Tiananmen, vietato ricordare
In occasione del 4 giugno, 36° anniversario del massacro degli studenti a Pechino, un massiccio dispiegamento di forze sta pattugliando Hong Kong per impedire qualsiasi manifestazione e ricordo. Intanto, molti attivisti per i diritti umani restano in carcere
AsiaNews – Anche quest’anno, in occasione della data sensibile del 4 giugno – l’anniversario del massacro degli studenti avvenuto nel 1989 a Pechino in piazza Tiananmen – un massiccio dispiegamento di agenti di polizia si è dispiegato a Hong Kong nei dintorni di Victoria Park, il luogo fino al 2019 sede delle veglie annuali che i movimenti pro diritti umani organizzavano per fare memoria della repressione. Davanti al grande magazzino Sogo, agenti in borghese hanno fermato e perquisito l’artista Chan Mei-tung mentre masticava platealmente una gomma da masticare. Già nell’anniversario del 2022 la donna era stata arrestata per “comportamento disordinato” alla vigilia del 4 giugno, dopo essere rimasta fuori dal Sogo a sbucciare patate.
Nel frattempo – come accade ormai da tre anni – l’area di Victoria Park dove si svolgeva la veglia con le candele in memoria delle vittime dell’esercito cinese è stata “occupata” da una fiera gastronomica promossa dalle autorità locali che proseguirà fino al 5 giugno. Stand gestiti da gruppi pro-Pechino vendono cibo, mentre i (pochi) visitatori si divertono con visori per la realtà virtuale e robot. Da parte sua il Capo dell’esecutivo di Hong Kong, John Lee, ha dichiarato minacciosamente che “qualsiasi attività in qualsiasi data” deve rispettare la legge. Mettere in pericolo la sicurezza nazionale è un reato grave, ha avvertito Lee durante la conferenza stampa settimanale del martedì, aggiungendo che le azioni delle forze dell’ordine saranno “veloci e rigorose.”
Nel frattempo la rete dei Chinese Human Rights Defenders (CHRD) ha diffuso una lista non esaustiva di 32 personalità della generazione del 1989 e di quelle successive che sono tuttora detenuti ingiustamente per le loro attività in difesa dei diritti umani, inclusa la commemorazione del massacro di piazza Tiananmen e la richiesta di giustizia per le sue migliaia di vittime. “Non solo i funzionari cinesi godono di totale impunità per i crimini del 1989, ma continuano anche a silenziare i difensori che parteciparono alle proteste del 1989 e ai tributi alle vittime,” ha spiegato Sophie Richardson, co-direttrice esecutiva di CHRD. “Ma i discorsi non violenti e la memoria non sono crimini, queste persone dovrebbero essere rilasciate immediatamente”.
“Decenni di risposte internazionali deboli al massacro di Tiananmen – ha aggiunto ancora Richardson – hanno incoraggiato i leader cinesi a commettere crimini peggiori contro i diritti umani, da Pechino a Hong Kong fino alla regione degli uiguri. Le democrazie dovrebbero trarre ispirazione dalle vittime e dai sopravvissuti di Tiananmen e avviare indagini su queste violazioni sistematiche e diffuse”.
Tra i 32 nomi di personalità in carcere figurano innanzitutto 6 attivisti che parteciparono direttamente alle proteste del 1989 e sono stati poi riarrestati per aver continuato le loro attività in difesa dei diritti umani e della democrazia: si tratta dell’attivista uiguro Zhao Haitong, dell’esponente del Partito democratico cinese Lü Gengsong, dell’attivista del Guangdong Guo Feixiong, dell’artista e praticante del Falun Gong Xu Na, dello scrittore e attivista di Hangzhou Xu Guang e dell’attivista ed ex insegnante Zhang Zhongshun.
Altre 13 sono persone che nella Cina continentale stanno scontando condanne detentive, sono in custodia cautelare in attesa di processo o sono state fatte scomparire forzatamente per aver parlato di Tiananmen. Infine gli ultimi 13 sono attivisti di Hong Kong, dove fino alla repressione del 2020 si è sempre ricordato con la veglia a Victoria Park l’anniversario del massacro di piazza Tiananmen. Tra loro in carcere vi sono anche Chow Hang-tung, Lee Cheuk-yan e Albert Ho, che dopo ormai quattro anni di detenzione preventiva attendono ancora l’inizio del processo nei loro confronti in quanto organizzatori della manifestazione del 4 giugno per la quale ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale oggi rischiano pene fino all’ergastolo.
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