Stati Uniti: ora si fermino le esecuzioni federali

Stati Uniti: ora si fermino le esecuzioni federali

Mentre Washington archivia Donald Trump e molti ex-alleati prendono le distanze da lui, ci sono tre persone nel braccio della morte che la prossima settimana – prima dell’inaugurazione della presidenza Biden – potrebbero essere mandate al patibolo per la scelta di un governo che non esiste più. Tra loro Lisa Montgomery, che diverrebbe la prima donna uccisa in un’esecuzione capitale dal 1953

 

Il tema del giorno in tutto il mondo è quanto successo ieri sera a Washington, con l’assalto dei fedelissimi di Donald Trump a Capitol Hill per fermare la validazione dell’elezione di Joe Biden e il passaggio dei poteri previsto per mercoledì 20 gennaio. In queste ore si moltiplicano le prese di distanza e le dimissioni tra gli ex collaboratori del presidente uscente, insieme alle analisi sull’eredità pesante dei quattro anni di Trump alla Casa Bianca. Lo stesso vice-presidente Mike Pence nel momento della verità ha scelto di non seguire il tycoon, non opponendosi alla validazione dell’esito del voto del 3 novembre da parte del Congresso.

In queste ore convulse c’è però un aspetto che si rischia di dimenticare: ci sono tre persone nel braccio della morte che in quella che avrebbe dovuto essere l’ultima settimana della presidenza Trump aspettano di subire l’iniezione letale per un’esecuzione decisa proprio dal governo federale. Dal mese di luglio – infatti – per volontà di Donald Trump e del suo segretario del Dipartimento alla Giustizia William Barr gli Stati Uniti avevano ripreso dopo 17 anni a eseguire le condanne a morte anche per i reati sentenziati da un giudice federale.

Nella seconda metà del 2020 ben 10 persone sono finite sul patibolo in forza di questa scelta. Ma altre tre esecuzioni capitali sono – appunto – fissate per i prossimi giorni: la prima – martedì 12 gennaio – dovrebbe essere quella di Lisa Montgomery, che segnerebbe un triste primato; sono infatti quasi 70 anni che una donna non viene messa a morte dalla giustizia federale Usa, l’ultima nel 1953 fu Bonnie Heady nel Missouri. Proprio lo scorso 2 gennaio una Corte d’appello di Washington ha respinto l’ennesimo ricorso e dunque l’esecuzione per il momento resta confermata.

Nei giorni successivi – poi – giovedì 14 gennaio l’iniezione letale verrebbe somministrata a Corey Johnson mentre venerdì 15 gennaio sarà la volta di Dustin Higgs, di cui avevamo parlato qualche settimana fa perché nella condizione paradossale di paziente positivo al Covid-19 (per cui da curare) e candidato all’esecuzione capitale. La distanza così ravvicinata tra le date non è casuale: l’allora segretario del dipartimento alla Giustizia William Barr aveva disposto che avvenissero entro la fine del mandato di Trump. Mentre il successore Joe Biden ha già dichiarato l’intenzione di tornare a sospendere l’applicazione della pena di morte per i reati federali. E dunque questa tornerà a essere la politica della Casa Bianca dopo il 20 gennaio.

Nel frattempo però anche William Barr si è dimesso in dicembre: il dipartimento alla Giustizia oggi è retto ad interim da quello che era il suo vice, Jeffrey Rosen. Mentre, dunque, a Washington in queste ore si discute apertamente se Trump sia ancora legittimato a governare dopo quanto accaduto ieri, in gioco c’è anche la vita o la morte di queste tre persone. La loro ultima carta è la richiesta di un atto di clemenza da parte del presidente, istanza che Lisa Montgomery ha avanzato il 5 gennaio. Ma a chi spetta oggi rispondere? Sarebbe davvero triste se lei, Corey Johnson e Dustin Higgs finissero sul lettino dell’iniezione letale per mera forza di inerzia.

P.S. Aggiornamento dell’8 gennaio: oggi è stata diffusa la notizia della morte dell’agente di polizia Brian Sicknick, rimasto ferito nell’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump. Il Dipartimento di Giustizia ha subito annunciato che verrà aperta un’inchiesta federale sulla sua morte. Solo che l’uccisione di un agente di polizia negli Stati Uniti è un reato federale per il quale è prevista la pena di morte. Per cui – in forza della decisione presa dall’amministrazione Trump di riprendere le esecuzioni federali – una persona che dovesse essere riconosciuta responsabile per questa morte non solo potrebbe essere condannata alla pena capitale, ma potrebbe anche finire davvero sul patibolo. Verrebbe, dunque, ucciso da una scelta del presidente a sostegno del quale ha messo a ferro e fuoco il Congresso. Sappiamo tutti che non succederà, ma esiste una dimostrazione più chiara della follia della ripresa delle esecuzioni federali? Intanto il 12 gennaio si avvicina, per ora senza novità sulla sorte di Lisa Montgomery e degli altri due condannati.