Carrie Lam, la prima donna di Hong Kong

Carrie Lam, la prima donna di Hong Kong

Cattolica, 59 anni, è stata eletta come nuovo capo dell’esecutivo con la benedizione di Pechino. Volto più presentabile rispetto all’impopolare Leung Chun-ying, desta ugualmente perplessità tra molti cristiani per le sue politiche severe sul welfare e la vicinanza alle potenti famiglie filo-regime

 

Come nelle previsioni il nuovo capo esecutivo di Hong Kong è una donna e una donna cattolica. Carrie Lam, 59 anni, già numero due dell’amministrazione uscente, è stata eletta domenica 26 marzo da parte del comitato di 1.200 “grandi elettori”. L’unico contendente con qualche possibilità di superarla era John Tsang, ministro dell’economia, pure lui cattolico. L’ex funzionario Regina Ip, cattolica e benvoluta da Pechino, era troppo impopolare per il disastroso tentativo del 2003 di imporre a Hong Kong una legge sulla sicurezza nazionale, respinta dalla “marcia di un milione” di persone. Il quarto candidato, lo stimato giudice Woo Kwok-hing, aperto alla democrazia, non aveva invece il sostegno di Pechino.

Il leader uscente, Leung Chun-ying, ha rinunciato, ufficialmente, a causa di problemi familiari. In realtà, paga il prezzo della sua impopolarità, dell’incapacità di prevenire e gestire la “rivoluzione degli ombrelli” del 2014, e di vicende finanziarie poco trasparenti. Leung voleva non solo compiacere Pechino, ma persino anticiparne i desideri, a scapito degli interessi di Hong Kong.

Il numero due di Leung, Carrie Lam, ha rappresentato, invece, il volto migliore dell’amministrazione. È cresciuta all’interno del sistema, ha modi garbati, senza scheletri nell’armadio, disponibile, almeno a parole, al dialogo con tutti. Ha incontrato gli studenti nei giorni drammatici del 2014, ma senza concedere alcunché. Pechino l’ha appoggiata perché non poteva permettersi un altro capo impopolare, incapace di interpretare e rappresentare la gente di Hong Kong. Tra i giovani cresce in modo allarmante la voglia di totale indipendenza dalla Cina. Il regime sa che non deve tirare troppo la corda, c’è dunque bisogni di un leader che sappia rassicurare la gente.

Carrie Lam è una “figlia” di questa metropoli: nata in una famiglia semplice, è cresciuta nel quartiere popolare di Wan Chai. Ha studiato presso una prestigiosa scuola delle suore Canossiane. Quest’ultime, arrivate in Hong Kong già nel 1860 grazie ai missionari del PIME, hanno formato generazioni di donne protagoniste in tutti i campi della vita cittadina. Lam, entrata nell’amministrazione locale nel 1980, ha avuto ruoli sempre più prestigiosi. Prendendo anche provvedimenti discutibili. Quand’era a capo del dipartimento del Welfare, ad esempio, ha applicato politiche severe, tagliando i fondi per le persone più bisognose, con attenzione prioritaria ai bilanci. Ha escluso dai benefici sociali chi non ha la residenza permanente, che si ottiene dopo sette anni. Ma ne rimangono escluse le 300 mila badanti filippine e indonesiane, che danno un contributo straordinario al benessere della città.

Il governo di Hong Kong ha grandi possibilità economiche, ma attua una politica a favore delle potenti famiglie filo-regime e della classe medio-alta. Carrie Lam non si distanzia da questa linea, e sembra ignorare la dottrina sociale della Chiesa. Per questo molti cattolici non si sentono rappresentati da lei. Nel suo curriculum, Lam dice di aver sostenuto, da studente, la causa dei boat people (immigrati cinesi senza permesso di residenza). Ma Franco Mella, missionario del Pime che su quelle stesse barche ha vissuto per dieci anni, non la ricorda affatto. «Di certo non ha mai preso parte ad una sola azione significativa della nostra lotta. Forse sarà venuta in visita con la sua classe…».

Lo scorso anno, nel corso di una manifestazione della Caritas, alla presenza del cardinale John Tong, Carrie Lam ha applicato a se stessa la beatitudine dei “perseguitati a causa della giustizia”. Sicuramente, ha detto, «ci sarà un posto per me in paradiso». L’attivista di Giustizia e Pace, Jackie Hung, una delle più conosciute esponenti del fronte democratico ha reagito con sdegno: «Non capisco come il nostro vescovo non abbia denunciato l’incongruità di questa affermazione. Un politico non può far passare come “persecuzione” delle giuste e legittime critiche».

All’indomani della sua candidatura, Lam aveva detto di aver compiuto questo passo seguendo una chiamata da Dio. Un’affermazione che a molti non è piaciuta. «Anche se per lei fosse vero – afferma Elizabeth Tang, leader dei lavoratori e delle badanti – dovrebbe avere la prudenza di non sbandieralo. La fede va rispettata, ma in politica è meglio evitare di dire che Dio mi vuole».

L’elezione del nuovo Capo esecutivo non può dirsi veramente democratica, perché il candidato deve essere gradito a Pechino. Carrie Lam è, in definitiva, una leader dai modi gentili, senz’altro migliore del predecessore, ma per ora non disposta a scelte politiche e sociali innovative. C’è la speranza che superi le attese e dia il meglio di sé. Oggi diventa la prima donna a ricoprire questa prestigiosa carica. La comunità cattolica, che rappresenta solo il 5% della popolazione, continua a offrire al mondo politico, culturale e sociale di Hong Kong un gran numero di rappresentanti di primo piano. Ed è senz’altro un segno dell’impatto positivo dell’evangelizzazione, iniziata dai missionari del Pime nel lontano 1858, nella Perla d’Oriente.

 

CHI È

Quarta di cinque figli, Carrie Lam è nata nel 1957, è sposata e ha due figli. Cresciuta nel quartiere popolare di Wan Chai, ha completato la sua formazione primaria e secondaria presso il St Francis’ Canossian College, prestigiosa scuola cattolica dove ha sempre ottenuto i voti migliori. Dopo il diploma, ha frequentato l’Università di Hong Kong, laureandosi in Scienze sociali.

Ha cominciato la sua carriera nell’amministrazione nel 1980, lavorando in particolare nell’ufficio del Tesoro, sino a diventarne vice-segretario. Nel 2000, è direttore del dipartimento del Welfare e, nel 2004, direttore generale dell’’Hong Kong Economic and Trade Office’ a Londra.

Nel 2007 viene nominata segretaria per lo Sviluppo e nel 2012 diventa la numero due del governo di Hong Kong. Quindi nel nell’ottobre del 2013 guida la Task Force sulla riforma costituzionale. Lo scorso 12 gennaio ha dato le dimissioni dopo 36 anni di carriera a vari livelli nell’amministrazione della città per poter raggiungere, questa volta, il gradino più alto.