La Guinea Bissau piange il vescovo Zilli, missionario del Pime

La Guinea Bissau piange il vescovo Zilli, missionario del Pime

Il Covid-19 ha portato via anche dom Pedro Zilli, missionario brasiliano di 66 anni, che nel 2001 Giovanni Paolo II aveva chiamato a diventare il primo vescovo di Bafatà, la seconda diocesi creata in Guinea Bissau. Vescovo di periferia, in una terra di primo annuncio cristiano. Un anno fa, insieme al vescovo di Bissau, aveva scritto all’Italia colpita dal Coronavirus: “Oggi tocca a noi sostenere voi, sarà dura ma ce la farete”

 

Proprio alla vigilia dell’ingresso nel Triduo della Pasqua il Covid-19 ha portato via un altro missionario del Pime. Ma ha colpito in maniera molto dura anche la Chiesa locale della Guinea Bissau. Nell’ospedale di Cumura si è spento infatti mons. Pedro Zilli, brasiliano di 66 anni, divenuto nel 2001 il primo vescovo della diocesi di Bafatà. Colpito dal Coronavirus – che in maniera molto più nascosta, ma uccide anche in Africa – mons. Zilli era ricoverato già da un po’ di tempo in condizioni che non sembravano così allarmanti. Ma improvvisamente si è aggravato e la situazione è precipitata molto in fretta, rendendo impossibile un trasferimento in un ospedale più attrezzato a Dakar.

Monsignor Zilli era nato il 7 ottobre 1954 a Santa Cruz do Rio Pardo, nello Stato brasiliano del Paranà. Era cresciuto nella parrocchia di Ibiporà, dove già allora erano presenti i missionari del Pime e a contatto con loro era nata la sua vocazione missionaria. Ordinato sacerdote alla vigilia dell’Epifania del 1985, era partito subito per la Guinea Bissau, anticipando quell’internazionalizzazione dell’istituto, con vocazioni all’annuncio ad gentes anche dai Paesi di missione, che sarebbe stata sancita ufficialmente per il Pime nel 1989.

“In Guinea Bissau non ho trovato una Chiesa addormentata – aveva raccontato qualche anno fa in un’intervista a padre Piero Gheddo – ma una Chiesa viva che mi ha incoraggiato. Mi sono trovato bene prima qui a Bafatà con padre Clari, poi a Suzana con padre Fumagalli. Poi mi hanno fatto superiore regionale (dal 1993 al 1997 ndr), sono tornato tre anni in  Brasile per il seminario del Pime a Brusque e infine mi hanno fatto vescovo e sono tornato qui a Bafatà come vescovo”.

La sua nomina, voluta da Giovanni Paolo II nel 2001, era stato un fatto storico per la Chiesa della Guinea Bissau: padre Pedro diventava infatti il primo vescovo di Bafatà, la nuova diocesi creata accanto a quella di Bissau. Un segno importante di crescita per la comunità cattolica di questo piccolo Paese africano a cui la storia recente del Pime è tanto legata. Una diocesi grande quanto la Lombardia, con una popolazione cresciuta moltissimo in questi vent’anni (oggi sono quasi 800 mila gli abitanti) e dove i cattolici sono intorno al 5% della popolazione in un contesto dove resta forte la presenza della religione tradizionale africana, oltre a quella dell’islam. Ma fu anche un segno importante per l’America Latina: dom Pedro diventò infatti il primo vescovo missionario del Brasile.

Vescovo in una terra di primo annuncio cristiano, quindi: “Qui vai in molti villaggi in cui e non c’è assolutamente nessun segno cristiano, nessuna impronta – raccontava dom Pedro -. Moltissimi non hanno mai avuto nessuna possibilità di avvicinare una chiesa”. Eppure la missione entra comunque in profondità nella vita delle persone: “Quell’uomo col quale abbiamo fatto una foto – raccontava a padre Gheddo – è un cristiano giovane, uomo intelligente che incomincia a capire il valore della fede e della vita cristiana. Pochi giorni fa ero seduto qui fuori e lui si è seduto accanto a me e mi ha detto: ‘Vescovo, io vorrei essere più buono e non ci riesco, vorrei essere giusto e non ci riesco’. Quindi ci sono cristiani che capiscono cos’è il cristianesimo e cercano di vivere il Vangelo”.

