Mujica: «Serve una rivoluzione della felicità»

Mujica: «Serve una rivoluzione della felicità»

L’ex presidente dell’Uruguay, intervenuto al Pime di Milano per un evento organizzato dalla Cisl, ha parlato dei temi caldi dell’attualità, dalle migrazioni al futuro del Pianeta. La vera ricchezza? “È il tempo”

«L’uomo è un animale dalla poca memoria: troppo spesso ci dimentichiamo che tutti siamo discendenti di antenati africani. Gli italiani, poi, non si ricordano che anche loro sono stati un popolo di emigranti: dei milioni che partirono da qui per cercare una nuova vita nelle Americhe c’era anche mia nonna, che veniva da un paesino ligure». È partito da un dettaglio personale il discorso di Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, in occasione dell’evento organizzato dalla Fim Cisl all’auditorium del Pime di Milano.

All’incontro, dall’eloquente titolo “La felicità al potere”, il carismatico politico – noto per essere stato “il presidente più povero del mondo” vista la sua scelta di rinunciare a tutti i privilegi del suo ruolo – ha toccato alcuni dei temi più caldi dell’attualità, a cominciare appunto dalla questione migratoria. «Noi latinoamericani siamo esperti dell’argomento – ha affermato Mujica – visto che nell’ultimo secolo e mezzo abbiamo accolto moltissime persone che sono state integrate positivamente nel tessuto sociale e hanno dato un’impronta alla nostra cultura». Ora, invece, l’Europa «non è più povera eppure sta invecchiando, non fa più figli e non sa intravvedere il proprio futuro. È importante che la sua gioventù impari a pensare, soprattutto a qual è il mondo che vorrà domani».

Le prospettive della società umana e dello stesso pianeta sono tra le questioni che più stanno a cuore a Pepe Mujica, che in gioventù era stato un guerrigliero tupamaro e aveva trascorso quindici anni in carcere, uscendone con la convinzione che l’odio e la vendetta non portano a nulla. «Il nostro sistema oggi si basa sulla crescita infinita, ma la Terra ha un limite e dobbiamo farci i conti. La soluzione è la sobrietà, come chiave di una rivoluzione culturale da portare avanti per le nuove generazioni», ha detto l’ex presidente, che proprio in queste settimane si è dimesso dal ruolo di senatore rifiutando la pensione. «Il problema non è la mancanza di risorse ma la cultura dello spreco. Dobbiamo renderci conto che non comperiamo con il denaro, ma con il tempo che abbiamo utilizzato per guadagnare quei soldi. E la felicità non è poter possedere sempre più beni, ma avere il tempo per fare quello che ci piace, per coltivare le relazioni umane, per stare con i nostri figli e con gli amici. Tutti, a questo mondo, abbiamo il diritto di essere felici».

La lotta, oggi, per l’ex guerrigliero, va portata anti «nella nostra testa, coltivando la libertà di pensiero e l’indipendenza di scegliere». Sul fronte della politica, il dilagare dei populismi inquieta, ma bisogna avere il coraggio di impegnarsi «affinché la democrazia, che non è mai acquisita una volta per tutte, vada avanti e migliori sempre più. Siamo in un’epoca di passaggio ed è necessario trovare nuove formule adatte al presente, ricordando che non sarà la rivoluzione tecnologica in sé a salvarci, ma quella culturale, sempre orientata al progresso sociale, che non ha come obiettivo il potere ma la felicità».