Campus: l’estate che accoglie

Nelle sedi Pime, le settimane per ragazzi offrono nuovi amici anche a chi proviene da contesti di fragilità. L’esperienza di un bambino arrivato a Milano da Gaza
Siamo come isole, uniche e irripetibili, ma fatte per essere parte di un arcipelago. Quest’anno nei Campus estivi Pime per bambini e ragazzi esploreremo che cosa significa diventare ponte, scoprendo che insieme siamo molto di più della somma delle nostre parti. Ascolteremo voci dalle missioni inserendoci all’interno della campagna “Filippine25. Un ponte per ogni isola”. Lo faremo a Milano, Monza, Busto Arsizio, Gallarate, Gorla Minore, Calco (Villa Grugana) e Treviso, dove attiveremo questa proposta tra giugno e settembre per periodi da 5 a 10 settimane a seconda delle sedi. Avremo anche due proposte residenziali: una per bambini 7-12 anni e una per preadolescenti e adolescenti 12-16 anni.
I Campus Pime mettono al centro la bellezza, le relazioni e la varietà del nostro mondo. E lo fanno anche attraverso gesti concreti che le famiglie che aderiscono alla proposta vivono direttamente durante le settimane estive. Ne è un esempio il Progetto Missione educazione che ci permette di accogliere anche bambini e bambine in condizioni di fragilità economica e sociale. Grazie alla stretta collaborazione con parrocchie, enti del terzo settore e amministrazioni, vengono individuate le famiglie a cui offrire gratuitamente l’opportunità di iscrivere ai campus i propri figli per vivere un’estate, tra giochi e laboratori, con amici e compagni nuovi, per sentirsi accolti e protagonisti di cammini di crescita.
Questo progetto si sta consolidando negli anni, rivelando le sue grandi potenzialità. Tra le storie vissute l’estate scorsa, ricordiamo quella di un bimbo di 8 anni che ha trascorso diverse settimane al Campus Pime di Milano, dopo essere arrivato da Gaza poco tempo prima. «Era un vulcano di energia – racconta Giulia, educatrice -, impazziva di gioia con una palla e uno spazio dove correre. Ha suscitato subito grande interesse tra tutti, l’occhio perso in guerra era inevitabilmente oggetto di domande». Domande che sono state accolte e affrontate insieme, rielaborate con parole e giochi. «Uno degli ostacoli era la lingua – continua Giulia -. Abbiamo attivato subito una ricerca di sostegno e i primi che ci hanno risposto con entusiasmo sono stati i giovani di Time Out, che durante l’anno scolastico frequentano lo spazio studio del Centro Pime. Durante l’estate, sono diventati preziosi fratelli maggiori, accompagnatori volontari di questo processo di reciproca scoperta, crescita e relazioni».
Info e iscrizioni: centropime.org/famiglie/campus
Articoli correlati

Fatima Haidari e il diritto all’istruzione delle ragazze afghane

«Ripartiamo dall’amicizia»
