Un’estate di servizio in Palestina

Un’estate di servizio in Palestina

Un viaggio per scoprire se stessi, per mettersi a servizio, ma anche per scoprire il volto di una Chiesa che incarna il Vangelo in modo autentico. L’esperienza di Maria Vittoria Mondini, grazie al percorso Mission Exposure promosso dal Pime presso l’Università Cattolica di Milano

Partire per capire chi si è, se la vita che si conduce ogni giorno e le scelte fatte restano salde oppure no. Trovare il coraggio di mettersi in gioco nella relazione con sé e con gli altri per vedere che cosa accade. Così è stato quando ho deciso di partire per la Palestina insieme ad altre tre studentesse: tre settimane al servizio degli altri collaborando alle attività di Pro Terra Sancta, ong che fa rete tra associazioni che si occupano di sostegno alle persone.
Ventuno giorni trascorsi tra una casa di accoglienza per uomini con disagi mentali gestita dalle missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta e una Rsa per anziane sole, amministrata dalle suore dell’ordine di Santa Maria dell’Orto.
Facevamo i turni: chi era di mattina nella casa di accoglienza aiutava a pulire, preparava il pranzo o lavava i panni, rigorosamente a mano perché la regola prevede la povertà assoluta e quindi nessuna lavatrice. Chi era presente il pomeriggio faceva intrattenimento e animazione. Anche nella Rsa ognuna di noi si è messa in gioco secondo la propria indole: io giocavo a carte o disegnavo, c’era chi faceva le acconciature alle signore, chi metteva la musica e intratteneva, chi girava nelle stanze per fare compagnia alle persone a letto. Ho deciso di intraprendere questo viaggio perché mi sentivo “fuori dalla realtà” e volevo indagare anche il mio percorso di fede, trovare la Chiesa che mi piace, una Chiesa che mi rappresenti e incarni il Vangelo in modo autentico. L’incontro con le suore dei due ordini è stato determinante: erano tutte adorabili. Nelle missionarie di Madre Teresa ho visto i volti di angeli: erano sempre serene, ci accoglievano cantando e ridendo, non si adiravano mai, trovavano il lato positivo in ogni cosa. A questo proposito c’è un episodio che ricordo in particolare: un giorno un uomo ha dato un pugno a un altro ospite della casa di accoglienza; allora le suore lo hanno guardato negli occhi e gli hanno chiesto: “Tu daresti mai un pugno a tuo fratello?”. Quest’uomo, che non parlava alcuna lingua, è andato a cercare la loro mano, non sapeva come esprimersi ma aveva capito di aver sbagliato.
Dopo l’esperienza in Terra Santa – che è stata anche l’occasione per scoprire luoghi come Gerusalemme, Nazareth, il Lago di Tiberiade… – rientrata in Italia ho cominciato a fare volontariato nell’associazione “La piccioletta barca”, che opera a Milano contro l’abbandono scolastico: qui i bambini parlano tutti arabo, mi sembra di essere ancora in Palestina!
Questo viaggio mi ha insegnato che per essere belle persone bisogna essere aderenti alla realtà, capire i problemi degli altri. Per ora tengo quest’esperienza nel cuore, ho imparato tanto, magari tra due anni tornerò.