Clima, le ong: “Che l’accordo non sia di facciata”

Clima, le ong: “Che l’accordo non sia di facciata”

«Differenziazione, finanziamenti, ambizione». Sono le tre parole chiave per capire cosa c’è in gioco al Summit di Parigi sul cambiamento climatico. L’accordo intanto slitta a domani. Ecco i commenti delle organizzazioni non governative che hanno seguito tutto il processo di Cop 21.

«Gli ingredienti per un buon risultato della COP21 di Parigi ci sono ancora tutti ma occorrerà lavorare giorno e notte per scongiurare il rischio di un accordo di facciata». A parlare è Mariagrazia Midulla responsabile Clima & Energia del Wwf Italia, che a Parigi sta seguendo i negoziati sul clima insieme al team del Wwf Internazionale.

No a un accordo di facciata, ovvero senza impegni vincolanti per i governi. È la richiesta che accomuna le grandi organizzazioni non governative e i gruppi della società civile che dal 29 novembre a Parigi stanno seguendo ogni giorno gli sviluppi della COP21, la Conferenza sui cambiamenti climatici che vede attorno al tavolo delle trattative i governi di tutto il mondo, oltre 190 nazioni.

A Parigi intanto si va avanti oltre tempo massimo. L’accordo finale, che doveva essere presentato oggi, slitta a domani. L’obiettivo è quello di mantenere al di sotto di 2°C il riscaldamento globale riducendo l’emissione di gas serra come raccomandato dalla comunità scientifica internazionale. Manca però una soluzione definitiva su tre nodi critici: la differenziazione, i finanziamenti e l’ambizione.

La differenziazione è  il riconoscimento del fatto che gli sforzi richiesti a ciascun gruppo di Paesi per contrastare inquinamento e cambiamenti climatici non debbano essere gli stessi. Il paradigma fissato negli anni Novanta, quando è stata prodotta la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, deve essere rivisto, per il semplice fatto che le condizioni economiche e sociali di alcuni Paesi, come la Cina e l’India, sono drasticamente cambiate. Non c’è però intesa su quanto marcata debba essere questa revisione e cosa debba comportare. Alcuni Paesi avanzati vorrebbero vedere India e Cina fare di più sulla riduzione delle emissioni, e magari anche entrare nel gruppo dei fornitori di fondi per il finanziamento climatico.

Per quanto riguarda i finanziamenti il vero nodo è quello del cosiddetto sistema di loss and damages, ovvero il meccanismo di aiuto ai Paesi più vulnerabili per affrontare i cambiamenti «permanenti e irreversibili» che «vanno al di là di quello a cui ci si possa adattare», e la questione delle popolazioni costrette a fuggire dalle aree più colpite. Anche qui non c’è ancora accordo sui fondi e sui meccanismi di finanziamento per aiutare i Paesi più poveri a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Restano infine aperte le opzioni sulla soglia da fissare per il riscaldamento globale rispetto all’età pre-industriale. Secondo il Wwf «è bene mettere nel testo come orizzonte il limite più sicuro, quello di 1,5 gradi centigradi, ma poi vanno dettate le tappe necessarie per perseguirlo. Senza revisione, si rischia di superare i 3 gradi di aumento medio della temperatura globale».

Secondo Legambiente l’accordo di Parigi sul clima «deve avere al centro l’obiettivo globale di eliminare le emissioni da fonti fossili e raggiungere il 100% di rinnovabili entro il 2050. Solo così sarà possibile contenere l’aumento della temperatura ben al di sotto della soglia critica dei 2 gradi centigradi» afferma il responsabile Politiche europee e clima di Legambiente, Mauro Albrizio.

A Parigi si stanno facendo sentire anche attivisti e associazioni, riuniti nello spazio espositivo 104 – Centquatre in una sorta di conferenza parallela organizzata dalla Colition Climat 21, a sua volta formata da più di 130 organizzazioni della società civile. «Al suo interno collaborano sinadacati, associazioni della solidarietà internazionale, organizzazioni religiose e ONG in difesa dei diritti umanitari e ambientali oltre a diversi movimenti sociali – racconta da Parigi Daniele Saguto, dell’ Agenzia di Stampa Giovanile, un progetto di informazione nato a Trento».

«La ZAC ha anche un’importante ruolo per l’informazione sul Summit. Tanti sono infatti i giornalisti e i media indipendenti che hanno deciso di utilizzare il Media Center allestito all’interno dello spazio 104 come luogo da cui creare, scambiare e diffondere informazione» continua Saguto.

E’ stata inoltre creata una radio popolare nata dalla collaborazione editoriale di differenti emittenti indipendenti della Rete di Radio Campus France:Good Cop Bad Cop.

Ogni sera la giornata si conclude con un’assemblea generale all’interno della quale, oltre a tirare le somme della giornata e a programmare le azioni del giorno successivo, vengono commentati e discussi gli ultimi aggiornamenti sulle negoziazioni che si sono tenute alla COP.

 

Per saperne di più

La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è un trattato ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), informalmente conosciuta come Summit della Terra, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. Il trattato punta alla riduzione delle emissioni dei gas serra, sulla base dell’ipotesi di riscaldamento globale. Avendo ricevuto le ratifiche di più di 50 Paesi, il trattato entrò in vigore il 21 marzo 1994. Da quel momento, le parti si sono incontrate annualmente nella “Conferenza delle Parti (COP)” per analizzare i progressi nell’affrontare il cambiamento climatico, iniziando da metà degli anni 1990, per negoziare il Protocollo di Kyōto per stabilire azioni legalmente vincolanti per i Paesi sviluppati per ridurre le loro emissioni di gas serra. Quella in corso a Parigi è la COP numero 21.