Scuole cantieri di pace

Scuole cantieri di pace

Violenza di Boko Haram e povertà endemica. L’Estremo Nord del Camerun cerca di resistere grazie anche all’impegno indefesso di un missionario laico del Pime, Fabio Mussi, e all’«arma dell’istruzione»

 

«Il tanto qui sembra sempre troppo poco». È uno dei paradossi che inchiodano l’Estremo Nord del Camerun a una situazione di insicurezza e precarietà che si trascina da molti anni e da cui non si vedono vie d’uscita. Chi fa tanto è fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime e direttore della Caritas della diocesi di Yagoua. Eppure quel tanto, di fronte a bisogni immensi e sempre nuovi, appare inevitabilmente insufficiente.  Ma fratel Fabio non è certo il tipo da scoraggiarsi. O da arretrare, anzi! In questi anni in cui il gruppo terroristico Boko Haram ha infierito anche in questa regione, incuneata tra Nigeria e Ciad – aggiungendo morte, violenza e distruzione a una situazione endemica di estrema povertà – fratel Fabio non ha fatto un passo indietro. Piuttosto ha cercato di andare sempre avanti. Accettando il compromesso scomodo di farsi scortare ogni volta che si muove in questa regione ancora oggi estremamente pericolosa, ma soprattutto continuando a investire sempre di più soprattutto sull’istruzione.

«È l’unico modo per contrastare l’oscurantismo dei fondamentalisti – dice -, ma anche per costruire un futuro per i giovani di qui». Che sono tanti, tantissimi. E che se non vanno a scuola, vanno in giro. Rischiano di diventare ragazzi di strada o piccoli delinquenti se non scelgono di emigrare altrove. O, peggio, rischiano di essere facile preda di promesse ingannevoli, magari di chi li vuole arruolare per combattere una guerra senza senso e senza confini. Una guerra, quella di Boko Haram, fatta di attacchi kamikaze e di rapimenti di massa – rari ma “spettacolari”, nonché gli unici che fanno notizia – ma che è diventata soprattutto un sistema di piccole ma continue azioni di disturbo, che dalla Nigeria dilagano oltre le frontiere porose degli Stati limitrofi: Niger, Ciad e, appunto, Camerun.

«Attualmente, nella regione dell’Estremo Nord del Paese ci sono ancora migliaia di profughi nigeriani e di sfollati camerunesi – testimonia fratel Fabio -; persone che non possono tornare a casa o che continuano a fuggire specialmente dalle zone limitrofe alla frontiera. Nella nostra regione, sino alla fine della stagione secca, ci sono continuamente incursioni e attacchi di Boko Haram. I miliziani cercano di rubare buoi, altri animali e cibo. Cercano mezzi di sopravvivenza e intanto attaccano e distruggono villaggi e uccidono gli abitanti se non riescono a fuggire in tempo».

Ormai, lungo il confine con la Nigeria, in una striscia larga mediamente tra i 10 e i 15 chilometri, se ne sono andati quasi tutti. Si sono spostati più all’interno o verso il lago Ciad, senza nessun tipo di assistenza o protezione. Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) sono quasi 200 mila gli sfollati interni camerunesi e 96 mila i profughi nigeriani; circa la metà di questi ultimi viene accolta nel campo di Minawao.

L’Unhcr e i governi di Nigeria e Camerun hanno siglato il 2 marzo dello scorso anno un accordo riguardante il rimpatrio volontario dei profughi nigeriani. Nel frattempo anche i camerunesi sfollati che vivono nella regione dell’Estremo Nord avrebbero dovuto far ritorno ai loro villaggi d’origine. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, né gli uni né gli altri sembrano disponibili a tornare indietro. Le attività di rimpatrio dei nigeriani avrebbero dovuto cominciare nel gennaio 2018. Ma, secondo le stesse Nazioni Unite, «gli incidenti nella regione dell’Estremo Nord sono aumentati sensibilmente rispetto al dicembre 2017; tutti e tre i distretti – Mayo Sava, Mayo Tsanaga e Logone-Chari, ne sono stati interessati».

Le Nazioni Unite denunciano anche il fatto che il «modus operandi di questi gruppi armati transnazionali è cambiato, per cui si effettuano meno attacchi suicidi, mentre sono aumentati rapimenti di bambini, saccheggi, incendi di proprietà e rapine di bestiame». Gli attacchi persistono nonostante la presenza di forze militari regionali, che hanno costretto i miliziani a organizzarsi in gruppi più piccoli e più mobili lungo il confine. Forse anche per questo il numero di incursioni è aumentato, con una media di almeno dieci attacchi a settimana dallo scorso mese di gennaio. «Il contesto di insicurezza – sostiene l’Unhcr – ha spinto l’esercito camerunese a continuare a svolgere attività militari per respingere questi gruppi. Tutto questo si è tradotto in ulteriori spostamenti sia di nigeriani che di camerunesi lungo il confine, senza possibilità di protezione alcuna, dal momento che i movimenti del personale (umanitario – ndr) sono stati limitati in alcune aree».

