Manaus, il dramma vero dentro quelle fosse

Manaus, il dramma vero dentro quelle fosse

La testimonianza dei missionari del Pime dalla metropoli ai margini della foresta amazzonica alle prese con il Coronavirus. Padre Daniele Curnis: «Stiamo raccogliendo i frutti di quanto qui si è seminato in passato». Il vescovo emerito Mario Pasqualotto: «Manaus è una città immensa, le sue periferie sono luoghi difficili, di povertà e violenza. E proprio lì si stanno vivendo le difficoltà maggiori»

 

Le immagini delle fosse scavate in un cimitero di Manaus, capitale dello Stato brasiliano dell’Amazonas, hanno fatto il giro del mondo. E dicono quello che i numeri ufficiali non stanno dicendo: e cioè che il coronavirus sta colpendo duramente anche nella grande Foresta Amazzonica. Mercoledì la Prefettura della città (che secondo l’ultimo censimento conta 2 milioni e 200mila abitanti) ha registrato 120 sepolture, quattro volte tanto rispetto a quello che succedeva prima della pandemia. Nella stessa giornata, secondo la Secretaria de Saúde dello Stato, le morti confermate per coronavirus sarebbero solo 7. Qualcosa non torna, anche perché 43 delle morti sono state notificate per “patologie o complicazioni respiratorie” e 30 per “cause sconosciute”.

MORTI. «Stiamo raccogliendo i frutti di quanto si è seminato in passato», il commento di padre Daniele Curnis, missionario del Pime a Manaus, originario di Alzano Lombardo, uno dei Comuni della bergamasca più colpito dalla crisi sanitaria legata al coronavirus in Italia. Dopo anni di missione a Macapà e Belem, oggi padre Daniele è parroco della parrocchia Nossa Senhora de Nazaré e referente della Regione Brasile per l’area di Manaus e Parintins. «La situazione è davvero triste ed è molto peggiore rispetto a come viene mostrata, anche dai mezzi di comunicazione. Le strutture pubbliche sono vecchie e poche e non sono mai stati fatti investimenti», racconta il missionario. «Ci sono le code di ambulanze fuori dagli ospedali, ma i posti in terapia intensiva sono già finiti. E quindi ci sono code anche nei cimiteri. Le morti per coronavirus sono sicuramente di più di quanto non dicano le cifre ufficiali», aggiunge padre Daniele. Manaus è l’unico centro abitato di tutto lo Stato dell’Amazonas ad avere posti letto in reparti di terapia intensiva.

CRISI. «La crisi è fortissima ma le persone ancora non hanno capito: fino a qualche giorno fa tutti si muovevano per strada come se niente fosse, in pochissimi rispettavano le norme di distanziamento sociale e la quarantena. Quindi adesso si sta pagando il prezzo altissimo della non attenzione delle due settimane passate. E credo che la situazione peggiorerà ancora», le parole del missionario del Pime. A cui fanno eco quelle di monsignor Mario Pasqualotto, sacerdote del Pime e vescovo ausiliare emerito di Manaus: «Manaus è una città immensa, le sue periferie sono luoghi difficili, di povertà e violenza. E proprio lì, in periferia, si stanno vivendo le difficoltà maggiori. Perché alla crisi sanitaria si è aggiunta anche quella economica. La chiesa, la Caritas locale e il Pime si stanno attrezzando per rispondere alle esigenze, ma non è facile».

AMAZZONIA. Secondo le parole del vescovo emerito, il virus sta iniziando a colpire anche nelle aree più interne dell’Amazzonia. «Ci arrivano continuamente notizie di contagi e morti. Per esempio a Maues, nelle ultime ore si sono registrati due decessi e 29 contagi. E fino a una settimana fa non c’era nemmeno un positivo», aggiunge padre Pasqualotto. «In molti vengono a Manaus sperando nelle cure. Ma non sanno che gli ospedali sono già pieni e finiscono per strada. Tra i senza tetto moltissimi sono venezuelani. Da quando è iniziata la crisi nel loro Paese, molti sono scappati e hanno attraversando il confine. Ma qui vivono in situazioni disperate e ora la pandemia sta complicando tutto».

NUMERI. Intanto i dati ufficiali diffusi dal Ministero della Salute del Brasile parlano di 3.313 morti (aggiornamento al 23 aprile) e 49.492 casi. Sono nelle ultime 24 ore ci sono stati 407 decessi legati al virus, più della metà dei quali nello Stato di San Paolo che resta il più segnato dalla pandemia. Ma secondo molti i numeri non sarebbero l’esatta fotografia: lo stesso Ministero della Salute il 20 aprile ha emesso un bollettino in cui si dice che nelle ultime 8 settimane i ricoveri legati a patologie respiratorie acute sono aumentati del 366 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Difatti, di 55.980 ricoveri legati proprio a difficoltà respiratorie, solo 8.318 sono stati riconosciuti positivi al covid-19, solo 851 per influenze stagionali, 15.752 per motivi non specificati e 42.817 ancora in fase di screening. Dati che suonano quasi come una ammissione di impotenza di fronte al virus che avanza, con migliaia di casi di morti sospette, in casa, che non rientrano nelle tristi tabelle della pandemia.

POLITICA. E mentre si continua a morire, il nuovo ministro della Salute, l’oncologo Nelson Teich (che Bolsonaro ha messo al posto di Henrique Mandetta), propone di allentare le misure adottate per contrastare la diffusione del coronavirus. E il Presidente della Repubblica litiga anche con Sergio Moro, ministro della Giustizia, “simbolo” della vittoria di Bolsonaro alle elezioni, giudice che aveva condannato per corruzione l’ex presidente Lula al termine della maxi operazione Lava Jato. Bolsonaro, nel bel mezzo della pandemia, vorrebbe cambiare il direttore della Polizia Federale. Moro ha minacciato le dimissioni qualora il presidente compisse questa scelta.

 

La Fondazione Pime Onlus ha aperto una raccolta fondi d’emergenza per interventi di lotta al Covid19 nei Paesi dove sono presenti i missionari.Per donare, clicca qui: Emergenza Coronavirus nel mondo