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Icona decorativaIcona decorativa23 Maggio 2017 Giorgio Bernardelli

Filippine, legge marziale a Mindanao

Il presidente Duterte dalla Russia (dove si trova in viaggio) ha decretato oggi la legge marziale a Mindanao, la grande isola del sud delle Filippine dove nella città di Marawi da giorni vi sono scontri con le formazioni islamiste locali di Abu Sayyaf e Maute Group
  Il terrore islamista in queste ore non fa notizia solo per la strage di Manchester. Durissimi scontri con gruppi locali legati al sedicente califfato sono in corso anche nella città filippina di Marawi, il capoluogo della provincia di Lanao del Sur, sull’isola meridionale di Mindanao. L’esercito filippino sta conducendo un’offensiva contro miliziani di Abu Sayyaf e del Maute Group (un’altra formazione islamista separatasi dal Moro Islamic Liberation Front, la storica sigla indipendentista); vi sono combattimenti in diverse zone della città, che conta circa 200 mila abitanti. Un portavoce dell’esercito filippino sostiene che si tratti di un’operazione per catturare Isnilon Totoni Hapilon, il leader di Abu Sayyaf, che sarebbe stato localizzato a Marawi. Ma la situazione è molto confusa e si parla di interi edifici della città nelle mani dei gruppi jihadisti. Anche di fronte a questa situazione il presidente filippino Rodrigo Duterte – che è originario proprio di Mindanao – ha scelto come suo solito le maniere forti. Così da Mosca, dove si trova in questi giorni in visita di Stato, ha decretato l’istituzione della legge marziale su tutta Mindanao per un periodo di 60 giorni. Si tratta di un provvedimento molto duro soprattutto in un Paese come le Filippine, dove la memoria non può che correre agli anni in cui la legge marziale fu lo strumento attraverso il quale Ferdinando Marcos trasformò la sua presidenza in un regime autoritario dove i militari utilizzarono la mano pesante contro ogni forma di protesta. E il fatto che la legge marziale sia stata decretata non solo nella provincia di Marawi ma su tutta Mindanao desta forti preoccupazioni in questo senso. Va però anche aggiunto che l’allarme sulla penetrazione delle formazioni islamiste nel contesto di Mindanao è da tempo molto alto. Nello stesso materiale di propaganda diffuso dallo Stato Islamico le Filippine ricorrono molto spesso. E non è un mistero che – di fronte alle sconfitte militari di oggi in Siria e Iraq – il sedicente califfato cerchi nuove aree franche in Estremo Oriente. Tutto questo si inserisce nel delicatissimo contesto del conflitto di Mindanao, dove le speranze suscitate dall’accordo di pace del 2014 sono rimaste incompiute. E che rischia ora di precipitare nuovamente nella violenza.  

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