Gorizia e la Costa d’Avorio, 50 anni di doni reciproci

Gorizia e la Costa d’Avorio, 50 anni di doni reciproci

Ricordato l’anniversario della partenza nel 1973 del primo gruppo di missionari per l’arcidiocesi di Bouaké. Una storia che si è intrecciata a quella del Pime nel Paese e che continua oggi con l’ospitalità in Italia ad alcuni sacerdoti ivoriani in formazione

Nel mese di gennaio l’arcidiocesi di Gorizia ha celebrato un anniversario importante che si intreccia con la storia del Pime: l’8 gennaio 1973, infatti, la prima équipe missionaria promossa da questa Chiesa locale italiana raggiungeva la missione di Kossou, nell’arcidiocesi di Bouaké in Costa d’Avorio. Il gruppo era formato da tre suore della Provvidenza, dal missionario del Pime padre Gennaro Cardarelli, da due sacerdoti diocesani e da tre laici. La presenza in questo gruppo di padre Cardarelli – missionario del Pime originario di Napoli scomparso nel 1997 – rappresentò l’inizio anche di quella che sarebbe poi diventata la missione del Pime in Costa d’Avorio, e proprio il ricorrere di questi cinquant’anni è l’occasione che ha spinto la Fondazione Pime a promuovere in questo anno 2023 la campagna «Non di solo pane», dedicata appunto a Camerun, Ciad e Costa d’Avorio.
La Chiesa di Gorizia ha voluto sottolineare il suo anniversario con una speciale celebrazione presieduta dal vescovo Carlo Redaelli nella cattedrale l’8 gennaio, nel giorno della festa del Battesimo di Gesù. Un momento che – insieme ad alcuni missionari del Pime – ha visto anche la presenza significativa del vicario generale della diocesi di Bouaké, padre Alain Paul Yao, a testimonianza dei tanti frutti portati da quest’esperienza. «Furono l’arcivescovo Pietro Cocolin, la superiora generale delle Suore della Provvidenza, suor Spes Alma Rigotti, e il superiore generale del Pime monsignor Aristide Pirovano, nel 1973, a volere questa presenza comune – ricorda monsignor Giuseppe Baldas, che fin dall’inizio fu il motore di questa esperienza -. Arrivati a Kossou i missionari trovavano ad attenderli la bella chiesa realizzata dalla Impregilo che in quegli anni stava costruendo una diga nella zona. La prima pietra era stata benedetta dall’arcivescovo Cocolin stesso nel 1970, in un viaggio in cui aveva inaugurato anche il villaggio lebbrosario di Manikro. La stessa collaborazione tra l’arcidiocesi di Gorizia, le Suore della Provvidenza e il Pime si sarebbe ripetuta poi con una nuova équipe che si installò a Nimbo, nella periferia di Bouaké, nel dicembre 1975».

Quegli inizi – ma anche tutto quanto accaduto dopo – alla celebrazione tenuta a Gorizia sono stati raccontati da padre Yao: «La preoccupazione dei missionari e delle tante persone che li hanno sostenuti dall’Europa era che le persone potessero conoscere Gesù – ha spiegato il sacerdote della diocesi di Bouaké -. Tanti lo hanno realmente conosciuto e seguito: così sono state fondate nuove parrocchie e la Chiesa e il Regno di Dio si sono sviluppati. Sono nate vocazioni al matrimonio, alla vita religiosa e sacerdotale: io stesso ho conosciuto padre Gennaro Cardarelli; mi ha battezzato padre Giovanni De Franceschi, anche lui del Pime. Sono cresciuto nella parrocchia di Nimbo, con don Michele Stevanato e don Paolo Zuttion e sono il primo sacerdote di questa parrocchia. Siamo i vostri figli, i vostri nipoti: se possiamo aiutarvi, siamo pronti a farlo».

Oggi i sacerdoti fidei donum di Gorizia non sono più in Costa d’Avorio, ma il legame con questa Chiesa africana è proseguito ugualmente in altre forme, tra cui l’accompagnamento nella formazione di alcuni preti locali che sono ospitati per alcuni anni in Friuli Venezia Giulia per lo studio e per l’attività pastorale. «La situazione è profondamente cambiata – spiega don Giulio Boldrin, direttore del Centro missionario di Gorizia – ma nella Chiesa non può venire meno lo slancio missionario. I semi piantati allora oggi hanno il volto di tre sacerdoti ivoriani (don Joseph, don Nicaise e don David) che abbiamo imparato ad apprezzare e che stanno frequentando un ciclo di formazione superiore per “irrobustire” la Chiesa dalla quale provengono.
Ma sono visibili anche negli interventi a sostegno del centro per minori Notre Dame des Sources di Bouaké dove opera Claudia Pontel e nella cooperazione che continua anche attraverso le visite dell’arcivescovo di Bouaké, monsignor Paul-Siméon Ahouanan. Va avanti soprattutto l’impegno di tanti che nelle parrocchie si adoperano a sensibilizzare le persone per sostenere questi nostri fratelli africani».
«Stiamo vivendo una forma molto bella di ritorno dell’attività missionaria – ha detto l’arcivescovo Redaelli nella celebrazione in occasione dei 50 anni – ed è quella del rapporto tra Chiese sorelle tutte impegnate, sia pure in diversi luoghi del mondo, ad annunciare e vivere il Vangelo. Un cammino di conoscenza e di scambio di esperienze con un arricchimento reciproco. Per la nostra Chiesa penso, per esempio, al tema dell’iniziazione cristiana degli adulti dove le Chiese di più recente formazione hanno maggior esperienza di noi, o anche quello dell’articolazione in comunità locali, molto vivaci e affidate alle ministerialità laicali. Ringraziando quindi il Signore per l’impegno di questi decenni, chiediamo a Lui di essere sempre più suoi testimoni, in comunione con tante Chiese sorelle e nella condivisione della grande gioia del Vangelo».