Brasile: la nostra Chiesa galleggiante

Brasile: la nostra Chiesa galleggiante

L’impegno pastorale dei missionari del pime Raul Bonte Có e Carlos Carmona Castro con le 120 comunità distribuite sulle isole del grande arcipelago di Santana sul Rio delle Amazzoni, nell’Amapá: «Qui la visita dei sacerdoti è una festa»

Preparare i materiali per la Messa, le catechesi e la formazione, oltre ai pacchi alimentari per i poveri, la sera precedente e poi svegliarsi la mattina seguente prima che il gallo canti; arrivare all’alba al porto, appesantiti dai bagagli per poi salire a bordo. Infine, affrontare ore e ore di viaggio in barca attraverso le acque del Rio delle Amazzoni. È così che i due giovani missionari padre Raul Bonte Có e padre Carlos Carmona Castro viaggiano durante le loro visite alle comunità lungo il fiume della parrocchia Nossa Senhora dos Navegantes a Santana, Amapá.
Siamo in una delle missioni del Pime nel Nord del Brasile, nella diocesi di Macapá. Padre Raul, originario della Guinea-Bissau, è parroco del grande arcipelago da poco più di un anno. La parrocchia conta 120 comunità in 16 settori, che prendono il loro nome dagli uccelli della regione. Alcune sono vicine tra loro, altre no. Pertanto, la parrocchia non ha una “chiesa madre” sulla terraferma, ma solo un ufficio nella città di Santana e un centro pastorale per incontri nella comunità di Guajará.

Le comunità si trovano invece nello Stato di Pará, nei comuni di Afuá, Gurupá e Breves. «Il nostro itinerario dura dai dieci ai quindici giorni, e prevede formazione, Messa e celebrazioni dei sacramenti. Tornati in città, rifacciamo la programmazione per riprendere presto questo itinerario pastorale», spiega padre Raul. L’Alpino, la barca che i missionari usano per navigare, ha tutto ciò di cui ha bisogno una chiesa parrocchiale: libri e oggetti liturgici, un mini negozio di articoli religiosi, pacchi alimentari di prima necessità per le famiglie bisognose e viveri per il viaggio.
Padre Carlos, messicano, vicario parrocchiale da sei mesi, racconta: «Navigare sul fiume non è come guidare in città. La comunicazione in tempo reale è difficile perché, sulle isole, non tutti hanno accesso a internet. Un’altra sfida è economica perché, sebbene la parrocchia sia la più grande della diocesi, è la più povera. E c’è il problema di garantire la nostra presenza in tutte le realtà: per esempio la comunità di São Bento, sull’Isola da Roberta a Breves, è a circa 7-8 ore di navigazione e la sua accessibilità dipende dalla marea».
Sebbene la logistica sia impegnativa, questa non è la preoccupazione maggiore per i missionari: «La difficoltà pastorale in questo momento è la mancanza di catechisti in alcune comunità», spiega padre Raul. «In nostra assenza, sono i leader e coordinatori locali a dare assistenza e accompagnare i fedeli. Quando torniamo, sei mesi dopo l’ultima visita, ci informano delle difficoltà e delle conquiste comunitarie. Pertanto, i laici sono indispensabili all’attività pastorale: se la parrocchia va avanti è grazie al loro lavoro. In uno spirito di sinodalità, ognuno cerca di fare la propria parte», afferma padre Raul.

Elton Monteiro de Costa dirige la comunità di Guajará in assenza di sacerdoti. Fa la celebrazione della Parola alla domenica, visita le famiglie e recita il rosario con loro. Nonostante l’autonomia, Elton ammette: «L’arrivo dei sacerdoti è un momento radioso per noi. È il calore dell’emozione di una comunità diversa. È una luce che si accende sempre di più». Il sentimento è reciproco, confessa padre Carlos: «La felicità più grande che provo durante le visite è quando percepisco la gioia della gente quando arriva il sacerdote. Tutti lo attendono con ansia per celebrare i sacramenti, fare formazione, trascorrere l’intera giornata in comunità».
Durante lo scorso anno, la parrocchia ha lavorato sul tema del Sinodo, convocato da Papa Francesco: “Partecipazione, comunione e missione”. Ci sono stati momenti di formazione e riflessione, a partire dalle risposte ai questionari del Sinodo. A livello locale, la parrocchia ha fatto un passo concreto: «Alla fine dell’anno abbiamo messo in pratica le tre parole: partecipazione, comunione e missione, unendo piccole comunità per creare uno spirito di condivisione. Lavoriamo affinché questa mentalità di sinodalità e apertura abbracci l’intera parrocchia», racconta padre Carlos, aggiungendo che la maggioranza delle persone ha accettato questa nuova configurazione ecclesiale e che, con l’unificazione di comunità più piccole, diventa più facile per i missionari svolgere visite e lavoro pastorale.

Il missionario ammette che le visite sono insufficienti per un buon lavoro pastorale e sociale nelle isole: «È importante avere un luogo fisso, una casa all’interno del territorio in modo che noi sacerdoti possiamo essere più disponibili verso chiunque abbia bisogno, e garantire un servizio che vada oltre le visite programmate». Questo permetterebbe anche di accogliere persone che vengono dall’estero e vogliono fare un’esperienza missionaria sulle isole. Padre Raul, a sua volta, immagina un altro progetto: il diaconato permanente, come risultato dell’esperienza sinodale. «Abbiamo concluso che è necessario avere collaboratori diretti sul territorio durante la nostra assenza. Non solo persone per soddisfare le esigenze locali, ma disposte a dedicare la propria vita come vocazione al servizio della Chiesa universale». I sacerdoti affermano di essere entrambi dediti a sensibilizzare e incoraggiare i laici che sentono questa chiamata. Attualmente la parrocchia ha un diacono permanente attivo, oltre a un candidato in formazione, e i due missionari sono fiduciosi che in futuro ne avranno altri: «Con l’aiuto di diaconi, leader e coordinatori locali, il lavoro pastorale sarà molto migliore», concludono.