La Luna low-cost dell’India

La Luna low-cost dell’India

A pochi giorni dai 50 anni dallo storico allunaggio del 1969 l’India di Narendra Modi ha rinviato all’ultimo momento il lancio della missione Chandrayaan 2 che ha l’ambizione di cambiare con nuove tecnologie meno costose la corsa allo spazio

 

Con una scelta simbolica e sicuramente non casuale, l’India ha deciso di riproporsi alla ribalta nella corsa allo spazio. Questa mattina, a pochi giorni dal 50° anniversario della prima discesa umana sulla Luna, sarebbe dovuta partire dal poligono aerospaziale di Shriharikota, affacciato sul Mare delle Andamane non lontano da Chennai la missione Chandrayaan 2, seguito ideale della prima promossa dall’agenzia spaziale indiana sempre verso la Luna nel 2008-2009.Quando mancava meno di un’ora alla partenza il lancio è stato rimandato in via precauzionale per un problema tecnico al vettore, ma i tecnici indiani hanno assicurato che sarà riprogrammato.

Quella di Chandrayaan 2 è una missione ambiziosa, che si caratterizza per il fatto di unire a un costo assai contenuto (140 milioni di dollari), lo sbarco sulla Luna di un lander robotizzato che dovrebbe fare dell’India il quarto Paese al mondo a portare a termine l’impresa (salvo ulteriori imprevisti).

L’intera missione dovrebbe durare circa un mese a partire dall’ingresso nell’orbita lunare il prossimo settembre; metà del tempo sarà destinato alle peregrinazioni del rover Pragyan in un raggio di 500 metri dal punto d’atterraggio nel Polo Sud lunare. Lo strumento è stato costruito interamente da specialisti indiani, come pure il vettore Gslv Mk III, il più potente tra quelli disponibili in India e il lander Vikram, del peso di 1,4 tonnellate. La missione propone parecchie incognite, perché mai l’India ha tentato un allunaggio prima d’ora, ma potrebbe rivelarsi ricca sul piano dei risultati scientifici, alla ricerca di acqua e di testimonianze fossili degli albori del sistema solare.

Una missione accompagnata insieme da proclami e dubbi, perché se lo stesso premier Narendra Modi – ora al suo secondo mandato – ha promesso al Paese di inviare nello spazio astronauti indiani entro il 2022, non sono poche le critiche rivolte da chi ritiene i fondi destinati alle missioni spaziali un lusso per una nazione che non ha ancora vinto la sua battaglia contro arretratezza e povertà.

Sicuramente il nuovo ruolo strategico che Modi ha assegnato all’India e la rivalità aperta con il potente vicino cinese (che a sua volta ha già portato in orbita navicelle attorno al nostro satellite e ha fatto scendere sulla Luna strumentazione lo scorso gennaio) rappresentano stimoli potenti. Le soluzioni low cost intraprese dall’India possono aprire nuove strade all’utilizzo commerciale dello spazio, al punto che – come sottolineato da un ex direttore dell’agenzia spaziale indiana, Isro – «la questione fondamentale non è chiederci se, stante la situazione, l’India debba intraprendere simili ambiziose iniziative spaziali, ma se l’India potrebbe permettersi di ignorarle» dopo che ha proclamato di volere diventare leader nella corsa allo spazio.

Una gara con protagonisti Usa, Russia, Cina, India, Giappone, Europa, varie compagnie private, che al momento ha tre direttive precise: stazioni orbitali, sonde esplorative verso lo spazio esterno, Marte da raggiungere anche con equipaggi umani entro un ventennio. Sicuramente ci sono visioni discordanti che includono diversi costi e benefici. Un esempio è il confronto tra la missione della sonda orbitale statunitense Maven, 65 chilogrammi, lanciata in orbita attorno a Marte nel 2013 per una durata di due anni e un costo dieci volte superiore a quello dell’indiana Mangalayaan, prevista per un solo anno di operazioni effettive, con una circa di 15 chili di apparecchiature sicuramente meno sofisticate e numerose.