Costa d’Avorio, amnistia e giro di valzer

Costa d’Avorio, amnistia e giro di valzer

Il presidente Alassane Ouattara ha liberato i suoi principali avversari politici, incarcerati dopo il sanguinoso epilogo delle elezioni del 2010. Dietro all’atto di clemenza – che la Conferenza episcopale ha salutato come un «contributo al perdono e alla riconciliazione» – anche un rimescolamento delle alleanze in vista delle elezioni del 2020

IL FATTO

Il 6 agosto scorso, nel suo discorso alla nazione alla vigilia del cinquantottesimo anniversario dell’indipendenza della Costa d’Avorio, Alassane Dramane Ouattara, presidente della Repubblica, ha annunciato la liberazione di ben 800 prigionieri politici, tra cui Soul to Soul (un esponente politico sorpreso con più di una tonnellata di armi e munizioni nascoste in casa) e Simone Gbabo la moglie dell’ex presidente Laurent Gbabo.

Il presidente Ouattara l’ha definita una misura di “clemenza” verso i figli della nazione. Due giorni dopo, i prigionieri politici erano già liberi, festeggiando con le loro famiglie e i loro fedelissimi compagni di lotta.

LA STORIA

Dopo le elezioni presidenziali del 2010 due candidati – Laurent Koudou Gbabo e Alassane Dramane Ouattara – si proclamarono vincitori. Ci furono contemporaneamente due presidenti per un solo Paese. Aiutato dalla Francia, Alassane Ouattara è salito al potere catturando e gettando in  carcere Laurent Gbagbo, sua moglie Simone e i suoi fedelissimi compagni tra cui Charles Blé Goudé. Il capo di accusa: l’applicazione dell’articolo 125, che nonostante il nome non era affatto un comma di legge; il numero 125 stava infatti per 100 franchi di petrolio e 25 franchi di fiammifero ed era il sistema indicato da Charles Blé Goudé per sbarazzarsi degli avversari politici. Con questo atto barbaro ed altri simili, tremila persone persero la vita in Costa d’Avorio, vittime di ambedue le parti in conflitto. E in un processo farsa, Simone Gbagbo fu condannata a vent’anni di prigione l’11 aprile 2011.

LE REAZIONI

La liberazione ha suscitato una serie di critiche nei confronti di Alassane Ouattara.

  1. Violazione della procedura penale. Gli accusati dovrebbero godere della presunzione d’innocenza, cioè essere considerati innocenti, finché la loro colpa non viene dimostrata. In Costa d’Avorio, invece, i politici chiudono un occhio su questo principio del diritto, facendo così prevalere la presunzione di colpevolezza.
  2. Amnistia o grazia presidenziale? Il diritto costituzionale garantisce al presidente della Repubblica il potere di rilasciare alcuni prigionieri. È la famosa grazia presidenziale. L’amnistia, invece, è un progetto di legge per la sospensione di una pena. Il presidente della Repubblica sottomette la legge di amnistia al parlamento per essere discusso e votato. Nella specie, Alassane Ouattara ha oltrepassato i suoi poteri, decretando un’amnistia senza passarla attraverso il vaglio del Parlamento.
  3. Dimenticanza delle vittime di guerra. Alle vittime della guerra post-elettorale era stata promessa giustizia e riparazione. Nella sorpresa generale, invece, oggi i diritti delle vittime sono stati ignorati e la loro speranza di giustizia è svanita. I magistrati incaricati delle indagini devono abbandonare il caso. È uno schiaffo alla libertà del potere giudiziario e una consacrazione dell’impunità in quello che dovrebbe essere un Paese di diritto.

La Conferenza episcopale della Costa d’Avorio – con una nota diffusa il 17 agosto – si è comunque rallegrata del gesto di clemenza «che aiuta il perdono e la riconciliazione, tutte dimensioni necessarie per la stabilità, lo sviluppo e il benessere della popolazione e il prestigio del nostro Paese». E ha invitato quanti hanno beneficiato di questa amnistia, «dopo essere stati fraternamente accolti, a coltivare uno spirito patriottico che favorisca il perdono accolto e offerto, la pace dei cuori e il ristabilimento di un clima sociopolitico sereno».

Da parte loro però 11 organizzazioni ivoriane e internazionali hanno comunque osservato che nessuna amnistia dovrebbe essere applicata per chi si è macchiato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità come quelli commessi in Costa d’Avorio nel biennio 2010-2011. E al presidente Ouattara che assicura che non verrà applicata a sessanta militari e membri di gruppi armati macchiatisi di crimini di sangue hanno risposto che i responsabili di quanto accaduto sono in realtà molti più di sessanta, e molti di loro potranno evitare di fare i conti con la giustizia.

