Porte che aprono squarci di misericordia

Porte che aprono squarci di misericordia

La decisione di aprire porte sante del Giubileo in tutte le diocesi del mondo ha decentrato lo sguardo, e gettato una luce anche su Paesi e realtà che non sono sotto i riflettori dei media.

Per la prima volta, per volontà di papa Bergoglio, le porte sante per il Giubileo della misericordia saranno aperte non solo a Roma ma in tutto il mondo, non solo nelle cattedrali e nei santuari ma anche in semplici chiese dal significato particolare indicate dalle singole diocesi.

Già nel 2000 era possibile vivere il Giubileo e ottenere l’indulgenza nella propria diocesi, ma il gesto solenne dell’apertura di porte sante in tutti i continenti ha decentrato lo sguardo, e gettato una luce anche su Paesi e realtà che non sono sotto i riflettori dei media.

CENTRAFRICA – Decidendo di aprire la porta santa nella cattedrale di Bangui, addirittura prima che a Roma, Papa Francesco ha sottolineato ancora di più l’intenzione e il significato di questo gesto: «La porta della misericordia di Dio è sempre aperta», ovunque e in qualsiasi situazione, perché «è Gesù – ricorda il Papa – la Porta di Dio».

SUD SUDAN – Sempre in Africa, l’apertura della porta santa della cattedrale St. Therese di Juba, in Sud Sudan, è un richiamo alla pace e alla riconciliazione molto forte, rivolto non solo ai leader del Paese – il presidente Salva Kir, peraltro, è cattolico – ma anche a tutta la popolazione, per un cambiamento profondo degli animi. Dopo oltre vent’anni di guerra con il Nord, il Sud Sudan si ritrova a fare i conti con un conflitto interno e fratricida che si trascina ormai da due anni e ha provocato una crisi umanitaria gravissima: 2,5 milioni di sfollati e 4,5 milioni di persone che rischiano di morire di fame, su 12 milioni di abitanti. Qui il Giubileo  della misericordia lascerà anche un segno concreto:  a metà 2016 aprirà il Trauma Healing Centre, un centro di formazione umana e spirituale, di guarigione dei traumi e di promozione del dialogo, realizzato su iniziativa dei religiosi e dei missionari presenti nel Paese, appartenenti a 43 congregazioni, e grazie alla generosità della Conferenza episcopale italiana. «Un bel segno di unità in una terra che sembra sulla via della più devastante frammentazione – commenta il missionario comboniano padre Daniele Moschetti, coinvolto in prima persona nell’iniziativa -. Tutti, un po’ alla volta, si stanno rendendo conto dell’importanza di lavorare con le persone, di promuovere l’incontro, il dialogo e la conoscenza reciproca per superare pregiudizi e diffidenze, condividere sofferenze e paure, ma anche per valorizzare le ricchezze culturali e le potenzialità di ciascuno».

SIRIA – La misericordia apre porte anche nei luoghi più caldi del pianeta: ad Aleppo, la città martire siriana, sotto assedio dal 2012, nella parrocchia di San Francesco, colpita e danneggiata il 25 ottobre scorso da un lancio di granate. Secondo il parroco Ibrahim Alzabagh, il Giubileo è «una grande occasione per chiedere il dono della pace e la conversione dei cuori, anche quelli dei potenti. La mia gente continua a pregare – ha detto –  e l’attacco che abbiamo subito il 25 ottobre non ha piegato la nostra fede. Anzi, proprio la dinamica del fatto ci ha resi ancora più consapevoli che siamo oggetto di misericordia da parte del Signore: l’ordigno scagliato contro la chiesa ha colpito la cupola ed è rimbalzato sul tetto, se fosse entrato subito avrebbe provocato una strage perché c’erano 400 persone a Messa». Dei quattro milioni di abitanti che facevano di Aleppo la città più popolosa del Paese, sono rimasti 1 milione 900mila, i cristiani sono scesi da 200mila a 90mila, e vivono tutti nei quartieri controllati dalle forze governative. Nel quartiere di Azizieh, la parrocchia di San Francesco è l’unica rimasta accessibile, mentre metà delle trenta che erano aperte prima del conflitto sono distrutte o inagibili. Qui i francescani continuano la loro opera di aiuto alla popolazione e testimoniano la possibilità di una convivenza tra cristiani e musulmani in un momento in cui la diffidenza rischia di prevalere.

PALESTINA – È una porta santa in mezzo a una prigione a cielo aperto quella della piccola parrocchia  della Sacra Famiglia a Gaza. La varcheranno poco meno di 200 fedeli, guidati dal parroco, padre Mario da Silva: «All’inizio erano due le porte sante previste nella diocesi: una a Nazareth e l’altra nella basilica del Getsemani, presso l’Orto degli Ulivi, a Gerusalemme – rivela-. Abbiamo detto al patriarca Fouad Twal che sarebbe stato impossibile, per noi, uscire dalla Striscia per venire a celebrare il Giubileo. Così ha voluto che nella nostra parrocchia fosse aggiunta una terza porta santa». Il Giubileo della misericordia, dice padre Mario è, per i cristiani di Gaza è , «come un bicchiere di acqua fresca per l’assetato». «Dobbiamo restare fedeli, perdonare ed essere misericordiosi. L’odio che si percepisce a Gaza è davvero grande», riconosce senza troppi giri di parole il parroco. «Nel nostro piccolo cerchiamo di spargere semi di perdono e di riconciliazione, innanzitutto fra di noi».

PENISOLA ARABICA – Ma come si celebrerà il Giubileo nei Paesi dove non c’è libertà religiosa e dove i cristiani sono una sparuta minoranza? Nei paesi della penisola arabica non ci saranno porte speciali, solo la porta principale di ogni singola parrocchia, scrive nella sua lettera pastorale monsignor Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia del Nord. I parroci hanno spiegato ai fedeli il significato del Giubileo e hanno deciso di inaugurarlo lo stesso giorno, l’11 dicembre, durante la messa settimanale. Di venerdì.