Guinea Bissau: «La nostra corsa per mandare le bambine a scuola»

Guinea Bissau: «La nostra corsa per mandare le bambine a scuola»

Oggi il 50 per cento degli alunni in 19 scuole rurali della Guinea Bissau sono femmine. Le Missionarie dell’Immacolata hanno raggiunto questo risultato puntando sull’alleanza con le donne più grandi, le “maestre” dei villaggi. E ora partecipano a Run4Dignity.

20160420_124233All’inizio la maggior parte degli alunni erano maschi. «Nella aree rurali della Guinea Bissau le ragazze venivano preparate per il matrimonio, per diventare brave mogli e madri dalle “maestre”, le donne più anziane incaricate della formazione tradizionale nei villaggi. Ci dicevano che la scuola per loro era inutile». Suor Alessandra Bonfanti, 60 anni, da 16 lavora accanto alle donne in Guinea Bissau insieme alle sue consorelle delle Missionarie dell’Immacolata. Con gli alunni (e le alunne) di 18 scuole ha aderito alla campagna del Pime Run4Dignity, che prevede il riciclo delle scarpe da corsa usate e l’invio di scarpe nuove in tre missioni del Pime in occasione di Tutta un’altra festa, la fiera del commercio equo e solidale che si tiene al Pime di Milano dal 20 al 22 maggio. Suor Alessandra corre con una meta ben precisa: l’istruzione per tutti.

Perché le bambine hanno meno accesso all’istruzione?

In Guinea Bissau c’è ancora un percentuale alta di analfabetismo. Nell’area dove siamo presenti, tra Bissorà e Mansoa, nel nord-ovest del Paese molte ragazze non frequentano la scuola o la abbandonano dopo i primi anni. Uno dei problemi è di carattere economico, quando la famiglia deve scegliere tra il figlio maschio o femmina la scelta cade sempre sul maschio e la femmina è discriminata. Un altro fattore di abbandono della scuola da parte delle ragazze è la gravidanza precoce o il matrimonio forzato.

Com’è cominciata la vostra presenza nelle scuole?

È iniziata trent’anni fa. Lo Stato nelle aree rurali era assente e non pagava gli stipendi agli insegnanti che, di conseguenza, si cercavano un lavoro alternativo per mantenere la famiglia. Una delle nostre consorelle, suore Gianna, cominciò a dare un sacco di riso agli insegnanti per assicurare la loro presenza a scuola e l’educazione degli alunni. Con il passare del tempo la nostra presenza si è evoluta: oggi le nostre scuole sono 18 e funzionano secondo un modello di gestione condivisa tra lo Stato, il villaggio e noi suore come rappresentati delle diocesi.

Come avete lavorato per promuovere l’istruzione per le bambine?

Quando ci chiedono di collaborare alla gestione di una scuola chiediamo sempre una buona partecipazione delle bambine. Oggi nelle nostre scuole quasi la metà dei 5000 alunni sono ragazze. In tutti i villaggi noi suore abbiamo lavorato molto per sensibilizzare le donne grandi, le anziane, perché capissero l’importanza della scuola anche per le bambine. Negare il dritto all’istruzione per le ragazze significa renderle vulnerabili a situazioni di abuso e sfruttamento.

C’è una storia che desidera raccontarci?

Potrei raccontare tante storie di ragazze che hanno lottato, sofferto per frequentare la scuola. Alcune grazie alla loro forza e coraggio oggi sono arrivate all’università, altre sono insegnanti nelle nostre scuole. Racconto la storia di Foodbointche, una ragazzina di un villaggio di etnia balanta dove abbiamo una delle nostre scuole. Conoscevo bene la famiglia, andavo spesso visitarli. Questa bimba stava sempre a lavorare, pulire, prendere l’acqua alla fonte, cucinare… ma niente scuola. E quando cercavo di entrare nel discorso con la sua “maestra” ( colei che è responsabile per la preparazione  per la vita) cambiava argomento, diceva che non non era intelligente come il fratello maschio, che doveva prepararsi per il matrimonio e per questo la scuola non serviva. Foodbointche aveva 9 anni e tanto desiderio di frequentare la scuola. Alla fine i suoi dissero che il problema era di carattere economico. Riuscimmo a raccogliere una somma per permettere alla bimba di iscriversi alla scuola e fornimmo anche il materiale scolastico. Alla fine la sua famiglia accettò.

Tutto bene, quindi?

Non proprio. Dopo tre anni Foodbointche smise d’un tratto di presentarsi a scuola. Avevano deciso di darla in moglie a un uomo “grande”, che aveva già due mogli. Foodbointche scappò di casa e venne da noi a chiedere aiuto. Ci disse che non voleva sposare quell’uomo, tantomeno ora che stava andando a scuola. L’abbiamo aiutata attraverso le autorità ed è stata capace di sopportare tutto pur di continuare la scuola e non andare in matrimonio. Ora sta finendo il liceo: è una bella ragazzina e si sente libera. Vive in una famiglia della missione che l’ha accolta come una figlia, sa farsi voler bene e domani sarà una donna formata, che continuerà a lottare perché altre ragazze siano liberate da questa pratica del matrimonio forzato.

La campagna Run4Dignity ha invitato le persone a donare scarpe nuove che saranno inviate anche da voi in Guinea. Come le userete?

Ai nostri ragazzi e ragazze delle scuole abbiamo spiegato cosa sta succedendo, abbiamo parlato delle Olimpiadi che la maggior parte di loro non conosce,  e di come anche noi possiamo partecipare a  questa corsa ma con una meta ben precisa.  Nelle nostre scuole abbiamo organizzato marce o corse  come  manifestazione di adesione alla campagna. Per quanto riguarda le scarpe da tennis, che qui sono amatissime, abbiamo pensato di darle come premio a coloro che termineranno la sesta classe nelle nostre scuole e andranno al Liceo. Come incoraggiamento a continuare a correre per la loro dignità e quella di tutti.