Essere chiesa nello slum di Manila
PASASALAMAT: Oltre le parole, i fatti. Non basta dire di essere per i poveri e con i poveri. Occorre testimoniarlo a cominciare dai più discriminati. E dai bambini
Una decina di anni fa, il vescovo Pablo David di Kalookan, periferia nord di Manila, aveva lanciato un accorato appello agli Istituti missionari presenti nelle Filippine. Chiedeva aiuto per aprire alcune cappelle nei luoghi più sovrappopolati e poveri delle baraccopoli. La mia coscienza mi spingeva a dire: «Eccomi, manda me!». E così è stato. A 50 anni – nel mezzo del cammin della mia vita – sono tornato sui banchi di scuola per imparare il tagalog e ricominciare tutto da capo. Una bella “purificazione”, che mi ha fatto tanto bene. Ho lasciato le mie comfort zone di quindici anni trascorsi a Lakewood sull’isola di Mindanao, accanto alle popolazioni subani, e mi sono gettato nell’ignoto, non senza però essermi preparato con cura e affidato all’amorevolezza della Provvidenza.
Il desiderio del vescovo era di avvicinare la Chiesa alla povera gente delle squatter area, ovvero delle zone occupate e spesso abbandonate a loro stesse. Molti di coloro che vivono nelle baraccopoli, infatti, sono sradicati dalle loro terre di origine. La maggioranza viene da Mindanao o dalle province intorno a Manila. Si riversano nella grande metropoli in cerca di lavoro e di fortuna. Non hanno la famiglia con loro e non hanno amicizie; facilmente si sentono soli, persi nell’anonimato della città, e spesso finiscono col fare uso di alcool o di droga, palliativi di una vita di sacrifici e di stenti.
Anche la Chiesa è vista da queste persone come molto lontana e per nulla interessata a loro. Le chiese a Manila sono generalmente molto belle e decorate, con pavimenti lucidi e aria condizionata. I preti sono super impegnati e di solito vivono agiatamente, mentre i baraccati, spesso vestiti poveramente e con le ciabatte infradito, si vergognano ad entrare in questi luoghi di preghiera e si sentono giudicati dalle altre persone che talvolta, quando ci sono troppi fedeli, li fanno sedere fuori in strada.
Alla festa del Santo Niño, il parroco ha chiesto di non celebrare le Messe nella baraccopoli e di invitare tutti i bambini in parrocchia. Tanti sono arrivati in chiesa vestiti malamente come al solito, qualcuno anche a piedi nudi. Tutti i posti a sedere, però, erano già occupati. Allora, li ho invitati a salire sulla balconata al secondo piano. Ma dopo qualche minuto li ritrovo tutti in strada, in piedi sotto la pioggia. «Padre, alcuni collaboratori ci hanno fatti uscire. Qui non ci vogliono, torniamo a casa. Verremo solo alle tue Messe nella baraccopoli dove tu ci accogli e ci vuoi bene».
Che colpo al cuore sentire quelle parole così innocenti e vere! Mi interrogano sul senso di essere “Chiesa dei poveri, per i poveri e con i poveri”, di cui spesso ci riempiamo la bocca, ma che poi non traduciamo nella realtà.
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