Scenari da Coronavirus nei due Paesi che amo
In Cambogia se non si lavora quest’economia di sussistenza si blocca: nel giro di pochi giorni gran parte della gente non avrà più il denaro per comprare i beni di prima necessità. In Italia alla perdita dei cari e alle ferite alle attività economiche si aggiungono anche le derive nascoste tra le mura di casa
Provengo dall’Italia ma vivo in Cambogia. Seguo l’evolversi della pandemia in entrambi i Paesi. Ad oggi, in Cambogia, i casi dichiarati sono novantotto e nessun morto. Il governo ha imposto la chiusura di scuole e luoghi di culto, persino night club, da ormai due settimane. Si posticipano i matrimoni e tutto ciò che creerebbe assembramento. Non saremmo in grado di fronteggiare la pandemia ed è bene giocare di anticipo.
Lunedì 23 marzo 2020 sono arrivati a Phnom Penh i primi 7 medici dalla Cina con materiale necessario a far fronte al probabile aumento dei contagi. Come altrove, stesso copione, stesso buonismo. Quanto alla corsa ai supermercati, gran parte della popolazione vive alla giornata e guadagna per oggi e domani. Quindi non ha di che correre. Se poi non si lavora, e quest’economia di sussistenza si blocca, nel giro di pochi giorni gran parte della gente non avrà più il denaro per comprare i beni di prima necessità.
A questo si aggiungono i debiti da pagare. I dati ufficiali dicono che vi sono in Cambogia almeno 2.400.000 debitori. Se però si conta la rete dei prestiti informali si arriva a 1/3 della popolazione. Per la rata mensile di restituzione si fa affidamento al milione di figlie che lavorano nel settore tessile a Phnom Penh. Anche se mercoledì 25 marzo circa un migliaio di lavoratrici della Canteran Apparel (Cambodia) Co. Ltd., industria tessile tra le tante, hanno protestato per il mancato pagamento del salario. I titolari hanno dichiarato che dipende dalle ripercussioni della pandemia sulle economie dei Paesi che importano vestiario dalla Cambogia. In realtà è da più di quattro mesi che il pagamento dei salari è irregolare. Questo si ripercuote sulle famiglie in campagna e il Paese si blocca.
Ora c’è il grave problema del rientro dei lavoratori particolarmente dalla Thailandia. Sono circa 15.000 i cambogiani che lavorano oltre confine. La Thailandia ha dichiarato il lockdown per prevenire e contenere la pandemia e questo ha significato lasciare sulla strada migliaia di lavoratori migranti ora sulla via del ritorno in Cambogia, mentre le frontiere sono già chiuse. Non sono però ben accetti qui perché si teme che portino il virus a casa. La paura dilaga.

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