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“Not a Target”: dalla parte delle vittime

L’installazione artistica di Alice Pasquini per Medici Senza Frontiere mostra i volti di uomini, donne e bambini vittime delle guerre e offre uno spazio alle voci di popoli che rimangono spesso inascoltati

“Not a Target” è il titolo dell’installazione artistica di Alice Pasquini per Medici Senza Frontiere (MSF), inaugurata il 27 giugno a Roma e visitabile sino al 9 luglio. L’installazione mostra i volti di uomini, donne e bambini vittime delle guerre del nostro tempo. Nei conflitti contemporanei, 9 vittime su 10 sono civili. È a tutti loro che queste opere sono dedicate, offrendo uno spazio alle voci dei popoli che rimangono spesso inascoltate.

Pasquini ha portato nella piazza romana di San Silvestro storie provenienti da Palestina, Sudan, Yemen, Ucraina e Repubblica Democratica del Congo. Questi Paesi sono da alcuni anni scenari di scontri armati, bombardamenti, e altri crimini ai danni della popolazione civile.

La prima storia raccontata è quella di Khaled. Ferito dopo un attacco aereo a Gaza, il bambino è ora tra le braccia protettive del padre. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) sono più di 56.000 le persone uccise a Gaza dalle Forze di difesa israeliane. La vicenda di Khaled riflette quella di migliaia di altri bambini palestinesi. Come ha inoltre ricordato un’operatrice di MSF, durante l’inaugurazione della mostra, «dentro la Striscia di Gaza sono morti centinaia di operatori umanitari e giornalisti. Non c’è un posto sicuro negli ospedali, come non c’è dentro le ambulanze».

Anche il conflitto in Sudan, iniziato ad aprile 2023 tra l’esercito regolare sudanese (SAF) e le Forze di supporto rapido (RSF), ha causato una catastrofe umanitaria senza precedenti, con più di 12 milioni le persone sfollate. MSF è una delle poche organizzazioni ancora presenti in questo Paese, afflitto anche da epidemie e dalla piaga della malnutrizione. La storia raccontata dalla street artist è quella di Salma (nome di fantasia), donna sudanese rifugiata in Ciad. I suoi occhi comunicano un profondo bisogno di riscatto.

L’anziano pastore yemenita Saleh, invece, è testimone del decennale conflitto tuttora in corso in quel Paese. Nella regione di Mawza, i ribelli houthi hanno sparso migliaia di mine per impedire l’avanzata delle truppe nemiche, provocando negli anni centinaia di feriti. Tra questi, c’è anche Saleh. Appoggiato al suo bastone, lo sguardo del protagonista dell’opera trasmette il dolore di chi è sopravvissuto.

Come Maria, donna ucraina ritratta tra le braccia di una psicologa di MSF, in cerca di conforto nella disperazione. L’ong, presente in Ucraina fin dal febbraio 2023, ricorda che sono incessanti gli attacchi contro le strutture sanitarie, nonostante violino apertamente il diritto internazionale. La guerra con la Russia appare ancora lontana da una fine, visti i continui fallimenti dei negoziati.

Nelle opere di Pasquini c’è però spazio anche per la forza e l’audacia di figure come Josephine e Hope. Madre e figlia, le loro pose appaiono più rilassate: ora sono al sicuro. Si trovano in un rifugio nella provincia di Ituri, dove sono fuggite in seguito alle minacce subite. In Repubblica Democratica del Congo, il movimento M23 ha occupato lo scorso gennaio vaste aree dell’Est ricche di materie prime, provocando più di 230 mila sfollati.

«Questa installazione nasce per raccontare le testimonianze di chi nonostante tutto, non perde il coraggio. È alla loro resilienza che è dedicata quest’opera – ha spiegato Alice Pasquini  -. L’ho immaginata come un abbraccio collettivo. Se vista da lontano, appare come un’unione, un abbraccio di una madre col figlio, un abbraccio di un paziente con i medici». Alle storie raccontate tramite la mano artistica di Pasquini, si sono uniti i racconti degli operatori di MSF, interpretati dall’attore Andrea Bosca: «Gli odori in un paese di guerra sono molto diversi. Un misto di sabbia e di polvere da sparo, di resti umani. Odore di morte che ti senti addosso per tanto tempo».

«Come Medici Senza Frontiere ribadiamo la necessità di un cessate il fuoco e l’apertura dei corridoi umanitari. Bisogna fare in modo che gli aiuti possano entrare a Gaza» ha detto un’operatrice, soffermandosi in particolare sulla situazione della Striscia, dove ha prestato servizio nell’ospedale di al-Aqsa (Dayr al-Balah). «All’interno della comunità palestinese ho capito che la cura non si limita a garze, antibiotici, antidolorifici […], ma va oltre, si eleva dalla materialità. È accogliendo il anche dolore e le storie di queste persone che possiamo fare ancora la nostra parte».

«Il motivo per cui MSF ha voluto questo momento, è che ci stiamo abituando troppo a immagini che non sono la norma – ha aggiunto in conclusione un’altra operatrice -. Gli operatori umanitari non possono essere un bersaglio, e i civili non devono più diventare vittime di guerra».

L’installazione rimarrà allestita in piazza San Silvestro, a Roma, fino al 9 luglio 2025. Visitabile gratuitamente, sarà possibile prenotare una visita guidata e partecipare ad altri momenti di approfondimento.

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