Gli schiavi che non vogliamo vedere

Gli schiavi che non vogliamo vedere

Aumentano le vittime di tratta del mondo, ma diminuiscono i tassi di individuazione e le condanne. In vista della Giornata mondiale contro la tratta del 30 luglio, l’allarme dell’Onu e quello di Save the Children per quanto riguarda i minori in Italia

Non lasciare indietro nessuno”. È lo slogan della campagna per la Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani 2023 che si celebra il 30 luglio e che viene promossa dall’agenzia Onu contro la droga e il crimine (Unodc) che si occupa di questo vasto e preoccupante fenomeno drammaticamente presente anche in Italia. Un dramma che riguarda circa 40-45 milioni di vittime nel mondo, in gran parte donne (42%) e minori (35%), usati come schiavi principalmente per lo sfruttamento sessuale o lavorativo.

Secondo Unodc, «le crisi globali, i conflitti e l’emergenza climatica stanno aumentando i rischi legati alla tratta. Lo sfollamento e le disuguaglianze socio-economiche stanno colpendo milioni di persone in tutto il mondo, rendendole vulnerabili allo sfruttamento da parte dei trafficanti. Coloro che non hanno uno status legale, vivono in povertà, hanno un accesso limitato all’istruzione, all’assistenza sanitaria o a un lavoro dignitoso, subiscono discriminazioni, violenze o abusi o provengono da comunità emarginate sono spesso i principali obiettivi dei trafficanti».

Non c’è nazione al mondo che non possa dirsi interessata dalla tratta degli esseri umani, come Paese di origine, transito o destinazione dei nuovi schiavi. Purtroppo, però, a livello globale, le risposte dei governi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, sono peggiorate. I tassi di individuazione, fa notare Undc, «sono diminuiti dell’11% nel 2020 e le condanne sono crollate del 27%. La pandemia di Covid-19 ha anche modificato le caratteristiche della tratta, spingendola sempre più nella clandestinità e aumentando potenzialmente i pericoli per le vittime, rendendo meno probabile che il reato venga portato all’attenzione delle autorità. Infatti, il 41% delle vittime che riescono a sfuggire alla loro esperienza si rivolge alle autorità di propria iniziativa – un altro chiaro segno che le risposte anti-tratta sono insufficienti».

Per questo Undc invita governi, forze dell’ordine, servizi pubblici e società civile a migliorare gli sforzi per rafforzare la prevenzione, identificare e sostenere le vittime (migliorando i programmi nazionali per la loro identificazione e protezione), soprattutto in tempi e in situazioni di crisi.

Ma un altro grande tema è quello della consapevolezza del fenomeno a tutti i livelli, in particolare dell’opinione pubblica. Una cosa non scontata un po’ ovunque nel mondo e pure nel nostro Paese. Per creare maggiore conoscenza, la sezione giovani della rete internazionale delle religiose contro la tratta, Talitha Kum, ha organizzato un incontro online venerdì 28 dalle 14.30 alle 16, a cui è possibile partecipare attraverso questo link. «L’obiettivo – dicono gli organizzatori – è far sì che i giovani impegnati contro la tratta di persone si colleghino online da tutto il mondo, incontrandosi e condividendo buone pratiche e idee».

In Italia, invece, Save the Children mette l’accento anche quest’anno su un dramma nel dramma: quello dei bambini e ragazzi vittime di tratta. Che, secondo l’organizzazione, sono ben 1 su 3. È la denuncia contenuta anche nella XIII edizione del rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili” che quest’anno è particolarmente dedicato allo sfruttamento, ma anche alla negazione del diritto alla salute e all’educazione, di bambine, bambini e adolescenti figli di braccianti sfruttati nelle campagna della provincia di Latina e di Ragusa.

«Spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali – stigmatizza Save the Children -. Sono tantissimi e, nonostante alcuni sforzi specifici messi in campo, sono per lo più “invisibili” per le istituzioni di riferimento, non censiti all’anagrafe, ed è quindi difficile anche riuscire ad avere un quadro completo della loro presenza sul territorio. Il rapporto raccoglie testimonianze dirette di chi ha subito o subisce lo sfruttamento, insieme a quelle di rappresentanti delle istituzioni e delle realtà della società civile, dei sindacati, dei pediatri, dei medici di base e degli insegnanti, impegnati in prima linea, che restituiscono un quadro di diffusa privazione dei diritti di base che compromette il presente e il futuro dei bambini e delle bambine che nascono e crescono in queste condizioni».

Per questo, l’organizzazione ha chiesto al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di «integrare il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo». Inoltre, i Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente sono invitati ad «attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base e per rafforzare la capacità del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo, potenziando anche le misure di protezione e di sostegno alle vittime».

Più in generale, sottolinea il rapporto, «la tratta e il grave sfruttamento, che sia lavorativo o di altro tipo, si nutrono dello stato di bisogno degli individui con meno risorse sociali ed economiche, e il rapporto diffuso oggi mira a far comprendere il nesso nocivo tra tratta, grave sfruttamento e infanzia negata».

La tratta in cifre

Nel mondo, le vittime di tratta e sfruttamento sono circa 40-45 milioni. Quelle identificate ufficialmente nel periodo 2017-2020 a livello globale sono 190 mila. Si tratta in gran parte di donne (42%) e minori (35%) principalmente sfruttati a scopo lavorativo o sessuale, in proporzioni praticamente identiche, rispettivamente 38,8% e 38,7%.

Spesso tra le persone più vulnerabili e a rischio ci sono migranti e profughi che non possono contare su canali di accesso legali. Il loro numero è aumentato per effetto di guerre, crisi, cambiamenti climatici, disuguaglianze e violazioni dei diritti umani, che costringono milioni di persone a lasciare le proprie case e a vivere in condizioni di povertà estrema e grande vulnerabilità. A livello geografico, la maggior parte delle persone divenute vittime di tratta a causa dei conflitti provengono dall’Africa Sub-Sahariana (73%) e dal Medio Oriente (11%).

In Italia, le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757, in più di 1 caso su 3 (35%) si è trattato di minori, con una prevalenza di bambine e ragazze (168 casi) rispetto a bambini e ragazzi (96). Le vittime prese in carico dal sistema nazionale anti-tratta nel 2022 sono state 850, il 59% donne e l’1,6%) minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), seguita da Pakistan (8,5%), Marocco (6,8%), Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%), vittime in gran parte di sfruttamento sessuale (38%) e lavorativo (27,3%).