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Il riscatto dei tribali inizia a scuola

Nello stato indiano del Telangana, la Nirmala High School, gestita dalle Missionarie dell’Immacolata, da 25 anni dona un futuro a centinaia di bambini emarginati

Dare una seconda possibilità ai bambini emarginati che avevano abbandonato gli studi. È questa l’idea che ha guidato le Missionarie dell’Immacolata nella creazione della Nirmala High School. «Nel 1999 il vescovo di Khammam ci chiese di trasferirci nella parrocchia di Karepalli, a 30 chilometri di distanza, per aiutare padre Orlando Quintabà, missionario del Pime», spiega suor Carmel Yettukuri, responsabile della comunità di consorelle impegnate nella gestione della scuola, che si trova nello Stato indiano meridionale del Telangana. «Abbiamo iniziato dando ripetizioni in una stanza della parrocchia, facendo in modo che i bambini avessero le conoscenze di base necessarie per continuare a studiare alla scuola pubblica – spiega la missionaria -. A un certo punto eravamo sommerse dalle richieste tanto che la comunità locale ci ha pregato di istituire una scuola dove si insegnasse in lingua inglese».

Le famiglie della parrocchia di Karepalli appartengono alla tribù lambada, una delle tante comunità aborigene dell’India che vivono ai margini della società. «Si tratta di persone poverissime, in molti casi analfabete», continua suor Carmel. Per molti di questi ragazzi e ragazze, frequentare la Nirmala High School ha rappresentato una possibilità di riscatto: «I nostri alunni parlano solo la loro lingua – il lambadi – che non ha una forma scritta. Non conoscono nemmeno il telugu, che è la lingua dello Stato, figuriamoci l’inglese. Sono intelligenti e pieni di talento, ma hanno bisogno di qualcuno che li guidi».

La Nirmala High School accoglie bambini a partire dall’età di quattro anni e li accompagna fino al termine del liceo: «Sino ad ora abbiamo avuto più di 400 diplomati. Tra loro ci sono medici, ingegneri, commercialisti, funzionari di banca, agenti di polizia e ricercatori», racconta suor Carmel con orgoglio. «Abbiamo anche un sacerdote e una suora, e una giovane che sta facendo il noviziato a Roma».

Inizialmente, però, la scuola ha dovuto far fronte a una serie di difficoltà: «Molti bambini non riuscivano a venire a lezione per la mancanza di collegamenti e per le strade dissestate. Due mesi dopo aver aperto la scuola abbiamo realizzato anche uno studentato», racconta la missionaria, originaria dell’Andhra Pradesh, ma cresciuta a Chennai: «All’inizio ospitavano circa 200 alunni, soprattutto orfani o che avevano perso un genitore, o ragazzi e ragazze con difficoltà di apprendimento. Ora abbiamo gli autobus scolastici, quindi solo 75 risiedono all’interno del campus».

Oggi la scuola conta fino a 850 studenti, di cui circa 70 sono cristiani. «Ma tutti imparano a conoscere Gesù, pregano, partecipano alle celebrazioni. Alcuni ci confidano che vorrebbero diventare cristiani o prendere i voti, ma non possono per via della famiglia». La comunità educativa ruota attorno a sette suore, di cui quattro sono anche insegnanti. «Ogni settimana andiamo nei villaggi per visitare le famiglie, incontrare i genitori, fare catechesi e ascoltare i bisogni della gente».

Anche il legame con gli ex alunni continua a essere molto forte. «Molti di loro si sono organizzati in un’associazione che sostiene le nuove generazioni. Offrono borse di studio, donano computer, garantiscono l’accesso all’acqua potabile. Sono loro stessi a dire: “Se oggi siamo medici, ingegneri o insegnanti, è grazie alla scuola e all’amore che abbiamo ricevuto qui. Se non fosse stato per voi, oggi saremmo in strada”». Alcuni di loro, racconta ancora suor Carmel, hanno anche formato un gruppo WhatsApp per segnalare casi urgenti – famiglie in difficoltà, operazioni mediche da finanziare, bambini da aiutare – e organizzare iniziative di solidarietà sul territorio. «Siamo felici di vedere che ciò che hanno imparato con noi – compassione, servizio, attenzione ai più deboli – lo mettono in pratica nella loro vita».

E la scuola continua a crescere. «A gennaio abbiamo celebrato il 25° anniversario con una grande festa. I nostri studenti hanno messo in scena un bellissimo spettacolo che raccontava la nostra storia: l’arrivo di padre Orlando Quintabà, la richiesta del vescovo di Khammam, la fondazione della scuola e la nascita della comunità cristiana locale. È stato un momento commovente», dice suor Carmel. La Nirmala High School rappresenta un segno vivo della presenza di Dio in mezzo alle comunità emarginate: «Siamo grate al Pime per l’eredità che ci ha lasciato padre Orlando. La gente lo ricorda ancora con affetto perché ha donato case e terra alle famiglie più povere. Ancora oggi ci chiedono di celebrare Messe in suo suffragio».

Ora l’obiettivo è ampliare la struttura. «Abbiamo chiesto al nostro consiglio generale il permesso per costruire sette nuove aule e una grande sala polivalente. In alcune classi abbiamo fino a 75 alunni, il doppio di quanto previsto. Vogliamo poter accogliere più bambini».

Una delle sfide più grandi, oltre alle carenze strutturali, rimane quella educativa. «I nostri alunni non sono solo poveri economicamente, ma spesso arrivano con un forte senso di esclusione sociale.

All’inizio molti piangono, non vogliono venire a scuola. Ma quando si sentono accolti, quando scoprono che qualcuno si prende cura di loro, cambiano. E alla fine, quando terminano gli studi, piangono di nuovo perché non vogliono andarsene».

Suor Carmel, che ha alle spalle vari anni di missione anche in Orissa – un’area nota per la presenza dei maoisti naxaliti e per gli episodi di persecuzione contro i cristiani – non ha dubbi: «Non c’è posto più bello dove vivere la vocazione. Le difficoltà sono tante, ma la gente è buona, e se capisce che sei lì per aiutare, ti protegge. Là come qui, siamo chiamate a essere luce per chi vive nel buio, testimoni della speranza dove sembra esserci solo abbandono».

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