Caro padre Angelo…

«Missionario di grande valore, ha dedicato con generosità la sua vita affinché il Vangelo della pace e della libertà fosse accolto tra il popolo cinese». È uno dei passaggio dell’omelia di padre Gianni Criveller per i funerali di padre Angelo Lazzarotto, che si sono tenuti questa mattina nella Casa del Pime di Rancio di Lecco
Padre Angelo Lazzarotto è stato un missionario di grande valore, e ha dedicato con generosità la sua vita affinché il Vangelo della pace e della libertà fosse accolto tra il popolo cinese. Su di lui, e sul suo contributo alla Chiesa e alla missione è stato tanto scritto in questi ultimi giorni. In questo momento non desidero ripercorrere le tappe della sua vita, ripetendo cose già scritte, conosciute e pubbliche. Vorrei dire qualcosa di lui uomo, credente e missionario, così come l’ho conosciuto io.
Io lo conosco da quarant’anni, e ho vissuto tanti momenti con lui: viaggi in Cina; convegni; collaborazioni e innumerevoli contatti telefonici, lettere e email.
Padre Angelo era un uomo di fede vissuta e praticata. Le beatitudini lo descrivono bene: uomo umile, mite, operatore di pace, misericordioso, con una visione intellettualmente onesta, cioè pura delle cose. Cordiale, rispettoso, sapeva interagire con tante persone, donne e uomini, senza discriminazione di idee, o fede religiosa, o appartenenza politica, o di sesso. Era un uomo umanamente molto gradevole e, lo ribadisco, soprattutto mite.
Era un uomo di fede: molto solida, centrata soprattutto attorno all’Eucarestia celebrata e adorata. Nelle visite in Cina, quando negli anni novanta non era agevole concelebrare nelle chiese pubbliche, non poteva ommettere un giorno senza celebrare la Santa Messa: lo si faceva in albergo, la mattina presto, così come lui era abituato. L’eucarestia era centrale nel suo pensiero di fede. Il primo ricordo nitido che ho di lui fu un richiamo. Nella seconda metà degli anni ottanta l’avevo invitato a Napoli a parlare della Cina e della Chiesa in quel Paese ai giovani dei nostri gruppi di animazione. Non ci conoscevamo bene. E io non sapevo della mia destinazione proprio in Cina, e sulla linea di padre Angelo. In quell’occasione trovò che la cappellina della casa dove era costudita l’eucarestia fosse, secondo lui, disordinata e poco decoroso. Fece con garbo questo richiamo, e io lo apprezzai.
Padre Angelo fu legato ai Focolari fin dall’estate 1950, proprio agli albori di questo movimento, allora sconosciuto e anche non troppo ben visto, essendo guidato da una giovane donna. Conobbe bene Chiara Lubich, alla quale chiese un ‘nome nuovo’, come si faceva tra i focolarini. Padre Angelo portò il movimento dei Focolari a Hong Kong, dove ebbe una grande diffusione, da lì nelle altre aree della Cina, una storia che continua tuttora. Padre Angelo era piuttosto discreto circa questo suo legame, ma non era un segreto, né lo nascondeva. Più volte testimoniò che viveva in armonia e senza contraddizione la sua vocazione missionaria e l’adesione al movimento. Il cuore della spiritualità focolarina è il bene dell’unità. Visse questa vocazione all’unità per tutta la vita e con grande dedizione. Fu un uomo che univa e non divideva, che riconciliava piuttosto che condannare, che vedeva nelle persone, anche in situazioni irregolari, ciò che c’è di buono.
Un’altra cosa che mi colpì molto, e di cui sono testimone diretto, fu la sua enorme capacità di lavoro. Padre Angelo non si è mai risparmiato. Prendeva lunghe note e appunti, scritti a mano, nel corso dei viaggi in Cina, dopo visite e colloqui. Quando abbiamo dormito nella stessa stanza di albergo, non si coricava senza aver completato questo esercizio di annotazione. So che poi queste diventavano lunghi rapporti e preziose lettere da inviare a persone di rilievo per le questioni trattate e agli uffici competenti della Santa Sede.
