Haiti ferita prova a rialzarsi

Haiti ferita prova a rialzarsi

Il sisma è stato solo l’ultimo dramma per un Paese segnato da povertà e instabilità. La sfida di ripartire e l’aiuto della Fondazione Pime

Le dolorose immagini delle macerie, degli edifici squarciati, delle case collassate su se stesse; i fotogrammi della gente in fuga a piedi scalzi o alla disperata ricerca dei propri cari sepolti sotto metri cubi di detriti. Scene di ordinaria devastazione, consumate in fretta nei nostri telegiornali nel cuore di agosto.
La terra è tornata a tremare nel cuore dei Caraibi riportando Haiti a fare i conti con il suo tragico destino di isola falcidiata dalle calamità naturali. Un terremoto di magnitudo 7.2 della scala Richter con epicentro lungo la costa sud-occidentale del Paese ha provocato quasi 2.500 morti, 12 mila feriti, oltre mezzo milione di sfollati e un ammontare incalcolabile di danni agli edifici soprattutto nelle città di Les Cayes e Jeremie e in piccoli centri come Maniche e Aquin, già normalmente difficili da raggiungere percorrendo le strade secondarie.

La mente – non solo quella del popolo haitiano – è subito corsa a quel tremendo gennaio del 2010 quando un altro terremoto (meno forte in intensità, ma più prorompente nella devastazione) decimò la popolazione e distrusse la capitale, Port-au-Prince. Del resto Haiti sorge sull’intersezione di due tra le più grandi placche terrestri (la placca nordamericana e quella caraibica), rendendo l’isola estremamente soggetta a violente scosse sismiche.

A due mesi di distanza la situazione rimane estremamente critica, come riferiscono le numerose ong, onlus e associazioni sparse sul territorio. Troppe le famiglie ancora senza riparo e in stato di grave indigenza. L’insi­cu­rezza alimentare e la scarsità di kit medici continuano a essere un problema urgente. Così come preoccupa la crescente insicurezza dei minori che hanno perso i genitori dopo il terremoto: nelle zone colpite si parla di quasi duemila bambini rimasti orfani in seguito al sisma e che potrebbero finire nel giro della tratta o vittime di violenza e abusi. Ma non sono solo i terremoti e gli uragani a fiaccare il Paese. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati anche da una forte e quanto mai deleteria instabilità politica, culminata nel mese di luglio con l’omicidio del presidente, Jovenel Moïse. «È incredibile come questo Paese non riesca a trovare un po’ di respiro» racconta Maurizio Barcaro, missionario laico da molti anni a Port-au-Prince, che la Fondazione Pime aiuta attraverso i progetti del Sostegno a distanza per i ragazzi (vedi box a fianco). «Il villaggio, la scuola e le varie casette che avevamo costruito a Jeremie sono in una zona collinosa a 7 chilomteri dalla città e grazie a Dio non hanno subito alcun danno – riferisce Barcaro -. In compenso, già prima del terremoto beni di prima necessita come riso, olio, fagioli, latte, zucchero e farina erano più costosi a causa della difficoltà e del pericolo nel trasportare qualsiasi materiale dalla capitale». A maggior ragione lo sono ora: in alcune delle zone terremotate, camion carichi di beni di prima necessità sono stati presi d’assalto dalla gente stremata e affamata. Anche per questo, la Fondazione Pime ha deciso di riaprire il fondo “S112 Emergenza Haiti”, che era già stato attivo in occasione della catastrofe del 2010.

«Dal 2018 Haiti ha conosciuto gravi problemi politici marcati da manifestazioni violente e blocchi periodici del Paese. L’inflazione e il rialzo generalizzato dei prezzi sono conseguenze del vertiginoso aumento della criminalità che detta legge da mesi». Una criminalità che ha ormai assunto un ruolo preponderante in molte zone della capitale e che tiene in ostaggio la popolazione. Diversi i casi di rapimento a scopo di ricatto ed estorsione, centinaia gli omicidi e le violenze sulle donne. Bande criminali che, fino alla morte di Moïse, godevano persino del beneplacito del governo. «Quando a luglio è stato assassinato il presidente si è avuta l’impressione di aver toccato il fondo – prosegue Barcaro -. Purtroppo, il peggio non era ancora arrivato».
L’impressione, nemmeno troppo peregrina, è che questo Paese in costante caduta sia destinato a non avere mai un fondo da toccare e dal quale potersi rialzare. Haiti pare essere contesa in un eterno braccio di ferro tra la caparbietà e la tenacia del suo popolo e la fragilità del proprio destino. Una riflessione avanzata anche da padre Bobby Gilmore, missionario irlandese di San Colombano che ha operato per diversi anni in Giamaica: «Haiti, come molte altre isole dei Caraibi, è vulnerabile sia alla storia che alla geografia – scrive -. Entrambe, secondo una nuova parola inserita nel dizionario dei Caraibi, hanno portato alla “haitizzazione”: sottosviluppo e miseria senza fine per il popolo. Altre isole dei Caraibi sperimentano uragani e a volte terremoti. Ma non la devastazione di Haiti».
Come se non bastassero già di per sé il terremoto, la simil-anarchia instaurata dalle bande criminali, il passaggio dell’uragano Grace qualche giorno dopo il sisma, l’omicidio del presidente Moïse e una popolazione sempre più impoverita, l’isola caraibica ora sembra essere esposta anche al rischio di epidemie pronte a diffondersi tra il popolo degli sfollati. Non si tratta solo del Covid-19 – faticosamente contenuto nonostante il precario sistema sanitario haitiano -, ma di tutte quelle malattie infettive che proliferano in mancanza di condizioni igieniche adeguate e di cure tempestive.
«Il mio rispetto per questo popolo aumenta di giorno in giorno – conclude Barcaro -. Passano da una prova all’altra con molto coraggio e dignità. Piangono, si disperano ma giusto il tempo necessario, poi si tolgono la “polvere” dalle spalle e la vita continua». Di qui la sfida: mentre l’opinione pubblica ha già relegato la catastrofe haitiana a notizia di secondo piano, dare prova ulteriore di forza e pragmatismo: fare dell’isola un avamposto di speranza, dopo aver toccato il fondo. Ancora una volta.

 

Il fondo per dare una mano
Di fronte alle drammatiche notizie sul terremoto, la Fondazione Pime ha riaperto il fondo “S112 Emergenza Haiti”, che era già stato attivo in occasione della catastrofe del 2010. Sosterrà in particolare le attività portate avanti dalla Fondazione locale Lakay Mwen guidata da Maurizio Barcaro. In progetto la costruzione di casette per i terremotati, la ristrutturazione di aule scolastiche distrutte e il sostegno alimentare alle famiglie. Chi vuole contribuire può farlo sul sito donazioni.pimemilano.com oppure attraverso le consuete modalità di donazione, specificando la causale “S112 Emergenza Haiti”.