Perché non vanno dimenticati i cuccioli dell’Isis

Perché non vanno dimenticati i cuccioli dell’Isis

La propaganda jihadista dell’Isis, con il suo indottrinamento, ha scritto nuove, terribili pagine sull’uso dei bambini nei conflitti armati. Ed è un’emergenza che non è finita con la sconfitta «territoriale» dello Stato islamico. La testimonianza di fra Stefano Luca, frate cappuccino che ha studiato il fenomeno e le possibili risposte per togliere i figli dei jihadisti dalla propaganda di morte che grava ancora su di loro

 

Nell’ambito dei «mercoledì del Pime» ieri sera in diretta streaming sul canale YouTube del Centro Pime abbiamo parlato con fra Stefano Luca, frate cappuccino, del tema molto delicato dei ragazzi cresciuti nel mondo fondamentalista del Jihad, conoscendo del mondo solo la propaganda promossa dallo Stato islamico. Fra Stefano ha dedicato a questo tema il libro «I cuccioli dell’Isis» (Edizioni Terra Santa) in cui analizza a fondo il fenomeno e le possibili risposte. Come ci ha raccontato nel dialogo che è possibile rivedere qui sotto, si tratta di una ferita che anche oggi che l’Isis non ha più una dimensione territoriale resta più aperta che mai: questi ragazzi, infatti, non hanno conosciuto altro nella loro vita e se non vengono recuperati i semi gettati dalla propaganda di morte produrranno presto nuovi frutti terribili.

 

Leggi a questo link un brano del libro «I cuccioli del califfato» in cui fra Stefano Luca parla del «teatro sociale» come una delle possibili strade per il processo di deradicalizzazione di questi ragazzi