Amazzonia, il Sinodo di una Chiesa missionaria

Amazzonia, il Sinodo di una Chiesa missionaria

All’Università Gregoriana un convegno ha fatto al punto delle attese sull’evento convocato da papa Francesco per il mese di ottobre. Il cardinale Hummes: «Da questa Chiesa povera che vive tra i poveri un’alternativa alla globalizzazione del paradigma tecnocratico»

 

Papa Francesco l’ha definita “polmone del pianeta” e luogo di “enorme importanza per l’ecosistema mondiale e il futuro dell’umanità” (LS 37-38). L’Amazzonia, da periferia del mondo si prepara a essere al centro della Chiesa, in vista del Sinodo che avrà luogo a ottobre. Le attese del popolo amazzonico, il contesto e le esperienze dei missionari sono state al centro del convegno «Amazzonia: sfide e prospettive per la casa comune» tenutosi il 16 maggio alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.

«La sfida è riconoscere il significato del globale per il locale – ha detto il cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in un video messaggio realizzato per l’occasione -. Se l’Amazzonia ha valore per l’umanità, la famiglia umana deve riconoscere che questo tesoro è locale, sviluppare una visione a lungo termine delle cose e maturare una responsabilità intergenerazionale».

Al convegno sono intervenuti il cardinale Cláudio Hummes e il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, rispettivamente Presidente e Vice Presiente della REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica). «Nella crisi climatica mondiale l’Amazzonia occupa una grande importanza – ha affermato il cardinale Hummes – perché la sua degradazione, la deforestazione e il crescente inquinamento mettono a rischio l’avvenire del pianeta». Il presidente della REPAM ha descritto quella che ha definito una crisi “urgente” e le conseguenze devastanti sul mondo, causate dall’effetto serra, dalla «globalizzazione del paradigma tecnocratico» e dall’individualismo che marca la struttura delle società e l’economia mondiale.

Nel quadro di crisi planetaria, la Chiesa però conserva la speranza, ed è chiamata a farlo anche quella dell’Amazzonia che, il cardinale Hummes descrive così: «È una Chiesa missionaria, già secolare, eroica, povera, instancabile che vive tra i più poveri, ma con grande difficoltà in termini di distanze, solitudine nella foresta, insufficienza di missionari».

Il cardinale Barreto ha invece spiegato che il prossimo Sinodo per l’Amazzonia si inserisce in un quadro di iniziative per la cura del creato che la Chiesa sta portando avanti da tempo: «Come in Amazzonia dove tanti fiumi si riversano nel Rio delle Amazzoni, così la Chiesa fa confluire in questo Sinodo molti sforzi per la cura della casa comune».

Dalla Populorum Progessio in poi i Papi hanno indicato chiaramente l’urgenza di un nuovo modello di sviluppo ed è particolarmente attivo in questo Papa Bergoglio. Il prossimo Sinodo per l’Amazzonia, sulla scia dell’enciclica Laudato Si’. dovrà quindi dare «una risposta sinodale sulla cura della casa comune» e aiutare la Chiesa a «Amazzonizzarsi» e a «Laudatosizzarsi».

Fondamentale sarà, però, anche preservare la ricchezza delle diversità locali. L’Amazzonia, infatti, si estende su nove stati, e tra i suoi 33 milioni di abitanti, 3 milioni sono indigeni, a loro volta diversificati in 385 popolazioni che parlano 240 lingue diverse. Il cardinale Barreto, oggi arcivescovo di Huancayo (Perù), ha raccontato dell’impegno della Chiesa nell’ascoltare i popoli dell’Amazzonia, visibile anche nel viaggio del Papa a Puerto Maldonado del gennaio 2018. Il Sinodo in questo senso è già iniziato, anche grazie ai 260 punti di ascolto sinodale sparsi in tutta la Panamazzonia a cui hanno partecipato migliaia di famiglie, parrocchie, catechisti.

Padre David Romero, missionario gesuita in Amazzonia, ha offerto la sua esperienza per tracciare le sfide e le opportunità del prossimo Sinodo. Servirà per «sensibilizzare la società alla difesa dell’Amazzonia, a considerare nuove vie per la Chiesa, a ricercare vie alternative dove per i problemi delle grandi distanze mancano sacerdoti e la possibilità di avere l’Eucarestia». Allo stesso tempo il Sinodo rappresenta già un momento di grazia perché l’Amazzonia è sotto gli occhi del mondo e c’è movimento, voglia di riunirsi, di farsi ascoltare.

Dalla Segreteria Generale del Sinodo per l’Amazzonia, è intervenuto padre Pablo Mora Mendonza, che ha parlato dell’esperienza positiva delle scuole di “Fe y alegria” e del ruolo dell’educazione specialmente in un contesto povero e frammentato come l’Amazzonia. «Il problema della povertà non è per la mancanza di risorse. È un problema che ha un nome e si chiama iniquità», ha denunciato poi nel suo intervento Maurizio Lopez, membro del Consiglio Sinodale e Segretario Esecutivo della REPAM.

Padre Adelson Araujo Dos Santos dell’Istituto di Spiritualità della Gregoriana si è soffermato sui contributi che la spiritualità indigena può dare alla Chiesa, come la consapevolezza dell’interconnessione del creato e l’armonia con la natura. Oggi i missionari si trovano a contatto con due realtà differenti: quella delle comunità indigene già “cristianizzate”, che chiedono di essere accompagnate nei sacramenti e nella vita di fede, pur mantenendo le loro tradizioni e le loro culture, e quella delle popolazioni che non sono mai state cristianizzate e mantengono la loro religione.

«Il Sinodo potrà dare coscienza dell’ecologia integrale (che riguarda ambiente e sociale), della necessità di una politica integrata e della nozione di casa comune», ha spiegato a Mondo e Missione don Augusto Zampini Davies del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. «Mi aspetto che per tutti noi sia un’occasione per recuperare una dimensione spirituale contemplativa della natura, ascetica e liturgica», ha affermato.

Sul ruolo delle donne che segnano la vita dell’Amazzonia ha parlato suor Gloria Liliana Franco Echeverri, Presidente della CLAR (Confederación Caribeña y Latinoamericana de Religiosas/os). Reduce dall’ultimo Sinodo sui Giovani, ha dato infine il suo contributo anche padre Giacomo Costa, Direttore responsabile di «Aggiornamenti sociali». Roberto Carrasco Rojas dell’Università Pontificia Salesiana ha raccontato la sua esperienza di accompagnamento del popolo amazzonico, per concludere con Tomás Insua, Direttore Esecutivo del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima: «È il tempo della reazione e la Chiesa deve alzare una voce profetica per proteggere l’uomo dall’autodistruzione».