Nel giardino di Dio

Nel giardino di Dio

Dedito sia alla preghiera che all’arte, il brasiliano Claudio Pastro si è sempre definito un artista sacro per il desiderio di mostrare la bellezza di Dio a discapito dell’elemento umano

Claudio Pastro (1948-2016) è stato il maggiore artista sacro contemporaneo del Brasile. Dopo una laurea in Scienze Sociali e gli studi di teoria e tecnica artistica in Francia, Spagna, Italia e Messico, a partire dal 1975 si è dedicato ininterrottamente all’arte sacra dando vita a una produzione molto vasta e varia: più di 300 opere tra oggetti liturgici, vetrate, illustrazioni, maioliche, serigrafie, pitture murali e luoghi di culto. Il suo nome resta legato in particolare al santuario di Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile, per cui ha realizzato le decorazioni degli interni, che sono un inno alla bellezza e un’espressione di fede.

Per Claudio Pastro lo spazio ha una sua sacralità, è un luogo dello Spirito in cui nulla può essere lasciato al caso. In quest’ottica ha concepito gli interni, immensi, del santuario come un grande giardino in cui il fedele possa riposare, ristorarsi e passeggiare. L’albero della vita decora l’altare sotto la grande cupola e rappresenta la rigogliosa flora e la fauna brasiliane. Gli elementi decorativi alle pareti e sul pavimento sono ricchi di simboli, sia geometrici sia appartenenti alle tradizioni giudaico-cristiana, indigena e nera: il simbolo costituisce uno strumento di espressione eccezionale, già usato dai cristiani dei primi secoli, in grado di parlare a tutti gli uomini e di rendere lo spazio sacro universale e slegato da un particolare momento culturale. Anche la scelta dei materiali non risponde solo ad esigenze pratiche o estetiche ma ha un forte valore simbolico: il mattone è termico, è acustico ma è anche di argilla, come di argilla è l’essere umano.

Celibe, vicino alla spiritualità benedettina, totalmente dedicato alla preghiera e al lavoro artistico, Pastro si è sempre definito un artista sacro, non solo religioso: nelle sue opere il talento, l’aspetto più propriamente umano, è sempre stato secondario e a servizio del contenuto di fede. L’arte e l’artista sono solo degli strumenti che mostrano la bellezza di Dio e offrono uno sguardo profondamente credente sull’uomo e sull’esistere. «Tutti noi siamo lo stesso essere umano che parla la stessa lingua, che beve alla stessa fonte, che discende dalla grande Bellezza».