Le sfide aperte della Chiesa in Thailandia

SALE DELLA TERRA
A due anni e mezzo dalla visita di Papa Francesco resta l’esigenza di rilanciare la presenza e la missione evangelizzatrice

A distanza di due anni e mezzo dalla visita di Papa Francesco, la Chiesa thailandese non è ancora riuscita a sfruttare del tutto la forza e l’entusiasmo scaturiti da tale evento per rilanciare la propria presenza e la propria missione evangelizzatrice. Proponiamo qui una riflessione su due direttrici (pur sapendo che ce ne sarebbero molte altre): il mondo thailandese, attraverso l’opera delle scuole private, e quello delle minoranze etniche.

La Chiesa cattolica nelle grandi città ha fatto la scelta di inserirsi nella società buddhista tramite le scuole private. La strategia è sempre stata quella di promuovere i valori cristiani e preparare così un terreno fecondo per l’evangelizzazione. L’aspetto critico di questa scelta riguarda l’effettivo impatto educativo e la reale possibilità di discostarsi dal metodo didattico e dai relativi valori imposti dal sistema locale: in altre parole, se la scuola deve essere il luogo dove la Chiesa presenta il cristianesimo, allora il metodo educativo deve essere chiaramente orientato, mentre il personale religioso inserito in quest’ambito dovrebbe volgere lo sguardo più sull’annuncio del Vangelo che sulle questioni puramente gestionali. Cito un aneddoto relativo a una scuola parrocchiale gestita dalle suore.

A distanza di alcuni anni da quando ci eravamo conosciuti, un’insegnante buddhista mi ha telefonato per salutarmi; durante la telefonata, alla mia domanda circa i suoi impegni didattici, lei mi ha risposto che stava insegnando anche catechismo agli studenti cattolici… Il paradosso è che, delle tre suore impegnate nell’istituto, una era la direttrice, una seguiva l’aspetto amministrativo e l’ultima era impegnata nella gestione della cucina! Sul fronte dell’impegno con le minoranze etniche nel Nord del Paese, la diocesi karen di Chiang Mai e quella akha di Chiang Rai in un futuro prossimo dovranno affrontare una duplice sfida: da una parte aprirsi al carattere universale della Chiesa cattolica (che è più ampia dei confini geografici e culturali della propria tribù), dall’altra convincere la Chiesa locale dell’importanza di ascoltare le culture tribali affinché l’evangelizzazione penetri fino al cuore di queste minoranze.

Quando si è iniziato il lavoro di traduzione della Bibbia in lingua akha, da parte di alcuni sacerdoti thailandesi si è fatto strada questo commento: «A che serve? Tanto tra qualche anno tutti sapranno parlare il thailandese!». Nonostante la complessità delle partite aperte, siamo convinti che lo Spirito Santo soffi continuamente e sia in grado di suscitare nella sua Chiesa le risposte adeguate ai tempi e alle situazioni. L’invito che la Chiesa in Thailandia deve far suo a partire anche dalla visita di Papa Francesco, a ben 35 anni da quella storica di Giovanni Paolo II, è accettare le sfide con coraggio, dedizione e fede nell’azione dello Spirito, con la certezza che ci guiderà in ogni tempo e in ogni situazione.

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