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Agostiniani, 500 anni sulle vie del mondo

L’ordine a cui appartiene leone xiv ha scritto pagine importanti nella storia della missione. E ancora oggi è presente in 54 Paesi di ogni continente (e all’Onu)

L’elezione di Papa Leone XIV, missionario in Perù per oltre vent’anni e a lungo priore generale dell’ordine agostiniano, è stata un’occasione straordinaria per riscoprire un volto importante della storia e dell’attualità missionaria. Gli agostiniani sono infatti i custodi di una vocazione all’evangelizzazione che dura da quasi 500 anni: nel 1533 i primi sette missionari spagnoli di questo ordine parteciparono alle prime esplorazioni per diffondere il messaggio di Cristo.

Non era stato direttamente sant’Agostino a fondare questa famiglia religiosa; è stata invece la sua “regola” a unire insieme diversi gruppi di eremiti. A partire dal 1244 – anno della creazione ufficiale dell’ordine promossa da Papa Innocenzo IV – questi gruppi presenti nell’area della Tuscia cominciarono a vivere insieme nella povertà, nella preghiera e nello studio, alla ricerca costante della verità. Gli agostiniani erano mendicanti: non possedevano nulla e vivevano di elemosina, spostandosi nelle città per predicare, educare e aiutare chi ne avesse bisogno.

A partire dalle esplorazioni del XVI secolo, aprirono numerose missioni nelle Americhe, in Asia e in Africa e più tardi anche in Oceania. Così, come i primi agostiniani avevano iniziato a fare in Italia già nel 1200, integrandosi e studiando la lingua, fondarono anche in questi nuovi territori comunità e contribuirono alla costruzione di opere sociali, con lo sguardo rivolto soprattutto alla cura delle comunità locali.

Il 22 maggio 1533 i primi sette missionari agostiniani sbarcarono a Veracruz, in Messico. Qui, i seguaci di sant’Agostino, incontrando le comunità indigene, furono i primi a dare l’eucarestia ai nativi, mentre alcuni teologi ancora discutevano sull’uguaglianza tra indios ed europei. Partendo da qui, il messaggio e la presenza dei missionari si diffusero poi in tutta l’America Latina, dove si integrarono con le comunità, segnando un decisivo passo in avanti rispetto ai tempi.

Seguendo le rotte dei naviganti arrivarono poi in Asia. Sbarca­rono prima di tutto nell’immenso arcipelago filippino e si stabilirono a Cebu, la città della basilica del Santo Niño, l’immagine più cara alla devozione locale, di cui sono tuttora i custodi. Anche nelle Filippine nacquero presto attività educative dedicate allo sviluppo del territorio. Ma i missionari, insieme alla popolazione, si impegnarono anche nel disegno e nella costruzione delle prime strade. Tra loro c’era il geografo Andrés de Urdaneta, le cui rotte sono state guida per la navigazione per i tre secoli successivi. Dall’arcipelago delle Filippine arrivarono in Giappone, dove degne di un romanzo sono le peripezie del martire agostiniano Tommaso Kintsuba che lavorò per aiutare i cristiani incarcerati nel palazzo dell’imperatore a Nagasaki. Il ritrovato coraggio dei fedeli nelle prigioni fece insospettire le autorità che si misero alla ricerca del “criminale”, che continuava a svolgere il suo ministero, cambiando frequentemente aspetto e nascondendosi in grotte, una delle quali è ancora conosciuta come la “valle del Kintsuba”. Arrestato e inutilmente sottoposto a ogni sorta di tormento perché rinunciasse alla fede, morì martire nel 1637. Sempre alla vocazione missionaria di un agostiniano, Martin De Rada, si devono le prime relazioni tra la Chiesa cattolica e la Cina. I primi racconti da quel Paese che arrivarono in Europa nel XVI secolo – prima ancora di Matteo Ricci – nascono dalle pagine dei suoi diari di viaggio.
Anche il continente africano è stato interessato dall’azione missionaria dell’ordine: gli agostiniani portoghesi vi arrivarono seguendo le rotte coloniali della loro nazione. Nella città natale di sant’Agostino, Annaba (l’antica Ippona), in Algeria, venne costruita una cattedrale in onore del santo dove tuttora l’ordine è presente. Nel 1800 alcuni membri sbarcarono anche in Australia dove, 300 anni dopo Veracruz, continuarono a battersi per la difesa delle popolazioni aborigene.

Gli agostiniani oggi operano in 54 Paesi: i missionari sono più di 2.700 e l’America Latina, dove Papa Leone XIV ha svolto il suo ministero prima della sua chiamata a Roma, è ancora oggi la loro roccaforte. Al ramo maschile si affiancano anche le presenze delle religiose agostiniane. Sono impegnati a testimoniare la propria fede, nella vicinanza concreta a ogni persona, non solo per solidarietà o ascesi, ma per promuovere giustizia. Basta consultare il sito internet delle loro missioni per imbattersi, ad esempio, nella storia di un campo sportivo appena costruito a Kochi, in India, dove è iniziato un programma rivolto ai giovani, ragazzi e ragazze «per socializzare, superando le differenze culturali e di casta». Ma la loro presenza è una guida nelle frontiere umane più difficili anche nei Paesi dell’Occidente. In Oklahoma, per esempio, contribuiscono alla raccolta fondi per servizi destinati all’intervento contro la violenza domestica. La loro opera è talmente un punto di riferimento per intere comunità che nel maggio 2014 le Nazioni Unite hanno riconosciuto la loro ong come membro del Consiglio economico e sociale.

Dalle Americhe all’Asia, dall’Africa all’Oceania, questi religiosi mendicanti vivono la missione facendo proprio lo stile di sant’Agostino, che nella sua regola scriveva: «Nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. E così su tutte le cose di cui si serve la  passeggera necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità».

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