Lunana, la scuola alla fine del mondo

Lunana, la scuola alla fine del mondo

Un film in corsa per gli Oscar 2022 racconta la storia di uno sperduto villaggio d’alta quota in Bhutan dove i bambini attendono con emozione l’arrivo di un maestro. E dove è normale tenere uno yak in classe

 

In Bhutan, il regno buddhista himalayano incastonato fra Cina e India, c’è un paesino di montagna che si chiama Lunana. È un luogo decisamente sperduto anche per gli stessi bhutanesi: si trova a 3400 m di altitudine, e per arrivarci serve camminare per una settimana da Gasa, l’ultimo centro abitato raggiungibile in auto, valicando un passo a quota oltre 5000 metri. Anche a Lunana, ci sono dei bambini e c’è una scuola elementare: la più remota del Paese. Nessuno saprebbe della sua esistenza se il regista e sceneggiatore Pawo Choyning Dorji, bhutanese nato in India, non avesse deciso di ambientarci un film, che sta per uscire anche in Italia con il titolo “Lunana: il villaggio alla fine del mondo” e che è candidato agli Oscar 2022 come Migliore Film Straniero.

La storia che racconta è uno specchio dei cambiamenti in corso in Bhutan. Solo da poco più di vent’anni, nel Paese è arrivata la televisione, mentre più di recente Internet e i cellulari hanno avvicinato le giovani generazioni al resto del mondo. Soprattutto nella capitale Thimphu, dove i ragazzi ascoltano musica occidentale e sognano di vivere all’estero. Ugyen, il protagonista del film, è uno di loro. È un maestro elementare, ma sogna di fare il cantante in Australia. Passa la notte al pub con gli amici, e alla mattina non ha voglia di alzarsi. La nonna con cui abita lo rimprovera, dicendogli che non troverà mai un lavoro. In realtà, Ugyen ha ancora un contratto governativo di un anno come insegnante. E quando va a colloquio dalla sua superiore, la sua svogliatezza viene punita con l’assegnazione di un incarico di alcuni mesi alla scuola di Lunana.

Per Ugyen è una tragedia: come potrà sopravvivere in un villaggio isolato, senza corrente elettrica e internet, tra pastori di yak e contadini? Il primo impatto è così sconvolgente che il giovane vuole tornare a casa, malgrado la festosa accoglienza riservatagli da tutto il villaggio e soprattutto dai bambini, felicissimi di avere un insegnante. Poi, decide di restare e di assolvere il suo compito, per non perdere l’opportunità di andarsene in Australia.

Quello che a Ugyen all’inizio pareva un inferno si rivelerà un piccolo paradiso. Il ragazzo scopre la bellezza dell’insegnamento nella gioia dei suoi bambini, e la frequentazione degli abitanti del villaggio gli farà riscoprire i valori fondanti della tradizione bhutanese, che pongono al centro il rispetto per l’età e l’autorità, e più in generale per l’ambiente e per gli altri esseri umani. C’è chi non lascia il villaggio per non abbandonare un genitore anziano; chi gli spiega l’importanza degli yak, considerati come membri della famiglia; chi canta per offrire la propria voce agli altri esseri viventi e alle divinità. L’esistenza umana non è certo facile in alta quota, ma gli abitanti di Lunana hanno imparato a sostentarsi con le risorse che la natura offre loro. Ovviamente non tutto è fabbricabile in modo autarchico: pertanto, le sneakers, la giacca a vento o i bei tessuti tradizionali – i bhutanesi hanno un abito nazionale, il gho maschile e la kira femminile – vengono acquistati a valle.

Il Bhutan è famoso per aver elaborato l’indice di Felicità nazionale lorda, che si misura con una serie di indicatori che attengono alla vita sociale: l’uso del tempo, il benessere psicologico, la cultura, la salute, l’istruzione. Anche la partecipazione alla vita della comunità e le relazioni sociali sono un fattore importante nella determinazione del benessere degli individui.

Come mai, si chiede il regista, in un Paese così attento alla felicità dei suoi cittadini, i giovani come Ugyen se ne vogliono andare? Semplice: l’attrattiva di nuovi paradigmi di vita più individualisti seduce anche i bhutanesi. Si cercano nuove esperienze e il successo personale, gettando alle spalle i valori tradizionali. In un mondo globalizzato, è scontato che i giovani aspirino a vivere come i loro coetanei cinesi o americani. Il percorso compiuto da Ugyen, da annoiato ragazzo della capitale a persona partecipe e apprezzata a Lunana, racconta che non bisogna mai perdere le proprie radici. Anche se oggi non si può pensare di vivere senza elettricità o di camminare per otto giorni fra le montagne per poter acquistare quaderni e penne per la scuola dei bambini, la comunità di Lunana ci mostra come si può essere felici con poco, se ogni persona è valorizzata per il suo ruolo all’interno della comunità.

Una curiosità: per girare il film, Pawo Choyning Dorji ha dovuto utilizzare batterie a carica solare. Non essendoci elettricità, non esistono frigoriferi a Lunana. Pertanto, la troupe si è dovuta portare cibi in scatola ed essiccati. A parte tre attori non professionisti provenienti da Thimphu, tutti coloro che recitano nel film sono stati reclutati fra gli abitanti di Lunana, che in vita loro non hanno mai visto un film, né una videocamera e che sono stati coinvolti dal regista per rappresentare se stessi. I bambini, mai scesi a valle, non conoscono neppure le automobili, ma lo scorso anno forse avranno visto per la prima volta un elicottero scendere dal cielo. Il piccolo ma efficiente regno bhutanese ha infatti cercato di vaccinare contro il Covid i suoi cittadini anche nei paesi d’alta montagna più sperduti.