Giappone, la corsa al dopo Abe

Giappone, la corsa al dopo Abe

Il 14 settembre l’elezione interna al Partito liberal-democratico che designerà il nuovo leader e capo del governo dopo le dimissioni di Shinzo Abe. In più accreditato è l’attuale braccio destro Yoshihide Suga, favorito sull’ex ministro della Difesa Ishiba. Ma per chiunque vincerà non sarà facile affrontare la crisi dell’economia

 

La prospettiva di un ricambio alla guida del governo giapponese difficilmente poteva arrivare in un momento peggiore, ma l’annuncio del ritiro di Shinzo Abe – confermato il 28 agosto e dovuto anzitutto a ragioni di salute – era nell’aria da tempo. Il sessantasettenne Abe non si ritirerà però dalla politica attiva come parlamentare del Partito liberal-democratico (Pld). Il suo successore alla presidenza del partito e – come prassi nella politica nipponica – nella carica di capo del governo, sarà scelto da una consultazione interna alla leadership liberal-democratica dopo un breve ma intenso dibattito che scatterà l’8 settembre e porterà a una elezione il 14. Per ridurre i tempi ma anche per impedire eccessive fronde interne che avrebbero ulteriormente messo in difficoltà il partito, il voto non coinvolgerà oltre un milione di tesserati, ma soltanto i 394 parlamentari in carica o emeriti e i 141 delegati delle varie sezioni regionali. Toccherà poi a una sessione speciale della Dieta (parlamento), con ogni probabilità convocata il 16 settembre, approvare formalmente il candidato-premier.

Inevitabilmente in un tempo particolare come quello che stiamo vivendo – e ancor più per l’impronta lasciata da Abe nei 104 mesi di premierato (il secondo per lui dopo quello 2006-2007 e il più lungo senza interruzioni nella storia post-bellica del Paese) – l’attenzione è al momento concentrata sul proseguimento delle sue politiche e sul suo successore che emergerà dai delicati equilibri di correnti, più che dal confronto di personalità o capacità.

Per ora, la posizione migliore all’interno del partito è quella del segretario di gabinetto,Yoshihide Suga, braccio destro di Shinzo Abe negli ultimi otto anni. A lui, che mercoledì scorso ha proposto ufficialmente la propria candidatura, potrebbe andare il 70 per cento dei consensi. Suoi principali rivali, anche se distanziati dovrebbero essere l’ex ministro degli Esteri Fumio Kishida e l’ex responsabile della Difesa, Shigeru Ishiba, pure ufficialmente candidati. A quest’ultimo, però, un recente sondaggio ha assegnato il 34 per cento delle preferenze dell’elettorato; Ishiba manca di un forte sostegno interno ed è fautore di una linea divergente rispetto a quella di Abe. Lo stesso sondaggio dell’Agenzia Kyodo ha indicato come molto lontani da Ishiba, ma a breve distanza dal 14,3 per cento di Suga, l’attuale ministro della Difesa, Taro Kono, e il ministro dell’Ambiente, Shinjiro Koizumi, con Kishida ancora meno favorito. Successivamente, però, sia Kono sia Koizumi (eredi di dinastie politiche, come peraltro Abe) hanno dichiarato la loro indisponibilità.

A favore di Suga giocherebbe il peso determinante delle fazioni che fanno capo al segretario generale del Partito liberal-democratico, Toshihiro Nikai e all’ex segretario generale, Hiroyuki Hosoda; mentre le fazioni a sostegno di Kishida e Ishiba sono assolutamente minoritarie con 47 e 19 membri rispettivamente.

La via per Suga verso il controllo del partito e la guida del governo sembrerebbe quindi aperta, ma il successore di Abe, chiunque sarà, si troverà ad affrontare pesanti situazioni sul piano economico, diplomatico e della sicurezza. Riguardo il primo, avrà poche alternative a proseguire nella politica significativamente battezzata Abenomics con le sue “tre punte”: espansione monetaria, politica fiscale, crescita, con risultati altalenanti, sia per crisi ricorrenti (disastri naturali, contesa commerciale Cina-Usa), sia per un aggravarsi delle tendenze demografiche. Sulla popolarità di Abe ha pesato l’aumento in due tempi dell’Iva dal 5 al 10 per cento, necessario per alimentare un welfare in sofferenza e stimolare la ripresa. Tuttavia la forza del principale indice della Borsa di Tokyo – passato da 10mila punti all’avvio del premierato ai 23mila attuali – evidenzia una fiducia persistente nel sistema-Giappone. Davanti a una contrazione del Pil prossima al 28% tra aprile e giugno, vi sono concrete preoccupazioni che la politica di liquidità monetaria applicata finora possa essere mantenuta a questi livelli. E una delle sue conseguenze, il debito pubblico previsto in ascesa per quest’anno al 251 per cento del Pil, potrebbe essere impossibile da ignorare senza certezze di ripresa.