LE RAGIONI

Perché Alassane Dramane Ouattara ha preso la decisione di liberare i suoi nemici di ieri? Vi sono tre ragioni principali:

  1. Dopo due mandati alla testa dello Stato, Alassane Ouattara ha ormai capito che non gli è possibile presentare la sua candidatura per la presidenza della Repubblica per un terzo mandato consecutivo. Il suo principale alleato, d’ora innanzi è diventato un nemico schierato e questo riduce le sue probabilità di successo. I suoi avversari politici possono quindi essere liberi di tornare sulla scachiera politica per rilanciare il gioco.
  2. Per la prima volta dalla sua ascesa al potere, l’Unione europea ha diffuso un rapporto sulla gestione del potere pubblico di Alassane Ouattara. È stata una doccia fredda nel momento in cui, più che mai, l’ex numero due del Fondo Monetario Internazionale aveva bisogno della benedizione e del sostegno dei suoi padrini europei. Il rapporto, reso pubblico il 7 luglio scorso, descrive a tinte forti l’incapacità di Alassane a risolvere problemi come l’insicurezza, la riforma della commissione elettorale indipendente, l’opacità nella concessione degli appalti per l’investimento pubblico, la povertà…
  3. Il fronte anti Franco CFA: creato il 26 dicembre 1945, il Franco delle Colonie Francesi in Africa è la moneta utilizzata in ben quattordici Paesi africani, di cui anche la Guinea Bissau e la Guinea Equatoriale, due Paesi che non furono colonizzati dalla Francia. Una nuova generazione di africani vede nella moneta franco-africana la fonte della povertà e delle disgrazie. Con la creazione dell’Euro e la scomparsa del Franco francese, il Franco CFA non aveva più ragione di esistere. Battuta in Francia, la moneta africana è vista come la continuità della colonizzazione francese in Africa. In uno slancio di rivendicazione di sovranità, tanti africani – tra cui anche molti ivoriani – vogliono la creazione di una moneta che rispecchi l’Africa e gli africani; una divisa panafricana. Ma Alassane Ouattara – già ex Governatore della Banca Centrale dell’Africa Occidentale – rema contro. Per lui, il Franco CFA è garanzia di stabilità. Di qui l’opposizione ad Alassane, visto come persona da togliere dal timone della Costa d’Avorio per riuscire a portare avanti la lotta per l’autodeterminazione politica e l’autonomia economica africana.

LE ALLEANZE POLITICHE

Tutto questo ha rimesso in moto le alleanze, come ben sanno fare i politici ivoriani.

Ormai i principali partiti politici sono implosi ed hanno due tendenze ciascuno. Il PDCI è diviso fra la tendenza filo Adjoumani Kobenan e quella filo Henri Konan Bédié. Il RDR è diviso fra i partigiani di Ouattara e quelli di Soro Guillaume (il presidente del Parlamento). Anche il FPI racchiude la tendenza conservatrice di Abdramanae Sangare e quella progressista di Pascal Affi N’guessan (ex primo ministro).

L’alleanza fra RDR e PDCI – sigillata nel lontano 2005 a Parigi, per dare alla luce un nuovo partito politico denominato RHDP ( promotore dell’ideologia di Houphouët-Boigny, primo presidente della Costa d’Avorio) – è rotta. Un’alleanza “contro natura”. un flirt politico durato ben 13 anni che non è potuto giungere a un matrimonio. Così ogni parte ora fa la vittima, sentendosi tradita da un partner sleale e infedele.

Nel passato ci sono state altre alleanze, anch’esse fallite per la stessa ragione. Per esempio il fronte repubblicano nato dall’alleanza fra RDR e FPI. Oggi si ipotizza già una unione fra il FPI di Affi N’Guessan e il PDCI di Konan Bédié; come pure un avvicinamento fra la tendenza PDCI di Adjoumani Kobenan e il RDR di Alassane Ouattara. Soro Guillaume, potrebbe scegliere di avvicinarsi al FPI di Aboudramane Sangaré o al PDCI di Konan Bédié, a meno di essere proposto da Alassane Ouattara come candidato alla presidenza della Repubblica.

Tutto questo lascia vedere nel cielo politico ivoriano nuvole fitte, preludio quasi certo di turbolenza. Guardando avanti verso il 2020 – l’anno delle elezioni – possiamo solo incrociare le ditta e trattenere il fiato. E alla domanda: “Che ne sarà della Costa d’Avorio?” possiamo solo ripondere: “Aspettiamo e vediamo”.