Stati Uniti: la pena di morte ai tempi del Coronavirus

Stati Uniti: la pena di morte ai tempi del Coronavirus

Il boia si è fermato in Texas, ma in Pennsylvania – nonostante un’ingiunzione del giudice – le autorità carcerarie non vogliono sottoporre a un test un detenuto nel braccio della morte che presenta sintomi di possibile coronavirus. Intanto proprio in queste ore il Colorado è diventato il ventiduesimo Stato ad abolire la pena capitale

 

L’emergenza Coronavirus è ormai esplosa in tutta la sua drammaticità anche negli Stati Uniti, con oltre 40mila casi e un numero di morti che aumenta in maniera molto rapida (siamo già abbondantemente sopra i 500). L’allarme è particolarmente grave a New York ma coinvolge anche tutti gli altri Stati. ma c’è un punto di osservazione del tutto particolare da cui osservarlo: quello dei detenuti che si trovano nel braccio della morte. Proprio mentre in tutto il mondo si lotta per salvare delle vite, che cosa sta succedendo a queste persone?

A fare da punto di riferimento per le notizie su di loro è ancora una volta sister Helen Prejean la religiosa la cui storia di accompagnamento ai detenuti condannati a morte dai tribunali americani è stata raccontata dal celebre film Dead Man Walking. È stata lei a dare per prima la notizia che il Texas – lo Stato che da anni detiene il triste record delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti – ha sospeso le due condanne a morte che avrebbero dovuto svolgersi proprio in questi giorni. Le autorità giudiziarie locali sono intervenute all’ultimo momento con una sospensiva di 60 giorni che ha per il momento risparmiato la vita a John Hummel e Tracy Beatty, due detenuti per cui l’iniezione letale era fissata rispettivamente per il 18 e il 25 marzo. Paradossalmente è stata proprio la macabra liturgia delle esecuzioni capitali a risparmiare loro la vita: il giudice ha motivato infatti il rinvio sostenendo che in tempo di Coronavirus può essere pericoloso per le guardie carcerarie, i familiari delle vittime, i cappellani e i giornalisti che assistono all’esecuzione.

In Pennsylvania invece c’è grande preoccupazione per un altro detenuto – Walter Ogrod, 55 anni – che si trova nel braccio della morte e ella sua cella ha mostrato sintomi che fanno pensare possa aver contratto il Coronavirus. L’amministrazione penitenziaria non vuole però non vuole sottoporlo a un test. Per questo motivo un giudice di Philadelphia ha emesso  un’ordinanza in cui chiede che il detenuto venga trasferito in una struttura sanitaria. Ma la direzione del carcere continua opporre resistenza e la questione resta aperta. «È una scelta che espone anche gli altri detenuti e il personale del penitenziario a gravi rischi», protesta sister Prejean.

In queste ore, però, indipendentemente dal Coronavirus, sempre dagli Stati Uniti è giunta la notizia di un altro Stato che ha scelto di abolire il ricorso alla pena capitale: il governatore del Colorado Jared Polis ha firmato una legge che abolisce le esecuzioni capitali e ha commutato in un ergastolo la pena per tre detenuti che si trovavano attualmente nel braccio della morte. Il Colorado diventa così il ventiduesimo dei cinquanta Stati americani ad aver abolito la pena di morte. Il gesto ha un valore soprattutto simbolico: dal 1976 a oggi il Colorado aveva eseguito una sola sentenza capitale. Resta però il segnale di un trend che vede da tempo la pena di morte in frenata negli Stati Uniti: secondo i dati del Pew Research Center anche tra gli Stati che tuttora la mantengono nel loro ordinamento un terzo non l’ha mai applicata negli ultimi dieci anni.