Un gesuita alla corte dei Qing

Un gesuita alla corte dei Qing

Missionario e artista, Giuseppe Castiglione nella prima metà del Settecento divenne vice ministro in Cina. Un ciclo di conferenze presso la biblioteca del Pime ne rilancia la straordinaria figura

Cosa succede se una giovane promessa della pittura milanese, cresciuto alla scuola dei più celebri artisti del Seicento lombardo, a diciannove anni, sul nascere di una brillantissima carriera, decide di lasciare tutto e di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù per essere inviato missionario in Cina? È ciò che ha fatto Giuseppe Castiglione (Milano 1688 – Pechino 1766), che, rispondendo ad una precisa richiesta dell’imperatore cinese alla Compagnia, chiede di essere inviato alla Corte del Celeste Impero, dove nel 1715 viene accolto nei laboratori artistici imperiali. Vi rimarrà più di cinquant’anni, producendo un numero incredibile di opere d’arte, obbedendo ad ogni richiesta del sovrano. E servirà tre fra i più grandi e potenti imperatori della Cina, quelli che hanno portato l’impero al massimo livello di potenza politica ed economica e al più grande splendore artistico e culturale: Kangxi (r. 1662-1723), Yongzheng (1723-1736) e Qianlong (1736-1796).

Castiglione porta con sé tutta la sua maestria di artista e tutte le sue conoscenze tecniche sull’uso dei colori ad olio, sui principi della prospettiva geometrica, sull’uso del chiaroscuro e delle luci per dare corpo e materialità alle figure e agli oggetti ritratti. Ma ha ben presente l’insegnamento del suo più illustre confratello di più di un secolo prima, Matteo Ricci (1552-1610), che aveva scritto della necessità di «farsi cinese tra i cinesi» e di come si era inserito nella realtà sociale e culturale della Cina: «In tutto mi accomodai a loro», indicando l’unica proficua modalità di approccio al mondo cinese del suo tempo, chiuso e diffidente nei confronti di ciò che proviene da altrove.

Così Castiglione, mentre per incarico imperiale istruisce allievi cinesi alle tecniche di pittura europee, all’uso degli smalti, all’incisione su rame, ai principi della prospettiva (per questo traduce in cinese il celebre trattato Perspectiva pictorum et architectorum di Andrea Pozzo), allo stesso tempo si applica ad imparare e a fare propri i linguaggi pittorici cinesi, così lontani e così diversi da tutto ciò che aveva imparato in gioventù a Milano. E comincia gradualmente a dipingere “alla cinese”: fiori e uccelli, ritratti imperiali, scene di vita di corte, cerimonie e cacce imperiali, battaglie, cani, cavalli…, ma senza mai perdere completamente il contatto con le sue radici italiane. Il risultato è una pittura originale e di eccellente fattura, che “parla” in cinese ma è compresa magnificamente anche in italiano e in qualunque altra lingua occidentale. Una pittura che ha un tale successo a corte, che l’imperatore conferisce all’artista il prestigioso titolo onorifico di “mandarino di terzo grado”.

Con grande decisione Castiglione ha speso la vita nell’immane sforzo di mettere in comunicazione tra loro due universi artistico-culturali apparentemente lontani e inconciliabili e ha messo il proprio pennello e la propria abilità al servizio del dialogo tra culture, realizzando per primo in se stesso, poi nella sua arte, una felice sintesi fra diverse tradizioni pittoriche. Così si fa ponte tra mondi artistici lontani. Alla sua morte, l’imperatore Qianlong ne onora la memoria – gesto inaudito nella Cina di quel tempo da parte di un sovrano nei confronti di uno straniero – con un editto che loda le doti e la fedeltà alla casa imperiale di Lang Shining (questo il suo nome cinese): «In ricordo del tuo lungo servizio al Palazzo Imperiale – recita il testo dell’editto scolpito sulla lapide tombale ancora oggi custodita nel cimitero di Zhalan a Pechino – noi ti assegniamo il titolo di vice ministro e doniamo 300 tael d’argento … per mostrare la nostra vicinanza e compassione. Questo è il nostro ordine». Ancora oggi la figura di Castiglione è ricordata nei libri cinesi di storia dell’arte. E nella sua natia Milano? Ben pochi ne conservano memoria.

Ecco perché della splendida impresa di Giuseppe Castiglione, artista milanese alla corte dei Qing, a 250 anni dalla morte, si parlerà nell’ambito di un progetto promosso dalla biblioteca del Centro Pime: una serie di incontri di approfondimento con alcuni tra i maggiori specialisti della materia, che ne affronteranno diversi aspetti (vedi box). Il calendario delle conferenze prende il via il 7 aprile, affiancato dalla presentazione di una monografia che raccoglie vari studi sul tema e da iniziative del Museo Popoli e Culture. Si concluderà con la proiezione commentata del documentario Giuseppe Castiglione in Cina. Pittore imperiale, umile servo prodotto dalla Tv cinese e da Kuangchi Program Service, la casa di produzione cinematografica dei gesuiti di Taiwan.