È in questo contesto estremamente pericoloso e instabile che fratel Mussi cerca di portare avanti le molte attività avviate in vari settori: educativo e sanitario, di sviluppo rurale e di accesso all’acqua, di attenzione ai disabili e anche di promozione della giustizia e della pace. «Lo scorso marzo – racconta fratel Fabio da Kousseri – nel mio ultimo viaggio nella parte più settentrionale del Paese, dove i confini con Nigeria e Ciad sono molto vicini, ho potuto visitare alcune delle nostre iniziative sulla zona di confine. Abbiamo riavviato un progetto di protezione dei bambini in collaborazione con Unicef e abbiamo tre scuole nelle quali stiamo lavorando. A Kousseri sto seguendo anche il cantiere delle 5 nuove aule che stiamo realizzando al liceo, in modo da arrivare a 12 e poter completare, a partire dal settembre 2018, tutto il ciclo scolastico superiore con circa 400 alunni».

La costruzione delle nuove aule del liceo cattolico di Kousseri rientra in un progetto più ampio di costruzione di 27 nuove aule in 7 plessi scolastici della diocesi di Yagoua, nell’ambito dell’iniziativa “Educazione, cantiere di pace”, promossa dal Centro Pime di Milano e che accompagnerà l’edizione 2018 di “Tuttaunaltrafesta On the Road”, la fiera del vivere solidale dei missionari del Pime. «Attualmente – precisa fratel Fabio – abbiamo 29 scuole, dalla materna al liceo sino alle professionali con 8.500 alunni. Recentemente abbiamo avuto un 25% in più di richieste di iscrizione, ma non abbiamo potuto accettare tutti, perché non avevamo abbastanza spazio. Ora, oltre alle nuove aule che stiamo costruendo, ne abbiamo ristrutturate alcune a sud di Yagoua».

I lavori a Kousseri procedono piuttosto spediti nonostante le difficoltà logistiche. «Il lavoro è già stato realizzato al 60%. Ormai siamo alla costruzione del primo piano. Qui a Kousseri la nostra scuola sarà la prima a più piani. Per l’Italia potrebbe sembrare una banalità, ma per questa realtà, che ha sofferto molto e ha subìto anche la chiusura di diverse scuole, è un grande orgoglio poter avere una scuola a più piani. Anche questo può servire a dare fiducia alla popolazione. A volte basta veramente poco per riprendere coraggio, e questo è quello di cui la gente ha più bisogno».

A Kousseri, c’è anche una grande scuola materna ed elementare che, con i suoi 1.100 alunni, è la più popolosa della diocesi. «Tuttavia – precisa fratel Fabio – a causa dell’insicurezza di questi ultimi quattro anni, è anche quella che ha subìto maggiormente la crisi economica e sociale di questa regione». Qui almeno il 30% della popolazione è costretto a vivere da sfollato, lontano dalle proprie case e dai propri villaggi. Molte famiglie sono disgregate o hanno perso alcuni dei loro membri, uccisi o dispersi. E così molti bambini rischiano di essere abbandonati a loro stessi. Per questo, fratel Mussi ha ripreso anche la collaborazione con Unicef per creare luoghi di aggregazione, in cui i ragazzi possano incontrarsi, partecipare ad attività educative e ludiche e usufruire del doposcuola. Ne sono interessati 5 comuni nella zona del lago Ciad e 3 scuole, con 10 animatori e 4 centri da realizzare.

Come se tutte queste difficoltà non bastassero, accanto – o forse a causa – di violenze, povertà e arretratezza si ddiffondono anche pregiudizi e superstizioni che rappresentano a volte un altro grave freno allo sviluppo. È lo stesso fratel Mussi a raccontare il grande impegno che occorre mettere in campo per superare anche questo genere di ostacoli: «Il nostro medico – ricorda, citando un episodio di poche settimane fa – che lavora presso il Centro sanitario cattolico situato nel quartiere Madagascar di Kousseri, ha da poco concluso la campagna preventiva di medicina scolastica nelle nostre scuole della provincia di Logone-Chari. Ha visitato circa 2.360 alunni, compresi i 198 della scuola di Blaram, su un’isola del lago Ciad. Mi diceva della difficoltà di convincere, a volte, i genitori a far visitare i bambini, a causa di una diceria che si è diffusa tempo fa, secondo la quale ci sarebbero équipe di persone che stanno girando nelle scuole per “sterilizzare” i loro bambini. Le autorità sono intervenute più volte per smentirla, ma in zone dove l’informazione passa attraverso il “mercato” non è facile contrastare dubbi e credenze della popolazione rurale. Secondo il medico, però, queste campagne di prevenzione devono continuare anche per questo motivo. Solo con pazienza e costanza si potranno superare pure queste barriere».