La medicina e l’Africa, le due partenze di don Dante

La medicina e l’Africa, le due partenze di don Dante

Direttore di Medici con l’Africa-Cuamm, don Dante Carraro unisce in sé la vocazione sacerdotale e quella medica. Ma anche l’entusiasmo di andare sempre oltre e di continuare a camminare al fianco delle popolazioni africane più povere e vulnerabili. Come racconterà questa sera in streaming nell’ultima delle serate di ottobre del Centro missionario Pime

 

 

«Quando a 29 anni, dopo la laurea in Medicina e la specializzazione in Cardiologia, sono entrato in seminario, ho capito cosa voleva dire “lasciare le reti sulla spiaggia”. Ma sentivo anche che lì c’erano la mia vita, la mia libertà». Non è stata una scelta facile quella di diventare prete per don Dante Carraro. Una scelta non appoggiata dalla famiglia e che veniva dopo un lungo periodo di studi che lo portavano verso la professione medica.

«Quel Dio che si faceva vivo mi chiedeva tutto. Che, per me, voleva dire mettere tutto in discussione. Ma dopo un periodo di sofferenza e disagio interiore ho capito che avrei cambiato vita». E così è stato, anche se poi, nelle vesti di vice di don Luigi Mazzucato e poi di direttore di Medici con l’Africa-Cuamm, le due vocazioni di don Dante hanno trovato una sintesi perfetta di senso e di impegno. Che si è concretizzata soprattutto accanto alle popolazioni più povere e abbandonate dell’Africa sub­sahariana, quelle per cui il diritto fondamentale alla vita e alla salute resta ancora oggi una chimera. «Si realizzava così anche il desiderio di andare oltre, di uscire… e di farsi “lievito”: il desiderio di fare qualcosa non per ma con l’Africa».

Un desiderio e uno stile che oggi sono anche nel nome dell’organizzazione che dirige dal 2008 e che è una delle più grandi agenzie di cooperazione internazionale italiane, specializzata in sanità. Nata a Padova nel 1950, Medici con l’Africa-Cuamm compie quest’anno 70 anni in un periodo difficile segnato dall’emergenza Covid-19 che colpisce duramente sia in Italia che negli 8 Paesi africani in cui opera: Angola, Etiopia, Mozambico, Repubblica Centra­fricana, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda. Non per questo, l’organizzazione ha rinunciato al suo meeting annuale che si terrà il 7 novembre a Padova, con tutte le precauzioni del caso. Ma che quest’anno sarà comunque speciale proprio per l’importante anniversario, che rappresenta un punto di arrivo, ma soprattutto un’occasione per guardare avanti con nuovo slancio, «recuperando – dice don Dante – la forza, il coraggio, lo spirito dei fondatori, per guardare oltre – anche oltre le paure – e trovare nuove energie».

Anche per questo, nonostante le tante difficoltà e limitazioni, don Dante non ha rinunciato a partire. Lo scorso luglio, racconta, «dopo tre mesi di lockdown, sono finalmente ripartito. Destina­zione Tanzania: unico Paese dell’Africa subsahariana accessibile agli stranieri e che non richiede la quarantena. A Fiumicino, sull’aereo per Dar es Salaam, eravamo in dieci di cui tre del Cuamm. Il cuore era in subbuglio, l’emozione fortissima, i sentimenti quelli della prima volta. Mai nella nostra storia c’era stato uno stop così prolungato delle partenze. Per tutti noi del Cuamm “partire” non è un verbo qualsiasi. Quell’“Euntes” che ci ha fatti nascere è impresso nelle nostre vite».

Oggi sono circa tremila gli operatori, sia europei che africani, che condividono questo spirito, impegnandosi, spesso in situazioni difficilissime, in 23 strutture ospedaliere e 64 distretti per attività di sanità pubblica, assistenza materno-infantile, lotta all’Aids, tubercolosi e malaria. E anche in un altro ambito fondamentale, quello della formazione, grazie a 3 scuole infermieri e a un’università a Beira, in Mozambico.

«Al centro di tutto, però – precisa don Dante – ci sono loro, le popolazioni con cui condividiamo questo cammino e questa avventura. Ci sono queste persone che spesso incontriamo in situazioni estreme di conflitto o di povertà. Ci sono tante mamme che lottano con una forza incredibile per i loro bambini in condizioni che, all’inizio, ci sembravano addirittura inconcepibili da affrontare. Sono loro, non noi, i veri eroi».

Don Dante è stato spesso in Sud Sudan, dove la guerra con il Nord prima e quella civile ora hanno azzerato tutto, compresa la sanità: nel Paese c’è un’ostetrica ogni 20 mila mamme e la maggior parte dei (pochissimi) medici lavora nei ministeri o negli uffici. In Repubblica Centrafri­cana ci sono in tutto 4 pediatri, mentre in Sierra Leone c’è un unico anestesista. E il Covid-19 si è abbattuto su un continente in cui la terapia intensiva – là dove esiste – è un privilegio per pochissimi.

«Spesso mi chiedo perché sono nato qui – riflette don Dante – e mi dico che, avendo avuto questa fortuna, devo fare tutto quello che posso per stare accanto a chi ogni giorno deve affrontare situazioni di miseria, violenza, ingiustizia, privazione dei diritti fondamentali. Orgoglioso di dire che lavoriamo all’ultimo miglio».

CHI E’

Nato a Pianiga (VE) nel 1958, si a Padova e si specializza in Cardiologia. diventa nel 1991, nel 1994 vicedirettore e nel 2008 direttore dell’ong Medici con l’Africa-Cuamm. Nel 2020 è insignito dell’onorificenza di commendatore dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana”. È tra gli autori del progetto multimediale di Laterza “Il mondo alla fine del mondo”, di cui è in uscita il libro. Questa sera – mercoledì 28 ottobre in diretta streaming sul canale YouTube del Centro Pime di Milano – interverrà all’ultima serata dei mercoledì dell’Ottobre missionario.