Sud Sudan. Firmata la pace, continuano gli orrori

Un rapporto dell’Unione Africana denuncia atrocità e crimini orribili. Ma volontari e missionari italiani restano. Le testimonianze del Cuamm e di padre Daniele Moschetti
Uccisioni sommarie, stupri, torture, mutilazioni e, addirittura, atti di cannibalismo. È una galleria degli orrori quella “dipinta” dal rapporto della commissione dell’Unione Africana incaricata di indagare i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati in Sud Sudan da quando è scoppiato il conflitto civile nel dicembre del 2013. E chi è sul posto conferma che la situazione è davvero drammatica, a dispetto dell’accordo di pace firmato lo scorso 26 agosto. Ormai a essere interessati da scontri e violenze non sono solo negli Stati petroliferi di Upper Nile, Jongley e Unity, ma anche il Western Equatoria, al confine con Uganda, repubblica democratica del Congo e Centrafrica. E proprio da qui arrivano gli ultimi accorati appelli sia dei leader religiosi locali che dell’ong italiana Medici con l’Africa-Cuamm. «Sospendete immediatamente le operazioni militari – scrive mons. Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio, a nome di una delegazione del Consiglio interreligioso per la pace dello Stato di Western Equatoria che ha effettuato una visita nella regione del Greater Mundri, dal 29 ottobre al 2 novembre – in modo da permettere l’assistenza in piena regola da parte delle organizzazioni umanitarie agli sfollati e alle famiglie che vivono nei villaggi». In particolare, si teme per la vita di circa 80 mila sfollati, che da mesi sopravvivono a stento nelle boscaglie e nelle giungle di questa regione. Qui si sono intensificati gli scontri tra dinka e azande che hanno già provocato moltissimi morti; intanto, anche i gruppi di autodifesa (i cosiddetti arrow boys), che originariamente usavano armi tradizionali, si sono organizzati in vere e proprie milizie.
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