In occasione del Giubileo della misericordia mons. Zilli aveva raccontato a padre Giorgio Licini in un articolo pubblicato su questo sito la prima volta di un veneto del genere in questa periferia del mondo: “Non c’era mai stata una Porta santa a Bafatá. Come in altre parti del mondo questo Giubileo ha mostrato la prossimità della Chiesa alla gente. Ha scavato nell’animo delle persone. Le ha aiutate a riflettere, a verificare il proprio passato e il proprio presente. A riconciliarsi e rafforzarsi nella propria determinazione a fare il bene”.

“Ai giovani brasiliani, quando ritorno in vacanza – raccontava ancora mons. Zilli a padre Gheddo – dico che ci vuole certo un po’ di coraggio a fare il missionario e soprattutto la fede in Dio e nella Provvidenza. Ma se non hai coraggio quando sei giovane, quando mai ce l’avrai? Ci vuole una fede tosta che ti faccia partire. Il giovane ha la sua vita da spendere. La spende bene se non tiene il freno tirato. Se parti senza freno, la fede ti orienta bene e se Dio ti chiama, digli di sì”.

Un anno fa, in occasione dello scoppio della pandemia, mons. Zilli insieme al vescovo di Bissau mons. José Camnate aveva voluto inviare un messaggio a nome dei cattolici della Guinea Bissau al nostro Paese sofferente: “L’Italia è un Paese che amiamo molto – avevano scritto i due vescovi -, sia per il suo popolo, e sia anche per la comunione profonda che si è instaurata da tempo con la Chiesa italiana. E’ venuto ora il momento di ricambiare il sostegno che molte volte voi ci avete dimostrato e dirvi: coraggio! La prova che state passando con il coronavirus è alquanto dura, ma ce la farete”.

Anche la Conferenza episcopale del Brasile ha voluto ricordare sul suo sito internet la figura di dom Pedro Zilli, ricordando il grande significato che la sua figura ha avuto per l’animazione missionaria deelle proprie comunità. «Mentre preghiamo per la sua anima – scrive in un messaggio l’arcivescovo di Belo Horizonte mons. Walmor Olivera de Azevedo, insieme a tutta la presidenza della Cnbb – ricordiamo che anche lui, come i primi cristiani, non ha affrontato tempi facili nel suo ministero in terra africana. Eppure, secondo lo stile che Papa Francesco ci ha indicato nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale di quest’anno, testimoniamo che, attraverso la sua fede in Gesù Cristo, questo nostro fratello ha diffuso il profumo del Vangelo, suscitando così quella gioia che solo lo Spirito può dare. Alla luce della testimonianza di dom Pedro Zilli – concludono i vescovi del Brasile – ribadiamo la certezza che “chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente porta molto frutto” (Gv 15,5)».

La scomparsa improvvisa del vescovo Zilli lascia un vuoto ancora più grande se si considera che la sola altra diocesi della Guinea Bissau – quella della capitale – è anch’essa priva di un vescovo nelle sue piene funzioni. Nello scorso mese di luglio, infatti, mons. Camnate, il primo vescovo originario della Guinea Bissau, è stato costretto a rassegnare le dimissioni per motivi di salute. La diocesi di Bissau è dunque guidata attualmente dal vescovo ausiliare, mons. José Lampre Cà – 57 anni, anche lui guineano – in qualità di amministratore apostolico.

Va infine osservato che con la morte di dom Pedro Zilli diventano 12 – come gli apostoli – i missionari del Pime portati via dalla pandemia. Accanto ai padri anziani che si sono spenti in Italia, tre sono morti nel loro apostolato in missione, in Brasile e in Guinea Bissau. Condividendo con i poveri anche l’esperienza di trovarsi ad affrontare la malattia nelle periferie del mondo.