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«Io, a scuola con il Papa»

Missionario del Pime statunitense, Padre Ken Mazur ricorda gli anni di studio con Prevost a Chicago: «Era amichevole, capace di ascoltare e molto concreto»

«Quando ho sentito “Robertum Franciscum”, ho pensato: “Oh mio Dio, è Bob!”». Padre Ken Mazur, missionario del Pime, si ricorda bene di Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV, perché ci è andato a scuola insieme: «Abbiamo entrambi frequentato la Catholic Theological Union di Chicago, dove si studia per quattro anni Teologia prima dell’ordinazione. Ci ritrovavamo a essere tanti religiosi di congregazioni diverse: francescani, agostiniani, missionari del Verbo Divino, saveriani, missionari del Pime. Avevamo tra i 22 e i 26 anni».

Già allora, Prevost, che fa parte dell’Ordine di Sant’Agostino e come padre Ken è stato ordinato nel 1982, si era dimostrato umile e concreto: «Ricordo che era molto silenzioso», dice il missionario, oggi referente per il Pime negli Stati Uniti dopo essere stato superiore regionale tra il 2005 e il 2015. «E poi era amichevole, alla mano, sempre disponibile a parlare di una lezione o di un compito. Uno con i piedi per terra, molto pratico. Mai con la testa fra le nuvole. Di quei tipi che sanno ascoltare e affrontare le cose con buon senso».

Doti che saranno sicuramente utili al nuovo Pontefice, che ha poi proseguito gli studi teologici in diritto canonico alla Pontificia Università Angelicum. Negli Stati Uniti, però, nessuno si aspettava un Papa americano, nemmeno padre Ken: «Qui in America il suo nome era circolato un po’, ma io non credevo che sarebbe stato scelto un Papa statunitense – ammette il missionario -. Probabilmente, anche se non vive negli Stati Uniti da molti anni, ha ancora la mentalità e la capacità, tipicamente americana, di gestire una realtà molto grande, possiamo anche dire “aziendale”, per capirci. Probabilmente è un ottimo organizzatore, come molti americani. Il che è anche qualcosa di cui la Chiesa ha bisogno».

Papa Leone XIV però ha passato la maggior parte della sua vita fuori dagli Usa: ha vissuto vent’anni in Perù e dodici a Roma come priore generale degli agostiniani. «Il fatto che sia un missionario per noi del Pime è straordinario. Anche nelle sue prime parole, quando si è presentato dalla loggia di San Pietro, ha parlato di Chiesa missionaria. Un tema caro pure a Papa Francesco, ma lui non era un missionario», continua padre Mazur. Anche il resto del suo discorso ha ridato speranza a tanti cattolici americani: «Come saprete, abbiamo un presidente che costruisce muri, mentre Prevost ha parlato di “costruire ponti”».

Padre Ken sottolinea poi un altro aspetto: «Trovo interessante che il Papa abbia scelto di parlare in italiano e in spagnolo. Evitando l’inglese ha cercato di mandare un messaggio, forse per non apparire troppo legato al contesto americano».

La cosa più importante, tuttavia, è stata la parola ripetuta più volte: “pace”: «L’ho trovato straordinario, credo che abbiamo davvero tutti un gran bisogno di pace». Anche negli Stati Uniti, dove i cattolici sono sempre più divisi dalla politica. «E poi, soprattutto dopo il Covid, ancora più persone non vengono in chiesa, si sono allontanate. Penso che questo potrebbe essere un impulso, una speranza per la Chiesa cattolica negli Usa».

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