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Filippine: «Francesco ci ha testimoniato la misericordia di Dio da donare a ogni uomo»

Missionario del Pime nelle Filippine, padre Stefano Mosca ricorda la visita di Papa Francesco in quella terra. Ma soprattutto ha raccolto le voci della gente all’indomani della scomparsa del Santo Padre: «Papa Francesco ci ha mostrato cos’è in concreto la cattolicità della Chiesa, aprendo le porte a tutti»

In questi giorni di sincero cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco mi sorgono due domande legate alla mia vita missionaria qui nelle Filippine. Come Papa Francesco ha visto questo popolo specialmente nella sua unica visita nel gennaio 2015 e in questi dodici anni di Pontificato? E come i filippini hanno visto Papa Francesco?

Ho rivolto quest’ultima domanda a molta gente comune in questi giorni dell’Ottava di Pasqua. Provo a riassumere con poche parole le loro risposte.

«Papa Francesco ci ha mostrato come trattare non solo i nostri compagni cattolici o di altre denominazioni cristiane o anche solo credenti, ma anche ogni essere umano, persino ogni creatura di questa nostra casa comune che è il mondo, ci ha insegnato a trattarli come compagni di un comune viaggio, come pellegrini pieni di speranza».

«Il Papa ci ha indicato cos’è in concreto la cattolicità della Chiesa, aprendo le porte a tutti, oppressi, emarginati, esclusi per controversi pronunciamenti e linee di condotta che spesso sconvolgevano l’insegnamento accettato della Chiesa, musulmani, membri di altre sette e religioni, divorziati, omosessuali, carcerati, malati di AIDS, anticlericali dichiarati, abortisti, atei, emigranti clandestini, ragazze madri, orfani, minoranze tribali e così via».

«Egli ci ha sempre chiesto di uscire nelle strade polverose del mondo incontro all’uomo. Spesso diceva: “Meglio una Chiesa ferita e malconcia che va incontro agli altri che una Chiesa senza macchia, ma ritirata nelle sacrestie, malata di narcisismo e autoreferenzialità”. Papa Francesco poi ha sempre “tuonato” contro il fanatismo dell’indifferenza e la cultura dello scarto!».

«Papa Francesco ci ha testimoniato con chiarezza, la misericordia di Dio, da donare ad ogni uomo, sempre. Ci ha insegnato la vicinanza pastorale, preti e laici, tutti con l’odore delle pecore, ci ha aperto gli occhi, liberando i nostri cuori dall’indifferenza, su questioni globali come la povertà, le migrazioni, gli abusi e l’ecologia. Nella chiesa ha promosso riforme favorendo la sinodalità, la sobrietà e un dinamismo apostolico con una forte dimensione missionaria».

Questo è il messaggio di Papa Francesco, molto chiaro e da lui stesso ben testimoniato, anche qui nelle Filippine. Ecco invece alcuni passaggi dei suoi discorsi, omelie e risposte ai giornalisti che hanno lasciato un segno.

«Santità, che cosa ha imparato dal popolo Filippino, dal suo incontro con noi?», domandava un giornalista filippino sull’aereo papale di ritorno a Roma dopo la visita del gennaio 2015.

«I gesti, i gesti mi hanno commosso. Non sono gesti protocollari, sono gesti buoni, gesti sentiti, gesti che vengono dal cuore, alcuni di questi quasi fanno piangere. Lì c’è tutto: la fede, l’amore, la famiglia, la speranza, il futuro… in quel gesto dei papà che alzavano i bambini quando passavo per strada, perché il Papa li benedicesse. Un gesto che da altre parti non si vede. “Santo Padre, questo bimbo è il mio tesoro, questo è il mio futuro, questo è il mio amore. Per questo vale la pena lavorare, vale la pena soffrire!” Un gesto originale ma nato dal cuore».

«Il secondo gesto che mi ha colpito tanto – aggiungeva il Papa – è un entusiasmo non finto, la gioia, l’allegria, capaci di far festa anche sotto la pioggia battente del tifone. Mi diceva uno dei miei cerimonieri che è stato edificato perché i ministranti della Messa a Tacloban, con quella pioggia e vento forte, non avevano mai perso il sorriso. È la gioia, non finta, non un sorriso dipinto, ma un sorriso che veniva dal cuore. E dietro quel sorriso c’è la vita normale, ci sono i dolori, ci sono i problemi».

«Un altro gesto: le mamme che alzavano i figli ammalati e disabili che portavano in braccio, ed alcuni di essi con disabilità. Non nascondevano il bambino ma lo portavano al Papa perché lo benedicesse: “Questo è il mio bambino, è così, ma è mio!” Tutte le mamme sanno questo e lo fanno, ma il loro modo di farlo è quello che mi ha colpito».

«Qualcuno di voi – rispondeva Papa Francesco – mi ha domandato qual era il messaggio che io portavo nelle Filippine e ho risposto: i poveri, le vittime di questa cultura dello scarto. Oggi non si scarta solo la carta delle caramelle, o il cibo in avanzo, ma si scartano le persone, e la discriminazione è un tipo di scarto. Lo scarto oggi sembra normale, tendiamo ad abituarci a questo. Qui siamo noi e lì, ben separati, sono gli scartati. Questa è la povertà. Anche per noi chiesa e cristiani la minaccia più grande è la mondanità. È vero la chiesa deve spogliarsi».

E poi, a chi gli chiedeva della corruzione, il Santo Padre diceva: «L’atteggiamento corrotto trova subito facilmente nido nelle istituzioni che avendo tanti settori, capi, vice capi, è tanto facile che lì si possa annidare la corruzione. Essa è tagliare, rubare al popolo. Le vittime della corruzione sono quei bambini in mezzo ai rifiuti, trattati come rifiuti. La corruzione non è chiusa in se stessa, si muove e uccide. Ricordiamoci questo: cristiani peccatori sì, ma corrotti no, mai!».

Infine, nell’omelia a Roma nel 2021, per i 500 anni dell’evangelizzazione delle Filippine, Papa Francesco diceva alla comunità Filippina nella capitale: «Avete ricevuto la gioia del Vangelo e questa gioia si vede nel vostro popolo, si vede nei vostri occhi, nei vostri volti, nei vostri canti e nelle vostre preghiere. La gioia con cui portate la vostra fede in altre terre. Voglio dirvi grazie per la gioia che portate nel mondo intero e nelle comunità cristiane».

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