Senza contare gli studi accademici, i numerosi articoli, le conferenze, e le migliaia di lettere che scriveva nella sua vastissima rete di contatti. E questo fino ha quanto ne ha avuto le forze. Io l’ho ammirato e stimato molto per questo: non sempre si incontrano, neanche nei nostri ambienti, persone zelanti, dedite al lavoro, senza sciatterie e pigrizia. Padre Angelo non perdeva tempo, compiva il suo lavoro con diligenza, competenza e tempestività
Aveva creato una rete enorme di contatti, ai quali scriveva molte lettere. Internet non c’è da sempre: per molti decenni le relazioni si costruivano sulla paziente capacità di scrivere, rispondere, mantenere i legami, anche quelli più flebili, essere fedeli ai rapporti. Ho imparato tanto su questo punto da lui e gli sono riconoscente perché con generosità ha condiviso la preziosa rete che con anni di paziente tessitura era riuscito a costruire e ricostruire.
Padre Angelo fu un uomo devoto alla Chiesa, alla Santa Sede e al papa. Come ho detto non si risparmiava nell’informare le autorità con onestà, descrivendo le situazioni e offrendo con responsabilità la sua opinione. In effetti acquistò una grande credibilità in molti ambienti. Conosceva bene i diritti e le prerogative del Romano pontefice, e con generosità, sapienza e prudenza dedicò la sua vita perché la Chiesa in Cina possa vivere pienamente di questa comunione.
Quando nel 2010, in occasione del suo 85mo compleanno, organizzammo a Milano un convegno in suo onore, lo intitolammo: La porta dell’amicizia. Sono un’immagine e un valore legati al missionario Matteo Ricci, che padre Angelo studiò e a cui si ispirò nella sua vita missionaria. Anche questo ci ha unito molto: mi ha spronato e favorito nei miei primi studi su Matteo Ricci, Giulio Aleni di Brescia, Martino Martini di Trento e così via. Eravamo dunque legati dalla stessa missione di studio della Cina e dei missionari in Cina. Padre Angelo era amichevolmente in contatto con studiosi di cristianesimo e con funzionari assegnati alla politica religiosa.
Padre Angelo fu amico sincero della Chiesa e del popolo cinese. Ne conosceva bene le sofferenze, il martirio, le ingiustizie subite. Ma non ha assunto una postura accusatoria, neanche quando qualche ingiusto sgarbo l’ha subito lui. Come abbiamo ascoltato nella lettura, condivideva gli stessi sentimenti dell’apostolo Paolo. Le parole che abbiamo ascoltato, ovvero l’inizio della seconda lettera di Paolo ai Corinti, potrebbero essere le stesse di una ideale lettera di padre Angelo alle comunità cattoliche di Cina, alle quali era vicino condividendone le tribolazioni, offrendosi come uomo di consolazione, infondendo speranza, indicando la meta della liberazione. Mi è stato riferito in questi giorni che oggi si prega per padre Angelo in numerose comunità in Cina.
Fino ad un paio d’anni fa era possibile avere brevi conversazioni con padre Angelo: mi ripeteva che era pronto, che attendeva la chiamata finale, quando il buon Dio vorrà. Ora può bene dire, con il Salmo 121: ‘Quale gioia quando mi dissero, andremo alla Casa del Signore, ed ora i miei piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme’.
Caro padre Angelo, hai vissuto come uomo delle beatitudini; hai annunciato il vangelo della pace e della libertà, hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la corsa, hai conservato la fede, hai atteso con amore la sua venuta: ora ti resta solo la corona di giustizia dal Signore Gesù, il giusto giudice. A lui, che fu la ragione della tua vita, con grande amore, fede, e speranza, ti affidiamo.
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