L’incredibile storia di “Nigrita”

L’incredibile storia di “Nigrita”

Dal regno del Congo a Roma, passando per il Brasile, lungo le rotte della tratta degli schiavi. La storia vera di don Antonio Manuel, primo ambasciatore africano in Europa

È una di quelle vicende talmente intriganti che possono essere raccontate solo come un romanzo. Ma quella di Nsaku Ne Vunda, battezzato e consacrato sacerdote con il nome di don Antonio Manuel alla fine del XVI secolo – e rinominato familiarmente “Nigrita” dagli abitanti di Roma – è una storia assolutamente vera. La storia del primo ambasciatore africano giunto presso la santa Sede, dopo quattro anni di viaggi avventurosi e tragici tra Africa, Brasile e infine Europa. E sono veri anche tutti i personaggi – tranne uno – del libro di Wilfried N’Sondé “Un oceano, due mari, tre continenti” (66thA2nd, 2020). Che si legge appunto come un romanzo – appassionante, tragico e, a tratti, poetico -, ma che ci apre anche un orizzonte vasto e drammatico sul fenomeno della tratta degli africani verso le Americhe. Partendo dall’inizio. Ovvero dal ruolo che gli africani stessi hanno avuto nel fare prigionieri e nel vendere ai trafficanti di merce umana altri africani.

Wilfried N’Sondé, non molti africani come lei hanno avuto il coraggio di raccontare una pagina così tragica e ignominiosa della storia dell’Africa. Perché questa scelta?

«Io sono originario del Congo-Brazzaville, ma quand’ero piccolo la mia famiglia è emigrata in Francia. Ho sempre vissuto tra questo Paese e la Germania, e questo mi ha permesso di avere una certa distanza rispetto alla storia del mio continente. È chiaro che l’orribile traffico degli schiavi avesse al vertice uomini di potere, a cominciare dai grandi monarchi dell’Europa di allora, e fosse gestito da mercanti senza scrupoli che si arricchivano sulla pelle di altre persone ridotte a merci. Ma è anche evidente che, in quasi quattro secoli di tratta e schiavitù, gli africani non potevano essere solo mere vittime. Purtroppo, sono stati anche carnefici dei loro stessi fratelli».

Ma perché proprio questa storia?

«Mi ha molto colpito la figura di don Manuel, di cui avevo trovato tracce nelle mie letture e che avevo potuto approfondire anche grazie alle ricerche di mio fratello, che è uno storico specializzato sull’antico regno del Congo. Don Manuel è originario proprio di questa terra che oggi si trova a cavallo tra Angola e Repubblica Democratica del Congo e che all’epoca era governata da un monarca, Alvaro II, che si era convertito al cristianesimo. È proprio lui a inviare a Roma don Manuel su richiesta di Papa Paolo V. L’obiettivo era denunciare al Pontefice l’orribile tratta degli schiavi, di cui però il monarca stesso era in qualche modo complice».

Comincia così un viaggio che, come dice il titolo del suo libro, lo porterà ad attraversare un oceano e a toccare tre continenti…

«Un viaggio lunghissimo, segnato dagli orribili maltrattamenti e umiliazioni che subivano gli schiavi sulla rotta verso il Brasile, ma anche dalle insidie del mare e dei pirati, e quindi dalle pratiche aberranti e oscurantiste dell’Inquisizione spagnola, di cui cade vittima lo stesso don Manuel. E però in tutto questo orrore c’è anche spazio per l’amicizia e la speranza…».

Che sono incarnate dall’unico personaggio fittizio, un giovanissimo mozzo francese, che rivelerà anche una identità inaspettata…

«Infatti, si tratta in realtà di una ragazza… Ma quello che mi interessava era creare un legame tra il sopra della nave, dove vivevano gli ufficiali e l’equipaggio e lo stesso don Manuel per lo speciale statuto che aveva, e il sotto, quello dell’inferno degli schiavi, con tutti i patimenti e gli abusi che subivano. Il giovane mozzo ha la funzione di tenere insieme questi due mondi, ma anche di introdurre un elemento di amicizia e speranza in quella dimensione di disumanizzazione».

Il suo racconto, anche se ambientato tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, sembra in qualche modo anche una metafora di quanto accade oggi. È così?

«Su quella nave c’è un piccolo gruppo di persone che trae vantaggio dallo sfruttamento di altri 350 esseri umani. È quello che succede ancora oggi nel mondo, dove l’1% della popolazione detiene la ricchezza di tutto il resto dell’umanità. Quella nave è un po’ la miniatura non solo della realtà di allora, ma anche della nostra contemporaneità, in cui prevalgono spesso gli interessi di pochi, lo sfruttamento di tutto e tutti, la mercificazione delle persone. La tratta non si è esaurita con l’abolizione della schiavitù, ma continua sotto altre forme, un po’ ovunque nel pianeta. Forse oggi, come ripete sempre Papa Francesco, è tempo di creare un altro tipo di fraternità. Non basata sugli interessi, ma sul rispetto degli altri».

 

IL LIBRO

Dall’Africa al Vaticano

Wilfried N’Sondé
“Un oceano, due mari, tre continenti”
(66thA2nd 2020, pp. 211, euro 16)

Partito da un villaggio dell’allora regno del Congo, don Antonio Manuel attraversa l’Atlantico su una nave negriera. Il mercantile riparte dal Brasile carico delle ricchezze del posto, alla volta di Portogallo e Spagna. Quando finalmente giunge a Roma, dopo quattro anni di viaggi perigliosi, don Manuel è stremato e muore poco dopo aver incontrato il Pontefice. Il Papa è così impressionato che organizza un grande funerale e lo fa seppellire nella basilica di Santa Maria Maggiore, dove ancora oggi è possibile ammirare la sua statua. Mentre un affresco che lo ritrae è visibile nella sala dei Corazzieri al Quirinale. Don Antonio Manuel è considerato l’antesignano degli ambasciatori tra Africa ed Europa.