Cambogia, una casa che cura gli ultimi

Cambogia, una casa che cura gli ultimi

Nella zona rurale di Chumkirì la vecchia chiesa di legno in disuso è stata ristrutturata per diventare un centro sanitario al servizio dei poveri e delle persone con disabilità: «Così testimoniamo il valore della vita», dice padre Tavola

 

Cosa fare per dare una seconda vita alla vecchia chiesa di legno? È questa la domanda che padre Gianluca Tavola e la comunità di Chumkirì, in Cambogia, si sono fatti una volta costruita una nuova chiesa più capiente e accogliente.
Il distretto di Chumkirì, a circa 100 chilometri da Phnom Penh, si trova in una zona completamente rurale, dove l’unica risorsa, costituita dalla coltivazione del riso, non è sufficiente per coprire le spese di sussistenza delle famiglie o per pagare il mutuo fatto per costruire la casa. Molti devono spostarsi nelle città per trovare lavoro, le donne nelle industrie tessili e gli uomini nel campo dell’edilizia. Questo fa sì che i genitori spesso non possano crescere i loro figli, che sono affidati ai nonni. È ormai molto frequente vedere case abitate dai nonni con tre, quattro e anche più nipotini.
Dal punto di vista della salute, nel distretto – che comprende 37 villaggi per una popolazione di circa 40 mila abitanti – c’è solo un Health Center (centro sanitario) che fornisce servizi estremamente basilari e non dispone di nessun apparecchio diagnostico, nemmeno per gli esami del sangue. La comunità cristiana di Chumkirì, tuttavia, si è sempre caratterizzata per una grande attenzione agli ammalati e ai poveri già da quando la sua “fondatrice”, Ming An, negli Anni 90 faceva in modo che il missionario che si recava a casa sua per la visita mensile portasse poi a Phnom Penh i malati più gravi.

Con il tempo il servizio per questi bisognosi si è andato sempre più strutturando e oggi la comunità dispone di una persona incaricata di accogliere gli ammalati che chiedono aiuto, di un infermiere che un giorno alla settimana incontra i meno gravi e segue i cronici (ipertensione, diabete…) e ultimamente di un medico volontario che quasi settimanalmente viene per visitare i pazienti. Grazie alla collaborazione con i missionari Maryknoll, poi, da oltre tre anni si è in grado di accogliere anche persone con problemi di salute mentale.
Nel tempo è quindi maturato il desiderio di avere una struttura che fosse il cuore di queste attività caritative, dove convogliare le iniziative già in essere, che potesse ospitare per alcuni periodi individui in difficoltà o bisognosi di cure durante la convalescenza e permettesse di allargare i servizi anche alle persone con disabilità. Insomma, una… “Casa della Carità”.
E quale posto migliore della vecchia chiesa di legno che per tanti anni ha visto celebrare la vita liturgica della comunità? Ma ristrutturare l’edificio costituiva un impegno notevole per le deboli forze della missione di Chumkirì. L’aiuto necessario è arrivato quasi inaspettato dalla Fonda­zione Pime, attraverso i fondi raccolti con la campagna del 5×1000. E così, una volta trasportata – letteralmente – la chiesa di legno in una zona più adatta, si è potuto dare il via alla ristrutturazione.

Ora la Casa della Carità ospita sui suoi due piani una grande stanza per la fisioterapia, una sensory room per la disabilità intellettiva, una classe per la “special education”, nonché un ambulatorio per le visite mediche. Sono stati previsti anche alcuni spazi per accogliere persone sole o bisognose di aiuto e ragazzi orfani, perché si è visto negli anni che ci sono casi in cui l’unico modo per aiutare chi vive difficoltà particolari è quello di prenderlo con sé finché il bisogno permane.
Il beneficio per la comunità locale si traduce concretamente nella possibilità di accedere a cure mediche, all’assistenza professionale di psicologi e all’accompagnamento di pazienti con disabilità. Tutto questo non sarebbe disponibile altrimenti per le famiglie povere della zona.

Il desiderio è che la Casa della Carità diventi un punto di riferimento per tutte le persone malate e con disabilità (sia fisiche che mentali) che di giorno in giorno i nostri missionari incontrano nelle case e in varie circostanze, e che sono senza una speranza di miglioramento e integrazione, perché non esistono strutture che possano accoglierle e prendersi cura di loro.
«Il servizio che offriamo ai malati – dice padre Tavola – sta testimoniando in modo sempre più incisivo il valore della vita che per noi cristiani è insindacabile e indipendente dalla situazione concreta di ciascuno. Sin dall’inizio, nel nome del Signore ci prendiamo cura dei poveri e degli ammalati e da alcuni anni anche di chi ha problemi psichici e dei malati terminali, senza la pretesa di essere noi a risolvere i problemi, quanto invece di essere quegli occhi e quel cuore che fanno sì che è in difficoltà possa trovare aiuto».

 

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