantisti da coloro che osteggiavano Trump.

Da un presidente Premio Nobel per la pace a uno che si prefigge la costruzione di muri. Resterà qualcosa dell’eredità di Obama?
Non credo che resti molto come eredità di questi otto anni di Obama perché ha forzato, ha fatto “ingoiare tanti rospi” agli americani tramite reticenze, mezze verità, raggiri ecc. Come esempio bastino le sue assicurazioni, ripetute centinaia di volte, che gli americani avrebbero potuto mantenere il loro medico di fiducia con l’Obamacare, mantenere la loro assicurazione medica, e che il costo sarebbe andato giù (tutte falsità). Basti pensare alla decisione di ritirare tutte le truppe dall’Iraq per mantenere la sua promessa di finire la lunga guerra. Il vuoto lasciato dalle truppe americane fu presto riempito dall’Isis e da altre fazioni. Aggiungiamo il modo incredibile con cui Obama ha cercato di sigillare un contratto “non contratto” con l’Iran, senza l’approvazione del Congresso e chiudendo gli occhi alle ripetute infrazioni a questo contratto fatte dalle autorità iraniane. Dobbiamo aggiungere la dichiarazione di Obama che gli ostaggi non sono stati rilasciati dall’Iran solo dopo il pagamento in contanti di due aerei carichi di franchi svizzeri ed euro?
Donald Trump ha parlato del famoso muro altissimo e pagato dal Messico per far colpo. Questo è sempre stato il suo modo di fare e di parlare: da gradasso spaccone. Lo ha fatto per osare a dire quanto tantissimi avevano sullo stomaco ma non osavano esternare apertamente. Non farà nulla di tutto ciò. Sa benissimo che sarebbe impossibile. Resta quindi un’immagine che non è cristiana, un’immagine di cercare l’isolamento almeno temporaneo. Spero che “la grazia del posto” possa fargli trovare modi più cristiani di proteggere i confini della nazione e, nello stesso tempo, di dare un lavoro dignitoso a chi è disperato e cerca in tutti i modi di sfamare la sua famiglia.

Secondo lei, che cosa di Trump e del suo programma ha fatto breccia nei cuori degli americani?
Quello che ha fatto breccia in tanti americani è il fatto che si è preso a cuore le loro frustrazioni, le loro paure e la penosa realtà in cui hanno vissuto, una realtà che non ha subito miglioramenti nonostante il debito pubblico sia raddoppiato negli ultimi sette anni e più sino a diventare una cifra da capogiro che non può più essere ignorata.

Da chi sono arrivati i voti che hanno portato Trump alla Casa Bianca? Cos’hanno votato i suoi parrocchiani?
I voti sono arrivati da tutti quelli che erano stufi delle promesse non mantenute dai Repubblicani che avevano la maggioranza in tutte e due le camere e hanno dato seguito alle promesse fatte all’elettorato. Altri voti sono arrivati da quelli come i blue collar workers, gli operai che hanno visto i loro posti di lavoro sparire all’estero o che hanno ottenuto pochi, pochissimi frutti in cambio del loro duro faticare e di tanti sacrifici. Un gruppo nutrito, senza dubbio, è poi quello di coloro che sono contrari all’aborto fino al nono mese (posizione sostenuta da Hillary), di coloro che si ribellano a ciò che ha fatto Obama privando tanti della libertà di coscienza e di professare la loro fede. In una parola, ha tolto quello che è garantito dal primo Emendamento della Costituzione e che è la ragione fondamentale su cui la nazione fu fondata. Un numero considerevole di persone non vuole pagare per l’aborto, per i contraccettivi, per la sterilizzazione, componenti obbligatorie di ogni assicurazione prevista dall’Obamacare. Infermiere e medici hanno perso il loro posto perché si sono rifiutati di fare o assistere ad aborti. Altri, come fioristi, pasticcieri, fotografi e operatori di sale di banchetti, hanno perso tutto perché si sono rifiutati di prestare il loro servizio a unioni di persone dello stesso sesso. Non so come abbiano votato i miei parrocchiani, ma credo che abbiano votato circa metà per Hillary e metà per Trump, o che si siano astenuti perché insoddisfatti da ambedue i candidati.

Cosa cambia adesso per i missionari in America e per tutti quelli che lavorano per l’accoglienza e l’apertura all’altro?
Credo che, come sacerdoti missionari, gli insegnamenti di papa Francesco debbano essere la nostra guida. Dobbiamo insistere sull’accoglienza di coloro che cercano lavoro e una vita migliore negli USA; lottare per la difesa dei più deboli, dai bimbi ancora nel grembo della loro mamma a coloro che si trovano all’estremo opposto e che la società vorrebbe eliminare tramite l’eutanasia o col rifiuto delle cure. Tutti hanno una dignità che viene loro dall’essere creati ad immagine di Dio. Infine dobbiamo fare tutto il possibile per rispettare e amare tutti senza cedere alle richieste insistenti di quello che il Santo Padre chiama, mi pare, il colonialismo ideologico del genere fluido al di là dei due sessi creati da Dio.

 

Leggi anche il reportage dagli Usa di Chiara Basso sull’America che non conta.